«Tu hai fatto del tuo meglio, e io lo so!»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 06/07/2018
Il mondo là fuori sta diventando sempre più cinico. La televisione, da Master Chef a Pechino Express, da X-Factor ai teneri cantanti di Ti lascio una canzone, non riesce a proporre altro che sfida, competizione, ti-elimino-costi-quel-che-costi fino al raggiungimento dell’obbiettivo, essere il migliore.
Il migliore. E cosa succede se non ci si riesce? Cosa succede quando non siamo i migliori, i più bravi (chi lo stabilisce poi chi è il più bravo?), i primi?
Quante sono le giornate in cui non ne azzecchiamo una? Non mi dite che non ne avete perché non ci credo. Nel migliore dei casi riusciamo a rientrare con fatica nella normalità, ma quante volte siamo dei “Paperino”, dei pastrocchi, lenti, ultimi, dei perdenti, i peggiori? La maggior parte delle volte siamo ben lontani dall’essere quel “migliore” che i reality impongono soprattutto ai nostri ragazzi…
C’è una risposta?
L’altro giorno stavo guardando un episodio de “La casa nella prateria”, una serie degli anni ottanta liberamente tratta dai libri di Laura Ingalls Wilder, scrittrice americana dei primi del ‘900.
Da bambino, essendo cresciuto in una famiglia per bene ma lontana dalla pratica e dai principi cristiani, non mi perdevo una puntata di quella fiction in cui la famiglia Ingalls, cristiana, felice di vivere i propri valori, viveva in pace ed equilibrio (e non appena l’hanno venduta in edicola, mi sono assicurato tutti i DVD tranne il numero 15, mai uscito…). Sembrerà strano, ma molto di ciò che di buono c’è in me oggi, lo devo a quella serie televisiva…
So che starete pensando, come molti, che fossero una famiglia di sfigati e che succedeva tutto a loro, ma quello che a me sorprendeva di loro era che, fissi i loro sguardi a Dio, con una fede forte e mai bigotta, non perdevano mai la pace, e sognavo una famiglia così…
Chi ha più di 35, 40 anni, ricorderà la perfida Nellie Oleson che perseguitava Laura Ingalls con le sue cattiverie. Ebbene, lo scorso pomeriggio stavo guardando con mia figlia (nativa digitale a cui piace questa serie vintage) l’episodio in cui Nellie guadagnava il primato di prima della classe imbrogliando.
Alla domanda di Laura – Papà, cosa devo fare? – la risposta è stata – “Tu hai fatto del tuo meglio, e io lo so; stai tranquilla e serena, qualunque siano i risultati.”
Ecco la soluzione. Mettercela davvero tutta per fare del proprio meglio. Dio, che è Padre, che vede, lo sa, e non ci chiederebbe mai di essere i migliori, ma solo di fare del nostro meglio.
Il collega ci fa le scarpe in maniera disonesta? Ho fatto del mio meglio, Dio lo sa, anche se mi arrabbio o sono triste, alla fine sto sereno qualunque cosa accada…
Ho studiato ma mi hanno bocciato all’esame? Ho fatto del mio meglio, Dio lo sa, sto sereno qualunque cosa accada…
Apro la Bibbia:
“Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede.” (2Tim 4,7)
Dio non ci chiede di essere i migliori, ci ama anche se siamo i peggiori (a volte ci ama proprio per questo?), e ci darà la forza per fare le uniche cose che ci chiede: combattere la buona battaglia, terminare la corsa, conservare la fede.
Se avremo fatto ciò, avremo fatto del nostro meglio, secondo le nostre possibilità, non dobbiamo fare altro… Dio lo sa, e stiamo sereni qualunque cosa accada…
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