“Curo gratis i denti a Gesù”
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 21/09/2013
I palestinesi sono un popolo umiliato da un muro che li isola dal resto del mondo. Dentro il recinto, ci sono povertà e umiliazione.
E’ qui che Mauro Giacomi (…) e altri undici volontari dentisti italiani, da anni rinunciano alle ferie, sfruttando tale periodo per andare a lavorare alla “dental clinic” della Crèche a Betlemme senza nessun rimborso economico, sia per il viaggio, sia per i materiali.
Come si auto presenterebbe?
Sono un medico odontoiatra laureato alla Sapienza di Roma nel 1982, cresciuto nell’aspirantato di don Bosco. (…) Da ventisette anni sono sposato con Maria Rita Paris e ho due figli, Walter di 26 anni sposato con Alessia e Gianluigi Francesco di 22 anni. (…) Lavoro come medico di base in medicina di gruppo e per lo più svolgo la libera professione a Fiuggi, sono molto impegnato in attività di volontariato insieme a tutta la mia famiglia, soprattutto nell’Unitalsi e nel progetto Betlemme.
Quando è iniziata la sua esperienza?
La mia esperienza è iniziata nel 2006, precisamente l’11 Febbraio, nella ricorrenza della Madonna di Lourdes, in Piazza San Pietro a Roma, dove quell’anno, come al solito, accompagnammo i nostri amici disabili dal Papa e in quell’occasione fu la prima volta che fummo ricevuti da Papa Benedetto XVI e io ricevetti l’incarico della guida dell’allora presidente nazionale dell’Unitalsi, il Dott. Antonio Diella.
Che cosa spinge un odontoiatra a lavorare a Betlemme, dove nessuno può permettersi di pagare?
E’ la carità cristiana che mi spinge a prestare la mia opera gratuita ai poveri di Betlemme, secondo gli insegnamenti ricevuti dai nostri cari educatori salesiani nel momento della mia formazione mentale e spirituale.
Quanti pazienti riesce a curare all’anno?
Nella struttura “dental clinic” della Crèche di Betlemme di cui sono proprietarie le Figlie della Carità di San Vincenzo de? Paoli, si riescono a curare circa 1700 pazienti all’anno, di tutte le età, dai trattamenti semplici a quelli più complessi, compresi i trattamenti chirurgici. Sono soprattutto bambini musulmani.
E’ un complesso grande?
Lo studio dentistico, dotato di tutte le attrezzature che non hanno nulla da invidiare ai nostri studi odontoiatrici, sorge in un contesto polifunzionale, dotato di un orfanotrofio da zero a sei anni, dove attualmente i bambini ospitati sono circa 55.
I bambini della Crèche, non sono solo poveri ma non hanno mai conosciuto né la mamma né il papà. Per questi bambini ogni uomo o donna che li frequenta sono un papà e una mamma.
Qui trovano assistenza e amore da personale specializzato, hanno una scuola frequentata anche da esterni, sempre poveri, un centro sociale dove i poveri si rivolgono per avere assistenza: alimenti, vestiario, medicinali, e una casa del Pellegrino, i cui utili vengono versati per il mantenimento dei bambini poveri. Un ospedale di ostetricia, ginecologia e neonatologia, in cui vengono effettuati circa 300 parti al mese. E’ l’unico ospedale del genere in Palestina dove tutto è gratuito.
Come sono i piccoli palestinesi?
I piccoli palestinesi sono dei piccoli Gesù. Vi racconto un episodio molto bello. Tre anni fa, l’ultimo giorno di lavoro del mio periodo di volontariato, erano circa le 10 e alle 17 avevo il volo da Tel Aviv per Roma.
Vennero in studio due bambini, di religione musulmana, accompagnati dalla madre. Il più grande piangeva disperatamente per il mal di denti. Con tanta pazienza e amore, tra le grida del piccolo, cerco di aprire il molaretto da latte affetto da pulpite, dopo un po’ riesco ad aprire il dente e a far uscire il pus.
Il bambino improvvisamente smette di piangere. Il fratellino più piccolo, circa quattro anni, viene velocemente verso di me. “Ahimé – ho pensato – adesso mi dà un calcione!”. Invece si siede e mi fa cenno di vedergli la bocca. E’ stato molto bravo, tanto che gli ho potuto curare due dentini.
Appena ho terminato, scende velocemente dalla poltrona, va verso la mamma e il fratello più grande, li abbraccia forte forte, poi ritorna verso di me, mi salta addosso, mi bacia sulle guance ed esce dallo studio insieme alla mamma e al fratello.
Dopo circa mezz’ora, torna con una corona del Rosario e mi dice “shukran” (grazie)!
[Autore: Pat Elavache. Fonte: Il Bollettino Salesiano, Giugno 2013]
«Noi non siamo la somma delle nostre debolezze e dei nostri fallimenti; al contrario, siamo la somma dell’amore del Padre per noi e della nostra reale capacità di divenire l’immagine del Figlio suo» « FERMENTI CATTOLICI VIVI said
[…] stiamo lasciando una porta aperta alla tentazione. Le possibili buone scelte sono infinite: volontariato, hobby, visita a bisognosi ecc. Quando la sera la tua testa arriva al cuscino, è bene che siate realmente stanchi, se non avete […]