Fra Michele racconta la sua vita, dalla droga alla consacrazione a Cristo nella Comunità dei Figli del Divino Amre.
Archive for the ‘Testimonianze’ Category
«L’unico obbiettivo della mia giornata era come trovare i soldi e come drogarmi.»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 26/04/2023
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«Ho scoperto che le leggi della Chiesa, che una volta percepivo come una serie di leggi limitanti, erano regole d’amore.»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 15/03/2023
Una cosa sulla quale non ho mai concordato con i miei compagni di ateismo era l’idea di significato. Gli altri atei che conoscevo sembravano pensare che la vita fosse piena di scopo malgrado il fatto che non siamo altro che reazioni chimiche. Io non ci sono mai riuscita. Pensavo che tutta quella linea di pensiero fosse non scientifica, e anche disonesta a livello intellettuale. Se tutto ciò che chiamiamo eroismo e gloria, e tutto il significato dei grandi successi umani, può essere ridotto a qualche neurone nel cervello umano, allora tutto è destinato a estinguersi con la morte.
Riconoscevo la verità per cui la vita era senza senso, e tuttavia continuavo ad agire come se la mia vita avesse senso, come se tutta la speranza e tutto l’amore e la gioia che avevo sperimentato fossero qualcosa di reale, qualcosa di più di un miraggio prodotto dagli elementi chimici presenti nel mio cervello. Il suicidio mi era passato per la testa – non perché fossi depressa nel senso comune del termine, ma semplicemente perché sembrava che non fosse altro che affrettare l’inevitabile.
Un anno dopo la laurea ho conosciuto sul lavoro Joe. Era cresciuto in povertà, allevato da una madre single, e aveva studiato a Yale, alla Columbia e a Stanford. Chi lo conosceva diceva che era une delle persone più intelligenti che avesse mai incontrato. Quando abbiamo iniziato a uscire insieme, quindi, ero elettrizzata. La nostra vita insieme era migliore di quanto potessi immaginare: viaggiavamo per sfizio, andavamo nei ristoranti migliori, volavamo in prima classe e facevamo feste epiche sul tetto del suo loft in centro. Le nostre carriere, inoltre, stavano decollando, per cui il futuro lasciava intravedere solo soldi e successo.
Eravamo una coppia perfetta. L’unica cosa sulla quale non la pensavamo allo stesso modo era la religione. Qualche mese dopo aver iniziato a uscire, è saltato fuori che Joe non solo credeva in Dio, ma si considerava cristiano. Non capivo come qualcuno perfettamente capace di pensare in modo razionale potesse credere in favole come quelle del cristianesimo. Credeva anche a Babbo Natale?
Questo, ad ogni modo, non creava problemi tra noi, visto che avevamo lo stesso codice morale di base, lui non praticava quella fede bizzarra in modi evidenti e soprattutto io non volevo pensarci. Quando usciva il discorso di Dio, qualcosa dentro di me faceva un passo indietro. Avevo costruito tutta la mia vita sul fatto di non pensarci. Avevo seppellito quel pensiero così profondamente che non era più un concetto specifico, ma una conoscenza oscura, fredda e amorfa che dovevo evitare.
Joe ed io ci siamo sposati nel 2004. Il piano era che il matrimonio sarebbe stato solo un trampolino nella via che stavamo già percorrendo, ma poi sono rimasta incinta, e tutto è cambiato.
Sono saltati fuori tutti i vecchi pensieri sulla mancanza di senso, e questa volta non c’era modo di rispedirli nel dimenticatoio. Ora che avevo un bambino, sentivo che la mia vita aveva più significato che mai, ma senza le solite distrazioni la questione mi è crollata addosso: non c’era nulla di trascendente nella vita di mio figlio, nella mia vita o nell’amore che provavo per lui. Condivideva il nostro stesso destino: vedere tutta la sua esistenza cancellata a causa della sua inevitabile morte.
Per settimane sono uscita a malapena dal letto. Una combinazione di notevole privazione di sonno e depressione mi aveva lasciato in stato quasi catatonico. Una mattina, però, mentre guardavo il bambino nella luce che precede l’alba che filtrava attraverso la finestra, ho sentito qualcosa di nuovo in me. Non era disperazione. Era un sentimento insolito ma gradito.
Pochi mesi dopo mi sono imbattuta in un libro cristiano. Non ero mai stata nella sezione “Religione” di una libreria, men che meno avevo mai letto niente sul cristianesimo. Avevo preso quel libro solo perché l’autore affermava di essere un ex ateo. Ho trovato le sue idee chiare e fondamentalmente ragionevoli. Non riuscivo a mettere giù quel testo, e ho finito per comprarlo (dicendo al cassiere che era un regalo per un amico).
Avevo sempre considerato Gesù una sciocca favola. Un pomeriggio, poco dopo aver finito il libro, sono stata colta di sorpresa da un pensiero: e se fosse vero? E se ci fosse davvero un Dio?
Volevo mettere da parte quei pensieri, ma non ci riuscivo. Tutto ciò che dovevo fare, mi dicevo, era conoscere un po’ di più il cristianesimo per notare le ovvie mancanze nella sua teologia e poter poi andare avanti.
Ho comprato un altro libro cristiano, Il cristianesimo così com’è di C.S. Lewis, ma purtroppo non mi avrebbe aiutato a liberarmi da quella religione. Lewis era ragionevole e ovviamente intelligente, e il suo libro era uno dei più chiari che avessi letto da molto tempo.
Alla fine ho ceduto e ho comprato una Bibbia, la prima che avessi mai posseduto. Ero sconcertata da quello che leggevo. Joe mi ha incoraggiata a leggere la seconda parte del libro, il Nuovo Testamento, spiegandomi che era lì che entrava in scena Gesù. Non mi ha aiutato. Non c’era alcuna chiamata chiara all’azione e non sapevo come interpretare la maggior parte dei messaggi, così come apparentemente non lo sapeva nessuno. Cercando su Internet se la Bibbia diceva che aborto, eutanasia, clonazione umana e altre questioni fossero giuste o sbagliate, ho trovato tante risposte diverse quante le persone che le esprimevano, con ciascuno che citava versetti biblici per sostenere il proprio punto di vista. Allo stesso modo, non sapevo in quale chiesa recarmi se volevo fare delle domande. Nella mia comunità c’era di tutto, dalla Chiesa di Cristo ai testimoni di Geova, dai battisti conservatori alle Chiese anglicane liberali, e ciascuno affermava di basarsi sulla Bibbia, pur essendoci posizioni drasticamente diverse su ciò che fosse peccato.
Questo era un grande problema. Se Dio è tutto ciò che è buono, allora definire ciò che cattivo – ad esempio il peccato – è definire i confini stessi di Dio. Era un nonsenso suggerire che la sua religione fosse confusa sulla questione. Avevo trovato ciò che cercavo: la mancanza che mostrava che il cristianesimo non aveva senso.
Poco dopo, qualcuno che avevo conosciuto su Internet mi ha detto che avevo approcciato tutta la questione da una prospettiva molto moderna e distintamente americana, e che la tradizionale comprensione del cristianesimo era del tutto diversa. Ha suggerito che Gesù aveva fondato solo una Chiesa prima di lasciare la terra e che le aveva dato un potere soprannaturale di modo che articolasse bene la verità su cos’era positivo – e quindi su cosa sia Dio – per tutti i tempi e tutti i luoghi. Come se non fosse una cosa abbastanza pazza, stava parlando della Chiesa cattolica!
Sia Joe che io abbiamo tentennato. Joe affermava che il cattolicesimo non era vero cristianesimo, e io sapevo che la Chiesa era un’istituzione arcaica, oppressiva e sessista. Oltre a questo, l’idea di persone dotate di potere soprannaturale era solo sciocca.
Ho notato tuttavia qualcosa: quasi tutte le persone che mi avevano colpito con la loro capacità di difendere la fede solo con la ragione, sia autori famosi che persone on-line, erano cattoliche. Più ci facevo attenzione, più notavo che la tradizione intellettuale cattolica era una delle più grandi al mondo. Ho iniziato a leggere libri di autori cattolici. Mi dicevo che non ero interessata al cattolicesimo e cercavo solo qualcosa di buono da leggere, ma non riuscivo a non ammettere che quelle persone sembravano avere una comprensione del mondo e dell’esperienza umana che non avevo mai riscontrato prima. Erano aggrappati solidamente alla scienza e al mondo materiale quanto gli atei, ma possedevano anche una conoscenza dei movimenti dell’animo umano che risuonava come vera nel più profondo del mio essere.
Ho scoperto che le leggi della Chiesa, che una volta percepivo come una serie di leggi limitanti, erano regole d’amore. Tutto questo ha cambiato in meglio me, la mia vita, il mio matrimonio.
Io e Joe siamo stati accolti nella Chiesa cattolica. Tre giorni prima, ho fatto la mia prima confessione. Non avrei mai potuto immaginare l’impatto che ha avuto su di me sentire i miei peccati proclamati a voce alta, ma neanche quello delle parole pronunciate dal sacerdote a nome di Dio, che ero perdonata. Sono uscita dal confessionale stordita.
La sera dopo la mia prima confessione, ho capito che l’oscurità dentro di me non c’era più. Al suo posto c’erano una grande pace e un inequivocabile sentimento d’amore. Per la prima volta, ho sentito la presenza di Dio.
(Fonte: Sito di Radio Maria)
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«L’opera sei tu!»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 15/01/2022
In un mondo sempre più diviso tra relativismi ed estremismi, il filosofo Marco Guzzi propone un percorso verso la liberazione interiore frutto di decenni di studio e di esperienze spirituali.
Vale la pena ascoltare fino alla fine del video un uomo che ha il coraggio di guardare e dire la crisi di questi tempi, proponendo però un atteggiamento, un percorso che aiuta a trovare il senso più profondo della propria vita e la pace necessaria per essere luce anche in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo.
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«Eccomi!»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 16/10/2021
L’ingegner Del Grossi ha visto la morte in faccia. Poi è successo qualcosa di straordinario. La sua storia (diventata un libro Ares) è racchiusa in un parola dal sapore biblico (“Eccomi”), che ben esprime la sua diposizione d’animo e che sua moglie usava aprendo i messaggi con cui forniva notizie aggiornate, alimentando una lunghissima catena di preghiera…
«Il Covid l’ha portato a un passo dalla morte: trombosi, embolie, shock setticemico, emorragia polmonare, coma, casco per cercare di respirare ma anche circolazione extracorporea. A sua moglie Chiara, una notte hanno telefonato dall’ ospedale perché tenesse il cellulare vicino: «Morirà», le hanno detto.
Alberto Del Grossi, 53 anni, però ce l’ha fatta. S’è salvato. Ha reagito e a distanza di mesi il suo corpo non mostra le cicatrici del virus che lo stava annientando. La sua guarigione? Forse un miracolo. Sicuramente un mistero per la scienza.
Decisiva, a sentire i protagonisti, pare essere stata una catena di preghiera che si è allargata a macchia d’ olio, iniziando dai parenti e dagli amici più stretti fino a coinvolgere una moltitudine di sconosciuti, perfino dall’ Africa, che hanno fatto il tifo per Alberto.
Mentre un’ immaginetta di don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e liberazione, posta sul suo cuscino lo vegliava. La sua straordinaria vicenda oggi è diventata un libro (Eccomi! Storia di una preghiera virale, 256 pagine, 15 euro, Edizioni Ares) e ha incuriosito anche papa Francesco.
Alberto Del Grossi (ingegnere, sposato, tre fgli, casa a Lissone, in Brianza) ha contratto il virus nel marzo 2020, all’ inizio della prima tremenda fase della pandemia. Il decorso della malattia è stato dei peggiori (dall’ intubazione all’ embolia, alla circolazione extra corporea e al coma).
La conclusione, però, non è stata quella che tutti avevano previsto. Alberto è guarito. E questo fatto ha lasciato senza parole chi lo ha curato e pieni di stupore tutti coloro che hanno seguito il suo percorso fino a un passo dalla fine e ritorno attraverso i messaggi che la moglie inviava agli amici su Whatsapp. Cominciavano, tutti, con un «Eccomi!». E questa parola racchiude tutta la disponibilità, l’ attesa, la fedeltà e la speranza che hanno caratterizzato questa vicenda.
Questa vicenda, e il libro, pare abbiano interessato anche papa Francesco. Settimane fa, Simone, nipote dell’ingegnere Alberto, riesce ad avvicinarsi al Santo Padre, porgendogli una copia del volume. Jorge Mario Bergoglio si ferma, sorride, e si fa spiegare il contenuto.
Dopo qualche giorno nel messaggio del Pontefice al Meeting di Rimini, organizzato dal Movimento di Cl di cui la famiglia dell’ autore fa parte, si legge: «Mentre ha imposto il distanziamento fisico, la pandemia ha rimesso al centro la persona, l’ io di ciascuno, provocando in molti casi un risveglio delle domande fondamentali sul significato dell’ esistenza e sull’ utilità del vivere che da troppo tempo erano sopite o peggio censurate. E ha suscitato anche il senso di una responsabilità personale.
Tanti lo hanno testimoniato in diverse situazioni. Davanti alla malattia e al dolore, di fronte all’ emergere di un bisogno, molte persone non si sono tirate indietro e hanno detto: “Eccomi”». Forse non si tratta soltanto di una coincidenza.»
(Fonte: https://m.famigliacristiana.it/)
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«Mi hai fatto vedere come muore un santo!»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 06/09/2021
Riporto la testimonianza della moglie Katia letta ai funerali di Antonio Mondo. credo che possa edificarci conoscendo i santi “della porta accanto” che magari non ci accorgiamo di avere incontrato.
Antonio Mondo
“Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga”, e tu amore mio, sei stato scelto e plasmato dalle mani di Dio.
Non è facile vivere senza di te. Trent’anni insieme, trent’anni di amore puro e sincero, di risate, prese in giro, piccoli litigi, sorrisi e pianti. Sempre uniti anche nelle difficoltà. Sei stato un marito e un padre affettuoso e premuroso; eri sempre allegro e sorridente, buono, disponibile, amato e rispettato da tutti e quello che hai dato agli altri ti è stato restituito. Quanta gente ha pregato per te, quanti ti sono stati accanto, quanti sono qui oggi.
Ognuno di loro tornerà alla propria vita, nelle loro case, ma per noi la vita non sarà più la stessa, nella nostra casa rimarrà un grande vuoto. Volevi fare un viaggio per andare a San Giovanni Rotondo e a Collevalenza ma invece di organizzare questo viaggio ho dovuto organizzare il tuo funerale. Me la sento rubata la tua vita, te ne sei andato troppo presto, il dispiacere è tanto, il dolore è grande.
Ci manchi Antonio, non so come fare senza di te ma so per certo che anche da lassù ci proteggerai e veglierai su di noi perché ci amavi tanto. Adoravi i tuoi figli, ne eri tanto orgoglioso e non gli hai mai fatto mancare nulla. Pensavo che sarei stata io a doverti insegnare certe cose ed invece sei stato tu ad insegnare tanto a me. Mi hai fatto vedere come muore un santo, sì, dico santo perché è questo quello che sei stato.
Hai accettato la sofferenza ed ogni cosa l’hai offerta al Signore dicendo a Gesù che non era nulla rispetto a quello che aveva subito Lui nella crocifissione e anzi Gli chiedevi di mandarti ancora più sofferenze. In questi ultimi anni hai sperimentato la presenza di Dio nella tua vita, hai conosciuto Gesù e questo incontro ti ha cambiato. Queste sono state le tue parole:
“Chi cerca Gesù lo trova.
Chi crede in lui può chiedere tutto se chiesto con vera fede.
Io ho creduto ed a lui mi sono abbandonato.”
“Dio non è mai l’autore della sofferenza ma la trasforma in dono e la riempie di significato”. Ed è questo ciò che è accaduto a te. Avevi il desiderio di dare a tutti la tua testimonianza, volevi raccontare quello che Gesù ha fatto per noi, volevi che anche gli altri lo conoscessero. Ci sei riuscito perché questo è quello che hai fatto da quel letto di dolore, in un silenzio che vale più di mille parole, in un silenzio che fa tanto rumore hai dato la tua grande testimonianza di fede.
Credo che in te si siano realizzate queste parole:
“Non sono più io che vivo, ma Cristo che vive in me”.
Per questo sono certa che sei già tra le braccia del Signore, accompagnato per mano dalla Vergine Maria, la nostra madre celeste e da Padre Pio, e deve essere stato proprio così perché mi hanno detto che mentre lasciavi questa terra, avevi un sorriso meraviglioso.
Tu lo sapevi già quello che sarebbe successo, mi hai spiegato ogni cosa, in questo mese ci siamo detti tutto, mi hai detto anche quello che avrei dovuto fare quando tu non ci saresti più stato.
Ci capivamo solo con uno sguardo e tu mi guardavi con gli occhi dell’amore, consapevole che non ci saremmo più rivisti.
Vorrei guadagnarmi anch’io un angolo di Paradiso per poterti incontrare di nuovo e darti quell’abbraccio che tanto desideravi.
Goditi la festa che il cielo sta facendo per te. Mi ripetevi spesso: Eravamo una bella famiglia, non ci mancava niente e poi guarda cosa ci è successo. Io ti dico è vero, eravamo una bella famiglia e lo siamo ancora e lo saremo per sempre perché l’amore non muore mai. Sei stato, sei a sarai il mio unico grande amore. Anche i nostri figli ti amano tanto e una parte di te continuerà a vivere in loro.
Non ti dimenticheremo mai.
la tua Katia insieme a Francesco e Alessandro
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«Eravamo complici nel male; ancora adesso la gente se ci incontra si spaventa e cambia strada…»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 14/08/2021
La commovente testimonianza di Luca e Davide, a Medjugorje.
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«E mi disse ancora: “Siccome è vivo tu puoi parlargli.” Questo ha cambiato tutta la mia vita. »
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 01/08/2021
Una folle storia di odio omicida che vale la pena ascoltare fino alla fine per il finale scioccante e sorprendente…
«Lo odiavo, da musulmano mi sentivo migliore di lui… Era caldo, era buio, salimmo su un albero e quando arrivò gli saltammo addosso. Stava piangendo, stava gridando, ha iniziato a sanguinare, gli abbiamo rotto un braccio, le gambe, gli misi una mano in bocca affinché non potesse emettere alcun suono, e gli altri continuavano a percuoterlo. Mi sentivo molto fiero. Non sentimmo più la sua voce e il suo respiro.
…
Mio cugino si ammalò e i medici dissero che sarebbe morto in un paio di giorni. Vennero cosi due persone, erano cristiani copti, uno ha voluto salutarmi, vidi che aveva una croce e ritirai la mano dicendo che non avrei mai toccato una mano con una croce. Mi disse: “Abbiamo sentito che questo bambino è malato e vorremmo pregare per lui.”
Solo per educazione dissi . Va bene. E cominciarono subito a parlare con Dio come una persona parla a un suo amico. Dissero: “Dio, per favore, guarisci questo bambino! Nel momento in cui hanno detto amen, quel bambino apriva gli occhi per la prima volta in quattro settimane.
Una di quelle persone che pregavano sedette accanto a me e mi disse: “Sdai una cosa? Il vero miracolo è che Dio vuole cambiare il tuo cuore. Credi che Gesù sia vivo?” – e io gli dissi: “Si.”, perché secondo la tradizione islamica Dio ha portato Gesù in Paradiso e un giorno tornerà. E mi disse ancora: “Siccome è vivo tu puoi parlargli.” Questo ha cambiato tutta la mia vita.
E quando ho iniziato a leggere le scritture nessuno mi ha dovuto convincere ad amare il popolo ebraico che odiavo…
L’unico modo per i musulmani affinché iniziano ad amare gli Ebrei è quando incontrano Gesù.
Amo la mia fammiglia ma quando iniziai a seguire Gesù, essi mi dissero – Non sei più uno di noi – e celebrarono il mio funarale… Dissi a Dio – Dove sei? e udii questa voce – Sai che la tomba in cui è scritto il tuo nome è vuota. Indovina un po’ anche la mia è vuota.
In Egitto per una conferenza un uomo anziano si avvicinò; aveva sentito la mia storia e quando si avvicinò iniziò a piangere. Gli chiese perché piangesse e mi disse: “Il mio nome è Zaccaria”. All’improvviso mi ricordai di lui…
(…) Ho iniziato a essere pieno di vergogna. Zaccaria mi guardò dritto negli occhi e disse: “Ho sempre pregato per te.” Ha aperto la sua Bibbia e sulla prima pagina c’era scritto il mio nome, Io lo odiavo e lui pregava per me.
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«Ero felice, avevo cantato con Giorgia, la gente che mi applaudiva…»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 24/07/2021
Da stilista di moda a sacerdote. La storia di padre Domenico Manuli.
Vale la pena ascoltarlo tutto fino in fondo. Al minuto 11.40 mi ha commosso fino alle lacrime, e io ho il pianto bisestile…
Che mi fregava a me del Signore? Ero felice, avevo cantato con Giorgia, la gente che mi applaudiva…
Con mio cugino eravamo d’accordo che in chiesa non ci dovevamo andare, che la fede non esiste…
Ecco chi è la Madonna per me: è la mia Mamma e voglio che sia anche la tua Mamma…
E’ successo che quando sono tornato a fare l’adorazione eucaristica, ho visto Gesù in un altro modo, ho visto Gesù con gli occhi della Madonna. Un figlio per una mamma cos’è? La luce degli occhi, la gioia del cuore, l’amore più grande, è il respiro più profondo…
Ok Gesù. Ho capito, lascio tutto e ti seguo…
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«Mi vuoi sposare?» – «Ma non sono nemmeno battezzata…»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 15/07/2021
L’interessante conversione di Elisa Fuksas, scrittrice e regista.
«Era assurdo non conoscere quella storia che anche da un punto di vista laico è la storia di un uomo, Gesù, e di quelli che sono venuti prima e dopo di lui ed è una storia immensa.
Stranamente tutto ha iniziato a parlarmi di Dio…
La Scrittura è stata una preghiera e dialogo e ho capito che quel mistero parlava la mia lingua e prendeva le mie forme.
Quando guardo padre Elia che dice Messa e prende l’Ostia in mano è come se rivivesse quella scena. E’ molto strano da spiegare… E’ come se non subisse l’entropia. Se lo vedi in questo modo e ti innamori, poi diventa una storia infinita…»
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«Rimasi immobile, sotterrato dai cadaveri per un tempo che mi sembrò infinito.»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 02/05/2021
Qualche giorno fa il mio caro amico Valens mi ha regalato un libro, anticipandomi che si trattava dell’esperienza del suo migliore amico Jean Paul, come lui ruandese, del genocidio consumatosi nel loro paese nel 1994.
Avevo letto altri racconti, tra cui quello del mio amico, ma questo mi colpiva particolarmente perché il protagonista, di etnia tutsi ha sposato Marie Louise, di etnia hutu. Entrambi ci mostrano e insegnano con la loro vita, che l’amore, quello vero con la A maiuscola, può vincere anche l’odio più disumano, può sanare le ferite più profonde. Jean Paul insegna religione a Milano dove vive con la sposa e due bei bambini.
La sua storia.
Jean Paul è un bambino ruandese come tanti altri; ha dieci anni quando in Ruanda scoppia il più terribile genocidio che si sia consumato nei giorni nostri. Cento giorni in cui un milione di ruandesi di etnia tutsi verrà trucidato da propri connazionali di etnia hutu.
Il bambino senza sapere che fine avesse fatto la propria famiglia, trova rifugio in parrocchia dove, dopo qualche ora ritrova il fratellino Vincent di soli sette anni che era stato salvato da un gruppo di sconosciuti.
In parrocchia, come racconta lui stesso, «non avevamo nulla per difenderci se non dei semplici sassi peraltro poco numerosi, mentre gli Interahamwe erano armati fino ai denti con fucili, granate, machete e legni chiodati. Resistemmo rispondendo a sassate.» (Jean Paul Habimana, Nonostante la paura, pag. 21).
In pochi giorni i profughi cominciano a capire che la parrocchia poteva non essere più sicura e la fame, e soprattutto la sete, cominciano a far più paura dei colpi di machete fino a quando…
«Un giorno arrivarono delle suore Pénitentes di San Francesco d’Assisi che da anni gestivano una scuola superiore poco distante: loro si potevano muovere liberamente perché erano sempre scortate da gendarmi, sia perché, essendo hutu, non correvano alcun pericolo. (…) Le suore rientrarono al loro convento tornando un paio d’ore più tardi con un scorta ben armata: erano venute e prenderci.» (Op. cit. pag. 22)
In convento, benché si sentisse relativamente protetto, Jean Paul comincia a realizzare dai racconti dei sopravvissuti, la portata della mattanza in corso. Anche lì le scorte cominciano a scarseggiare fino a quando, il 29 aprile 1994 un gruppo irrompe nel convento sparando all’impazzata.
«Dall’interno del convento sembrava che gli spari fossero diretti a noi e dalla paura ci mettevamo a correre in ogni dove cercando di salvarci; alcuni si rifugiarono nel giardino delle suore, altri nel bosco esterno, altri ancora nella vicina piantagione di ananas.
Da tempo la parrocchia era affollatissima, perciò ai primi spari fu un caos totale: la gente impazzita correva disordinatamente qua e là; anch’io scappai cercando di uscire dal cortile del convento ma dopo pochi passi, travolto dalla folla in fuga, inciampai e mi ritrovai con la faccia a terra mentre sentivo cadere su di me i corpi dei fuggiaschi falciati dai fucili e dai machete.
Schiacciato dal loro peso mi sentivo soffocare; sopra di me alcuni feriti invocavano aiuto ma, al canto di “ire tubatsembatsembe! (Oh, ah, uccidiamoli tutti!), gli Interahamwe li freddarono all’istante. Rimasi immobile, sotterrato dai cadaveri per un tempo che mi sembrò infinito.» (Op cit., pag. 25.
Nascosto dai corpi dei connazionali uccisi, Jean Paul riuscirà a sfuggire alla furia dei persecutori. In circostanze rocambolesche verrà ritrovato dalla cugina Beatrice, poco più che ventenne. «Averla incontrata fu provvidenziale: ci aiutò inventando quasi dal nulla il cibo per sfamarci, e fu grazie a lei che imparammo a travestirci da ragazze per sfuggire agli Interahamwe interessati soprattutto a sterminare per primi i maschi.» (Op. cit. pag. 30) Mendicando cibo vestiti da ragazzine, trascorrono alcuni giorni in ciò che rimaneva della parrocchia, fino a quando:
«Verso la fine di maggio incontrammo Maria Urayeneza. Come la madre di Gesù è stata visitata dall’angelo Gabriele, quella volta noi siamo stati visitati da Maria di nome e di fatto; fu come se il cielo si schiudesse dinanzi a noi perché finalmente ebbi notizie di nostra madre: “la mamma è viva!” Ci disse. “E’ viva? Davvero o lo dici per tranquillizzarci? Guarda che noi ormai siamo abituati alla morte. Vediamo la gente morire ogni giorno qui…” replicai.
La guardavamo increduli e speranzosi. “Vi assicuro che è viva!” (…) Maria mi assicurò che non solo mia madre era viva ma anche le mie sorelle Enata, Beata e Bernadette e i miei due fratelli Ephrem ed Eugène; l’unico di cui non aveva notizie era mio padre.» (Op. cit. pag. 31)
«L’aiuto e la generosità di Maria acquietarono il rancore che nutrivo nei confronti dei miei vicini di casa di etnia hutu. Il suo sostegno mi aiutò a capire che non tutti gli hutu volevano uccidere i tutsi.» (Op. cit. pag. 32). Sarà proprio una famiglia dell’etnia rivale che proteggerà il piccolo Jean Paul, arrivando a nasconderlo per intere giornate, durante le ispezioni dei persecutori, nell’«intabo», dei contenitori utilizzati per far fermentare le banane, in cui si accucciava per essere ricoperto da strati foglie.
Oltre a Jean Paul, la famiglia di Maria salverà altre 54 persone. In quella casa, «mangiavamo a turni: prima i piccoli e poi i grandi e, per sfamare tutta quella gente, si cucinava due volte. Dopo cena c’era d’obbligo il rosario.» (Op cit., pag. 35)
La vita di Jean Paul è uno strano condominio in cui convivono gioia e dolore, drammi e momenti di grazia, tragedie disumane e Provvidenza che arriva con una puntualità sconvolgente.
In questo strano “condominio”, Jean Paul si salverà, grazie a chi gli permetterà di raggiungere un campo profughi, o a chi gli consentirà di riprendere una vita normale, poi l’arrivo in Italia, e sempre in questo condominio, continuano a convivere sofferenze e incontri provvidenziali come quello con Marie Louise, che lo porteranno a essere ciò che è ora: marito, padre di famiglia, professore di religione, ma soprattutto uomo di riconciliazione e di pace.
«Fra i ruandesi non c’è famiglia tutsi che non pianga qualche vittima, e non c’è famiglia hutu che non abbia qualcuno che ha partecipato al genocidio.
Eppure, Marie Louise e Jean Paul.
La loro storia d’amore ha quella forza simbolica universale che ci fa sperare. (…) Nel caso di Marie Louise e Jean Paul quel cemento proviene di certo dall’amore reciproco, ma anche dalla loro fede cristiana.
Chi volta pagina e inizia a leggere questa storia difficilmente riuscirà a fermarsi e a chiudere il libro. Perlomeno a me è capitato così, ho posato il manoscritto quando albeggiava. Jean Paul mi deve una notte insonne.» (Dalla prefazione del libro curata da Luciano Scalettari, giornalista)
Jean Paul deve una notte insonne anche a me, e per questo non posso fare altro che invitarvi a completare il racconto della sua storia che ho volutamente lasciato incompleta perché ogni pagina merita di essere letta con un’attenzione totale.
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Nonostante la Paura, di Jean Paul Habimana, pubblicato da Terre di Mezzo Editore.
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