Lavorare a Kalighat è stata un’esperienza che ha cambiato la mia vita
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 17/04/2012
Testimonianza di Marissa Turner, Volontaria
Una delle suore mi aveva detto che in genere i volontari piangono due volte – il primo giorno di lavoro e l’ultimo. Questa affermazione era vera anche per me. Le prime lacrime furono di shock e incredulità, paura, dolore e impotenza. Le ultime furono di ringraziamento, bellezza, amicizia, distacco e amore. Lavorare a Kalighat è stata un’esperienza che ha cambiato la mia vita, e mi sento benedetta per aver speso tre mesi lavorando lì.
Lavoravo nel turno di mattina a Kalighat, che significava che c’erano un sacco di lavori domestici da fare. Panni e piatti da lavare, bagni da pulire, i pasti, le medicine – tutte queste cose dovevano essere fatte ogni giorno. In ognuna di queste cose c’era un gran senso di pace, semplicità e grazia; indipendentemente da quanto lavoro ci fosse da fare, tutte queste cose venivano regolarmente svolte. Le altre volontarie e le suore irradiavano gioia e amore in tutto quello che facevano, e prego sempre di riuscire a fare lo stesso. Il momento più speciale della giornata è quello in cui incontravamo gli altri pazienti. Che fosse un sorriso, un massaggio, o semplicemente sedersi vicino a loro, si veniva a formare un legame che trascendeva la lingua e la cultura. Un grande onore, probabilmente il più grande della mia vita è stato quello di assistere una donna durante il passaggio da questa vita. Provare a darle ogni conforto possibile e stare lì semplicemente perché non morisse da sola… non posso pensare a un onore più grande!
Insieme a tante benedizioni, a Kalighat ci sono state tante sfide. Testimoniare il dolore e la solitudine che sperimentano così tante donne giorno dopo giorno, non è stato affatto facile. Il mio cuore si spezzava ogniqualvolta un paziente cominciava a piangere o quando urlava nel suo corpo distrutto dal dolore. Non è facile avere a che fare con cose come queste quando capitano, ma queste esperienze sono parte della vita. Un’altra sfida è non essere capace di fare cose che vorresti fare per fermare la sofferenza. Se solo avessi avuto quella medicina o più tecnologia o più conoscenza di quella malattia o se solo avessi saputo la loro lingua o come fermare le ingiustizie perpetrate nei confronti delle donne, ma tutti noi abbiamo un legame eterno: siamo umani. Per cui facciamo del nostro meglio per servire la persona umana che è dentro ciascuno di noi!
Kalighat, soprattutto le sue donne, hanno cambiato la mia vita per sempre! Ho imparato che la vita è estremamente fragile e non deve essere data per scontata; sono stata umiliata molte volte, ho visto grandi atti d’amore anche nel bel mezzo di estremi dolori e sofferenze. Ho realizzato che la povertà è un problema complesso e ho vissuto la vita al momento. So di aver ricevuto da Calcutta e Kalighat molto più di quanto abbia dato. Conserveranno entrambe un posto speciale nel mio cuore. (Fonte: http://www.motherteresa.org/layout.html traduzione personale)
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