Tina e Maria*
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 03/01/2012
Passo Corese, provincia di Rieti, anno 1940, Tina una ragazza di diciannove anni, all’uscita dalla Messa domenicale cade rovinosamente dopo aver messo un piede in fallo sul ciglio del marciapiede. La situazione è subito critica. Viene soccorsa e portata all’ospedale dove rilevano una rottura del ginocchio in più punti.
Anche la mamma di Tina era ricoverata con una malattia misteriosa e non ci voleva proprio questa caduta. Un dottorino di provincia di fine anni ’40 fa la cosa più sbagliata, ingessa la gamba, e comincia un calvario che, nei diciannove anni successivi, vedrà Tina bloccata in una stanza d’ospedale tra interventi riusciti e ingessature, interventi non riusciti e ancora ingessature, tubercolosi ossea e ancora ingessature.
L’ospedale diventa la sua seconda casa, la sua prigione che non le permetterà nemmeno di dare l’ultimo saluto a sua madre che morirà senza rivedere l’amata Tina. I fratelli, i cugini, gli zii le fanno visita ogni tanto, ma la degenza diventa troppo lunga anche per i parenti più accorti; ognuno ha la sua vita, e col passar dei mesi, degli anni, Tina viene dimenticata. L’unico sollievo le viene guardando la finestra, che vede come unica via d’uscita non appena sarà in grado di fare qualche metro da sola, ma gli infermieri non le permetteranno mai di realizzare il suo proposito.
Fara Sabina, provincia di Rieti. Maria, neonata, cade dalle braccia della mamma. Le gambe e le anche della bimba si danneggiano in maniera irreversibile e Maria diventa disabile. Riuscirà a camminare in maniera precaria e scomposta solo a tre anni. A cinque, nonostante avesse le anche slogate e camminasse aiutandosi con le braccia, doveva prendersi cura del fratello e della sorella più piccoli mentre sua madre andava a lavorare nei campi della sabina.
Maria è una bambina intelligente, vorrebbe studiare, è bravissima in tutte le materie, ma serve a casa, e il lavoro pesante peggiora la sua situazione fino a quando, all’età di 15 anni deve essere ricoverata. Comincia il Calvario medico di Maria che per sei anni vedrà interventi, ingessature, interventi, tubercolosi ossea, ancora interventi e ancora ingessature.
Ospedale di Rieti. Maria si annoia e, potendo camminare con l’aiuto di un deambulatore, comincia ad andare in giro per chiacchierare con gli altri malati, con gli infermieri degli altri reparti e col cappellano don Giulio. I colloqui col sacerdote le fanno scoprire la preghiera, quel filo diretto col Sollievo, che nessuno le aveva mai insegnato in quel modo.
Girando per le stanze conosce Tina, un concentrato di rabbia che alcuni infermieri evitavano con cura e neanche la suora più paziente riusciva a trattare. Maria comincia a salutarla, poi il saluto diventa una chiacchiera ogni tanto. Tina – era una richiesta accorata d’aiuto – comincia a trattare male anche Maria, ma questa non si ferma alle rispostacce al vetriolo, continua ad esserle amica, e Tina, senza accorgersene, comincia a guardare meno quella finestra che vedeva come unica via d’uscita.
Nei mesi a seguire l’adolescente di Fara Sabina e la trentatreenne di Passo Corese diventano amiche, quasi sorelle, e don Giulio pian piano si conquista anche la fiducia di Tina, e lei, sperimentando la potenza della preghiera, comincia a sperare in un futuro migliore.
Intanto la medicina fa progressi, ma non riesce a riparare ai danni che la malasanità degli anni della guerra e dopoguerra hanno provocato nelle due donne. In ogni caso, vengono rimesse in piedi. Tina senza più un ginocchio e con una gamba completamente rigida, provata e indebolita soprattutto nel fisico da diciannove anni a letto, e Maria che nonostante zoppicasse in maniera incerta da entrambi i lati, non perderà mai la voglia di vivere e di fare.
In queste condizioni, senza nessuno al mondo, vengono dimesse. Che fare? Dove andare a vivere? Oramai erano come due sorelle, nella sventura e nell’incontro con Dio che aveva alleviato le loro sofferenze. Che fare se non cercare di trovare insieme una soluzione? Tina aveva una pensione di invalidità, Maria dovrà aspettare la burocrazia italiana per averne una ma poteva e voleva lavorare, e così riescono ad avere una stanzetta di una pensioncina in via Alessandria ed un piccolo salario, in cambio del lavoro di Maria e del servizio di baby sitter che Tina offriva ai figli dei proprietari.
Nel frattempo avviene un incontro. Un’amica le invita a partecipare alla preghiera di un gruppo carismatico, il gruppo Esperanza che si riunisce dietro l’Università Lateranense a piazza della Pilotta. Lì avviene, per entrambe, l’esplosione della gioia. Per la prima volta scoprono che non solo era possibile parlare a Dio, ma che Dio parlava ancora, che Dio parlava loro qui ed ora. Scoprono che i carismi straordinari di cui parlava San Paolo, non erano un mero racconto storico ma che potevano realmente manifestarsi e trasformare la vita delle persone.
E così, giorno dopo giorno, l’ombrosa Tina diventa simpatica, scopre l’ironia, e le sue battute al vetriolo si trasformano in una santa comicità diventando lo strumento attraverso cui, nonostante la sua condizione, trasmette gioia, allegria e speranza alle persone depresse che arrivano al gruppo. Maria diventa attenta, sensibile, la sua attitudine al servizio e all’ascolto la rende amica, sorella, mamma di tante persone del gruppo, compreso il sottoscritto. La sua intelligenza viva, nonostante non l’avessero fatta studiare come voleva, le fa scoprire i libri di spiritualità, che divora avidamente, e così, alla luce di Montfort, di Santa Teresina di Gesù Bambino, dei Padri del deserto e sotto l’attenta guida di Padre Ivan Dias (ora Cardinale), insieme a Tina diventa uno dei pilastri del gruppo. E in questo cammino con Dio si riconciliano anche coi familiari, che scoprono così di avere due nuove sorelle, nuove e rinnovate in ogni senso.
Nel frattempo le due signore disabili nel fisico ma contagiose nella gioia, frizzanti e piene di vita, riescono ad ottenere una casa nel difficile quartiere di Tor Bella Monaca. La loro graziosa casetta, giorno dopo giorno diventerà un via vai di gente alla ricerca di Dio. Tina e Maria, in obbedienza a Mons Dias e con la guida di sapienti fratelli del gruppo di preghiera si consacreranno a Maria, e in casa accoglieranno gruppi mariani di bambini, gruppi di preghiera oltre a quelli frequentati, e sempre più amici e fratelli andranno a visitare questi due miracoli della gioia che parlando e pregando insieme a loro si renderanno strumenti docili per trasmettere amore, pace, gioia, amicizia, e alcune volte anche guarigione.
Roma, anno 2012.
Tina ha 91 anni, ogni tanto inciampa nelle parole difficili della Liturgia delle Ore, le devono portare la comunione a casa, non esce più, ma continua a intercedere gioiosamente per tutte quelle persone di cui non ricorda neanche il nome.
Maria che continua a servirla con amore di figlia anche quando Tina non la riconosce, ha fatto altri interventi, per affrontare la vecchiaia senza l’aiuto di una sedia a rotelle. Anche lei esce poco, ma prega e, tramite il telefono continua a sollevare gli animi degli amici di sempre, come me.
Grazie Signore per avermi donato queste due splendide sorelle!
(*I nomi e le località sono stati modificati su richiesta delle mie due care amiche, “Tina” e “Maria”)
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