Come i fermenti lattici vivi sono piccoli ma operosi e dinamici e pur essendo invisibili sono indispensabili alla vita, spero che questi "fermenti cattolici vivi" contribuiscano a risvegliare la gioia di essere cristiani.
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DI MARIA
Per anni ho utilizzato Twitter, con un account dedicato al blog Fermenti Cattolici Vivi, per pubblicizzare ogni nuovo post.
In questi ultimi tempi però (e qui non voglio insegnare niente a nessuno, è solo una mia personale presa di coscienza, pertanto opinabile) mi sono reso sempre più conto di quanto stiamo delegando la nostra libertà di scelta agli algoritmi usati dai social.
Giusta o sbagliata che sia la scelta fatta dagli algoritmi, il rischio più dannoso consiste nel fatto che alla lunga disimpariamo a scegliere.
Restando nei social deleghiamo la nostra libertà di scelta all’algoritmo.
Finiamo in questo modo con l‘accettare in maniera acritica e passiva ciò che l’intelligenza artificiale ha calcolato senza etica né immaginazione, ignorando l’imprevisto, il diritto di cambiare idea, di evolvere, di imbattersi in un avvenimento inaspettato, un pensiero nuovo o di convertirsi, inteso nel senso più ampio del termine.
Presentandoci sempre informazioni e notizie coerenti con le nostre scelte, sarà difficile imbattersi in quel qualcosa di sorprendente, scegliendo il quale, le nostre vite potrebbero cambiare in meglio, e finiamo per perdere anche la capacità di confrontarci serenamente con opinioni diverse dalle nostre.
Un esempio? «Se cercassi su Linkedin un programmatore e, tra quelli proposti, aprissi il profilo di un ragazzo romano di 31 anni, alla mia successiva ricerca, ad esempio “avvocato a Catania”, mi verranno probabilmente mostrati profili di maschi bianchi tra i 25 e i 35 anni». Questo afferma il teologo Paolo Benanti al convegno “Dio, Macchine e libertà” tenutosi a Catania nel 2019.
L’intelligenza artificiale può essere una grande opportunità per l’umanità, o una grande sfida. L’astrofisico Howking affermava: “Se non ci prepariamo a gestirla, l’intelligenza artificiale potrebbe essere il peggior evento della storia della nostra civiltà.“
Al momento i social funzionano con algoritmi senza etica, gestiti da potenti multinazionali il cui scopo è il profitto, e per questo ho scelto di scendere dal treno, aspettando che arrivino tempi migliori.
Anche i post di questo blog, che prima venivano consegnati a tweet, storie o altro, verranno affidati all’Angelo Custode che, saprà muoversi – per il network della Provvidenza – nei meandri degli algoritmi che scelgono per noi.
Le sfide di quest’ultimo anno mi hanno più volte spinto a cedere alla tentazione di fermarmi, e la stanchezza – come un cinico megafono – continua spesso ad amplificare tali tentazioni.
Ma la grazia di Dio non si ferma. Anche in un periodo apparentemente buio come questo, anche quando tutti sembrano essere un po’ più stanchi, un po’ più depressi, un po’ più isolati degli anni passati, Dio continua a operare e a bussare nelle nostre vite.
E allora eccomi qua, col cuore affaticato, e con una volontà non sempre risoluta e ferma, ma ancora tanto grato per le grazie che continuano ad arrivare dal Cielo. Chi sono io per non continuare a condividerle?
Non ci scoraggiamo allora, e coltiviamo, e custodiamo con maggior cura e determinazione la nostra relazione con quel Dio che può e vuole ancora compiere meraviglie, anche e soprattutto in questi tempi così difficili.
Mi è arrivato più volte da amici differenti tra di loro, questo scritto attribuito a un sacerdote cattolico brasiliano.
Ho fatto un ricerca e non ho trovato molte fonti da cui dedurre che sia attribuibile realmente a don Gabriel Vila Verde, sacerdote esistente.
Nel rispetto di tutte le posizioni, e scusandomene se questa riflessione può urtare qualche suscettibilità, non riesco a non concordare con essa, soprattutto nella misura in cui rivela tutta l’incoerenza dei nostri tempi.
«Viviamo in un’epoca in cui vogliono che i preti si sposino e le persone sposate divorzino.
Vogliono che gli eterosessuali abbiano relazioni non vincolanti, ma che i gay si sposino in chiesa.
Perché le donne si vestano da uomini e assumano ruoli maschili e gli uomini diventino “fragili” come donne.
Un bambino con solo cinque o sei anni di vita ha il diritto di decidere se sarà un uomo o una donna per il resto della sua vita, ma un bambino sotto i diciotto anni non può rispondere dei suoi crimini.
Non ci sono posti per i pazienti negli ospedali, ma ci sono incentivi e sponsorizzazioni per chi vuole cambiare sesso.
C’è un supporto psicologico gratuito per chi vuole uscire dall’eterosessualità e vivere l’omosessualità, ma non c’è supporto da esso per chi vuole uscire dall’omosessualità e vivere la propria eterosessualità e se ci provano, è un crimine.
Essere a favore della famiglia e della religione è dittatura, ma urinare sui crocifissi è libertà di espressione.
Se non è la fine dei tempi, dev’esserne la prova…»
Ergo, preghiamo affinché la preghiera diventi pace in noi, qualunque cosa succeda intorno a noi.
Inizio la giornata leggendo il Vangelo di Matteo, al capitolo 2, versetti 1-12 i Magi vengono mandati da Erode per cercare il Bambino; vengono manippolati dal potere per distruggere il progetto di Dio… Ma i Magi vengono avvertiti in sogno di non tornare da Erode e questi rimane con un pugno di mosche.
Oggi cambia qualcosa? L’animo degli uomini ha sempre la stessa natura, e a volte abbiamo come l’impressione che i potenti di oggi (magari non tutti) siano sanguinari e ingiusti, in maniera diversa, forse più chirurgica, scientifica o meglio, tecnologica, visto che la scienza in sé è sempre buona.
Ma la gente si santificava lo stesso prima. Perché oggi ci sembra che sia così difficile farlo? Forse qualche decennio di apparente democrazia ci ha illuso che le cose potessero cambiare davvero…
Plink! Il cellulare mi avverte che è arrivato il versetto biblico quotidiano:
«Il Signore sarà re di tutta la terra e ci sarà il Signore soltanto, e soltanto il suo nome.» (Zaccaria 14, 9)
Che sia tutta qui la soluzione? Rimettere Dio al primo posto nella nostra vita? Forse potremmo imparare di nuovo ad ascoltare la sua voce quando ci avverte di non tornare da Erode…
Si sentono sempre più frasi del tipo: «Ti giro il messaggio che mi ha mandato» – oppure – «Ti faccio ascoltare il vocale che gli ho inviato» – quando dobbiamo condividere qualche indicazione e così perdiamo gli ultimi scampoli di memoria che ci erano rimasti.
Un nostro familiare ci manda l’indirizzo di dove dobbiamo andare, e perdiamo la capacità di ricordarlo. Il passo successivo verso la perdita di capacità di ricordare quel titolo, quella citazione, quell’articolo letto pochi giorni prima è presto fatto.
E finiamo in questo modo per leggere tutto e il contrario di tutto, perdendo l’abilità di confrontarlo con ciò che abbiamo metabolizzato e fatto nostro. Leggiamo qualunque cosa e il suo contrario, senza venirne nemmeno scalfiti, senza riuscire più a ragionarci sopra. E non resta che l’insulto di pancia sui social…
Quanto era bello quando la parola aveva tutta la sua capacità di costruire e di distruggere, di toccare il cuore al punto di restare nella mente persino dopo anni.
Ricordo ancora le lettere di carta, scritte con la penna, che ci scambiavamo con mia moglie, quando da ragazza studiava in Canada. Quante frasi, a distanza di 25 anni, sono ancora scolpite nella mia mente e nel mio cuore. Possono affermare la stessa cosa i ragazzi che oggi si mandano bellissimi messaggi su Instagram che adesso ci sono e poi svaniscono come la rugiada al sole del mattino?
Allo stesso modo, mi torna in mente quella parola che mi impedì di cadere nella disperazione quando mi dissero 24 anni fa, che potevo avere un male incurabile. «Figlio, non avvilirti nella malattia, ma prega il Signore ed egli ti guarirà. Fa’ poi passare il medico – il Signore ha creato anche lui – non stia lontano da te, poiché ne hai bisogno.» (Sir 38,9.12).
Ho impresse nel cuore le parole del passo che mi fece realizzare quanto profondo è l’amore di Dio per me, amore personale, amore diretto, amore struggente, l’amore più grande di tutti. «Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo.» (1 Gv 4,19-20)
E adesso? Con la comunicazione rapida, hanno svuotato la parola dalla sua potenzialità di senso, hanno fiaccato, indebolito, la parola, tanto che articoli o post troppo lunghi non li legge più nessuno ormai.
L’atto più sovversivo che potremmo fare? Riappropriarci della parola. Trattiamola con la riverenza che le si deve e che le permette di parlarci in profondità.
Torniamo a scriverla e riscriverla e leggerla e rileggerla, stando in silenzio, e magari impararne qualcuna a memoria, e tornerà a parlarci.
Anche quando usiamo i social e le app di messaggistica, scriviamo lentamente e rileggiamo con cura il messaggio prima di mandarlo. Lo possiamo fare.
E possiamo anche chiedere a Dio che i potenti che decidono e guidano e tengono le redini della tecnologia, riconoscano che non c’è Dio al di fuori di Lui.
«Mostrando la sua potenza e la sua fedeltà nell’amore, Egli (il Dio della Bibbia, n.d.r) può generare anche nella coscienza del malvagio un fremito che porti alla conversione. “Ti riconoscano, come noi abbiamo riconosciuto, che non c’è Dio fuori di te, Signore.” (Sir 36,4)» (San Giovanni Paolo II)
Voglio pregare, oggi, e credere che Dio possa e generare nella coscienza dei malvagi che ci hanno messo in questo incantesimo multimediale, un fremito che porti alla loro conversione.
Il 17 dicembre è il mio ‘thanksgiving’, il giorno in cui ringrazio Dio per avermi messo nel cuore il desiderio di condividere tutto quello che incontravo e che era di edificazione a Cristo, in quell’ormai lontano 17 dicembre 2011.
Dopo nove anni ne sono accadute di cose, ho vissuto sfide e belle avventure, gioie e dolori, successi e fallimenti, ma mai un solo giorno, un solo minuto o secondo, è mancata quella Grazia che permette di esultare di gioia quando le cose vanno bene e di sopportare nella pace quando vanno male, almeno agli occhi del mondo.
E anche in questo singolare 2020, non posso che essere grato al Signore per tutti quei fratelli e sorelle che mi hanno aiutato a vedere l’intervento di Dio anche e soprattutto in tempi dolorosi come questi. Ne ho incontrati e ne continuo a incontrare molti. Tra i tanti ne voglio ricordarne tre, strumenti preziosi nelle mani di Dio che come i profeti, ci rammentano dov’è che dobbiamo guardare…
O l’irresistibile don Alberto Ravagnani, giovane prete moderno, un “pro”, “uno-di-noi”, come lo definirebbe mia figlia adolescente, che parla di confessione e di Rosario con lo stesso linguaggio con cui un influencer ventenne arriverebbe al cuore dei “Post-Millennials”.
Quanti samaritani il Signore ti mette vicino, e quanti profeti, e santi. Bisogna solo imparare a vederli, e condividere. Vedere e condividere. Forse a questo mi chiama il Signore e spero, e prego, affinché possa continuare a farlo sempre con gioia. Tu che leggi prega per la mia conversione affinché possa sempre indicare Lui e nient’altro.
Qualche giorno fa ho ricevuto questo scritto da una cara amica.
Un pallone da basket nelle mie mani vale 20 euro, nelle mani di Michael Jordan vale circa 30 milioni di euro. Dipende dalle mani in cui si trova.
Una palla da baseball nelle mie mani vale 4 euro, nelle mani di Mark McGuire vale circa 17 milioni di euro. Dipende dalle mani in cui si trova.
Una racchetta da tennis nelle mie mani è praticamente inutile, nelle mani di Venus Williams è la vittoria in un torneo. Dipende dalle mani in cui si trova.
Un bastone nelle mie mani mi accompagna in montagna, un bastone nelle mani di Mosè divise il Mar Rosso. Dipende dalle mani in cui si trova.
Due pesci e cinque pani nelle mie mani sono una buona merenda, due pesci e cinque pani nelle mani di Dio sfamarono una moltitudine di persone. Dipende dalle mani in cui si trovano.Una fionda nelle mie mani è poco più di un giocattolo, una fionda nelle mani di Davide abbatté Golia. Dipende dalle mani in cui si trova.
I chiodi nelle mie mani possono produrre un riparo per cani, nelle mani di Gesù Cristo hanno prodotto salvezza per il mondo intero. Dipende dalle mani in cui si trovano.
Come vedi, tutto dipende dalle mani in cui gli oggetti si trovano.
Allora metti i tuoi ragionamenti, le tue preoccupazioni, le tue paure, le tue speranze, i tuoi sogni, la tua famiglia e i tuoi rapporti con gli altri, tutto, nelle mani di Dio perché dipende dalle mani in cui si trovano.
(Anonimo)
Aggiungerei: un’ostia nelle mie mani è un pezzettino di pane non lievitato, nelle mani del sacerdote diventa il corpo e sangue del risorto che è passato per la Croce e che ogni giorno non aspetta altro che entrare in Comunione con ciascuno di noi.
Non posso fare a meno di osservare e riflettere. Non sono giudizi, solo osservazioni.
Smart working, e sanno tutto del tuo lavoro.
Didattica a distanza, e sanno tutto di te sin dall’età evolutiva (in pochi giorni tutta una generazione ha consegnato alla rete i propri dati).
Carte obbligatorie e sanno cosa, quanto, quando, dove, quanto spesso compri, anche se sei refrattario a comprare online.
Preghiere online e sanno se credi e in chi.
Comunicazioni via web… e sanno tutto il resto.
Referti online e sanno tutto della tua salute.
Microfoni attivi di cellulari, computer, tablet et similia, e sanno ciò che dici.
Social network, e sanno tutto il resto…
App Immuni, e sanno (ma poi la sanno?) gli spostamenti della tua eventuale virulenza.
Chi ha interesse a raccogliere questa mole sconfinata di dati?
Non lo so e non cerco risposte a cui né io né voi abbiamo accesso, sono solo dubbi che vengono a chi non può fare a meno di osservare e ragionare.
Non ho certezze da complottista ma è evidente che, chiunque esso sia, qualunque cosa sia, ha un grande bisogno dei nostri dati, un interesse sempre più urgente ad accedervi, per sussistere.
Forse, c’è un atto che resta davvero intimo e profondamente, sovversivo a cui ancora non riescono ad arrivare.
Anzi due.
Spegnere il cellulare (e i tablet e il pc di casa, e la smart tv). E scrivere a mano, come Winston, il protagonista del romanzo di Orwell “1984”, quando trovò un quaderno e scoprì che il più grande atto di libertà era scrivere a mano, acquattato nell’unico angolo cieco della videocamera del grande fratello.
Ma forse c’è un terzo atto davvero intimo che ci può rendere davvero liberi, insieme allo spegnere il cellulare qualche ora al giorno e scrivere a mano…
Pregare. Pregare affinché tutto questo arrivi a conoscere un limite, quello del rispetto dell’intimità dell’uomo.
Innanzi tutto preparate gli auricolari, o andate in un posto in cui potete ascoltare senza problemi il contenuto di questo video.
Pensate a tanti giovani, di oggi, millennials, nativi digitali, proprio come i nostri figli. Giovani di tutto il mondo appartenenti a culture lontane, parlanti lingue diverse, che in uno sperduto paesino del Balcani però, qualcuno, tempo fa, ha messo a cantare insieme le lodi di Dio, sotto la benedizione di una Madrina speciale, la Regia della Pace.
Questi ragazzi, ciascuno dal proprio paese, tornano ancora insieme.
Non sono i primi a farlo, qualcuno lo aveva fatto anche prima del Coronavirus, non sono nemmeno i più bravi, ma quello che mi commuove in questa esecuzione è l’unità di cuori e la gioia, che in un certo senso “cuce”, unisce tanti ragazzi solo apparentemente divisi dallo spazio, dalle culture e dalle lingue, lo Spirito che traspare dietro a tanta gioia.
In questi giorni di emergenza per il Coronavirus non riesco a non guardarmi attorno e a osservare come, in situazioni come queste, ognuno reagisca col patrimonio interiore che si ritrova in dotazione.
C’è chi va nel panico e chi minimizza, atteggiamenti entrambi incoscienti che penso non portino a nulla di buono. Ma c’è anche chi cerca di vivere seguendo le disposizioni delle autorità e il buon senso. Molti si chiedono dove sia Dio in tutto ciò. Altri si chiedono perché Dio permetta questo.
Non ho risposte, a queste domande, ma ne sto trovando, giorno dopo giorno, a un’altra di domanda che da giorni mi urge dentro: cosa ci vuole dire Dio permettendo tutto questo? E se fosse questa l’unica domanda che ci porti a qualcosa di veramente sensato?
Vedo infatti tanta disperazione, lamentele, reazioni da ansia e stress, ma si cominciano a intravvedere anche lampi di quella umanità che sembrava essere un ricordo di altri tempi.
Parlo di medici e infermieri che si spendono con abnegazione non comune in turni massacranti esponendosi al rischio del contagio.
O della solidarietà nel mio posto di lavoro – quel turismo che ora è in ginocchio – tra categorie che prima si consideravano concorrenti e adesso collaborano in maniera solidale, umana.
E allora, sebbene continui a non sapere il perché Dio permetta tutto questo (ma poi saperlo farebbe qualche differenza?), mi chiedo se non ci stia chiedendo di tirare fuori la parte migliore di noi.
Stiamo vivendo una circostanza in cui possiamo esprimere il peggio o il meglio di noi, senza mezze misure. Sta a noi decidere cosa fare.
Sta a noi decidere anche cosa chiederci. Ho fatto queste riflessioni leggendo questo post del blog di una cara amica. “Diciamo sempre ascoltaci Signore e mai fa’ che ti ascoltiamo”, scrive l’autrice citando l’esegeta Silvano Fausti.
E conclude dicendo: «A noi spetta mettere i piedi nelle impronte delle Due Persone della Trinità. “Signore fa’ che io Ti ascolti.”»
Non è facile, ma sono convinto che ponendoci le domande giuste possiamo metterci davvero in ascolto di Colui che ci può guidare in questi giorni difficili e mettere davvero i nostri piedi nelle impronte di Dio, vivendo nella pace anche nelle conseguenze del Coronavirus.
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