Padre Nostro
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 17/11/2018
In questi giorni si affastellano le polemiche attorno alla traduzione del Padre Nostro che è stata approvata dalla Conferenza Episcopale Italiana.
C’è chi la loda e chi la critica, chi crea polemiche affermando che se è giusta una traduzione, per anni abbiamo pregato con quella sbagliata, chi afferma esattamente il contrario non accettando la traduzione che comparirà nella terza edizione del Messale Romano.
Secondo me – e qui espongo la mia personale opinione – chi critica non si rende pienamente conto di diventare strumento di divisione, quindi del Male, che crea ferite difficilmente sanabili nel Corpo di Cristo che è la Chiesa.
Un amico che stimo enormemente ha scritto su Facebook: «”Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. A me basterebbe prendere sul serio questa invocazione. Che tutto il clamore suscitato dalla nuova traduzione ci faccia riscoprire parole spesso pronunciate meccanicamente.»
Penso che abbia centrato il problema e spero anch’io che questa notizia ci spinga a meditare meglio nel cuore le parole che pronunciamo con le labbra
Quanto alla traduzione, già Sant’Ambrogio, padre della Chiesa, diceva “non permettere che cadiamo in tentazione”, per rendere meglio il significato in italiano, e in altre lingue il problema non si pone in quanto utilizzano da sempre traduzioni più vicine al senso originale.
No ho gli strumenti linguistici per entrare nel merito della traduzione ma, non osando improvvisarmi esegeta, accetterò la nuova traduzione che somiglia tanto a quella utilizzata da sempre dai miei fratelli spagnoli o di lingua portoghese, pensando a quanto è costata a Gesù la nostra unità e alla sua preghiera al Padre, struggente e piena di amore:
«[Padre santo,] non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.» (Gv 17, 20-21)
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