FERMENTI CATTOLICI VIVI

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Posts Tagged ‘accoglienza della vita’

Non vedi alternative all’aborto? Al C.A.V. ce ne sono

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 11/10/2015

CAV_01Entrano insieme, giovanissimi, lei con il viso pulito, semplice, un vestitino leggero, nascosta dietro di lui. Una cosa non si riesce a coprire: un pancione in cui da 7 mesi c’è un bambino. Sono Irina e Dimitri (nomi di fantasia), 18 anni lei, 19 lui, vengono dalla Moldavia. Lei non parla l’italiano, non ha documenti, soprattutto è lontana dalla famiglia, con un figlio in arrivo. Lui racconta che qui non hanno nessuno, che la sua fidanzata non è riuscita a farsi fare nemmeno un’ecografia, tantomeno altre visite specialistiche per la gravidanza (non sanno neanche quali siano…). Alla Asl sono stati chiari: senza documenti non possono fare nulla. È per questo che sono arrivati qui, al Cav (Centro assistenza alla vita), dove i volontari cercano di sostenere famiglie e ragazze madri. Persone che non riescono a vedere alternative all’interruzione della gravidanza trovano una mano tesa pronta a far loro considerare altre possibilità.

CAV_02I due fidanzati hanno già deciso di tenere il bambino e di sposarsi appena nascerà. Ma hanno bisogno di aiuto. “Sono molte le coppie che arrivano da noi in queste condizioni – spiega Francesca, responsabile del Cav Ardeatino che si appoggia alla parrocchia di S.Giovanna Antida, a Roma – per questo siamo riusciti a procurarci una macchina per le ecografie. Così insieme a dottori volontari riusciamo a dare anche un minimo di sostegno medico a chi ne ha bisogno”.

I Centri di aiuto alla Vita sono associazioni di volontari, apartitiche, di ispirazione cattolica, considerati come il braccio operativo del Movimento per la Vita. L’obiettivo è quello di aiutare le donne alle prese con una gravidanza difficile o indesiderata, oltre che sostenere giovani madri prive di mezzi o sprovviste delle capacità necessarie per fornire le cure al figlio, in modo da scongiurare l’aborto.

CAV_03Le storie che si possono ascoltare in questo centro sono davvero delle più diverse. Come quella di Celestine, dello Zimbawe, ormai a Roma da 15 anni. “Poco dopo essermi sposata sono rimasta subito incinta. Io e mio marito eravamo felicissimi, lui ha un lavoro, ce la potevamo fare”. Ma quando il piccolo ha due mesi scopre di essere di nuovo in dolce attesa. “Mi è crollata la terra sotto i piedi! Come avrei potuto fare con due bambini così piccoli? Ci sarebbero bastati i soldi? Cosa avrebbero pensato le persone intorno a noi? Non sapevo come dirlo a mio marito… I miei genitori ancora non sanno della mia gravidanza!”. Tramite un’amica è venuta a conoscenza del Cav, che le ha fornito sostegno psicologico per farle accettare il bambino come un dono, perché “un figlio lo è sempre”, dice lei. Uno schiaffo alla cultura dell’egoismo che sembra dominare la nostra società.

Francesca ci dice che spesso diventare madre non è solo un problema economico o sociale per le donne, a volte “hanno bisogno di sentire che hanno qualcuno vicino, che possono essere sostenute”. Mentre ci parla arriva una telefonata: è una ragazza che chiede aiuto, perché tutti intorno a lei, famiglia, ragazzo, amici, le fanno pressioni per farle interrompere la gravidanza. Ipotesi che lei non vuole considerare. Così fissano un primo appuntamento in cui cominceranno a darle il sostegno necessario. “E’ giusto che ogni donna possa esprimere liberamente la propria vocazione alla maternità – commenta Francesca – non è giusto che debba vivere l’esperienza traumatica dell’aborto, soprattutto contro la sua volontà”.

CAV_04Alle spalle dei Cav, diffusi su tutto il territorio nazionale, non ci sono interessi economici, lobby o partiti, c’è solo la volontà di sostenere la Vita; quella del nascituro, della mamma e anche quella di chi ha bisogno di riprendersi dalle gravi conseguenze dell’aborto. Per realizzare tutto ciò è necessaria la collaborazione di tutti, dai benefattori anonimi, che donano denaro, alimenti e corredini per i bimbi, ai medici, gli psichiatri e gli psicologici. Tutti pronti a mettersi a disposizione senza chiedere nulla in cambio. Se non il sorriso di una madre e della sua creatura, felici di non aver ceduto alla tentazione della morte.

(Fonte: http://www.interris.it)

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“C’era un uomo che correva sempre e un bambino che poteva andare solo piano…”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 23/01/2015

Dario_Fani_02Una bella storia, in un bel libro…

In questo libro racconto i primi tre mesi di vita di mio figlio, fra incubatrici, fili, sonde e luci artificiali. Un bimbo prematuro e inatteso. E’ lì che si è deciso cosa sarebbe stato della sua e della mia vita. Se una disgrazia o un’avventura.

Francesco è nato con la sindrome di Down. Davanti al vetro della neonatologia ho cominciato un lungo, appassionato, rabbioso dialogo con lui, ‘colpevole’ di non corrispondere alle mie aspettative.

Prima di lui ero un uomo di ‘velocità’. Ottenevo successi facilmente. Consideravo il dolore l’espressione materiale della sconfitta e dell’infelicità. Attraverso di lui ho capito tante cose.

Le sue iniziali difficoltà mi hanno aperto il cuore e insegnato la modestia e il rispetto per ogni creatura.

Intendo dire che, se io ho messo al mondo mio figlio, lui per certo, attraverso la prova che ha accompagnato la sua nascita, mi ha rimesso nel mondo della vita. Una vita lenta ma senza paura. L’unica vita che ha senso vivere, per quanto banale questo possa apparire ai più.

Dario_Fani_01E grazie a lui ho capito forse la cosa fondamentale: che la sindrome di Down non è una malattia, ma una particolare condizione genetica.

Diventare padre di una fragilità mi ha obbligato a un cambiamento. Sono stato costretto ad appropriarmi di una ricchezza d’umanità che non mi sarà mai più tolta.

Seneca sosteneva che, per quanto sottile sia un foglio, presenta sempre due facce. Mio figlio mi ha permesso di capire quanto ciò sia vero.

Quel cromosoma in più gli permette di realizzare cose che per gli altri sono complicatissime e gli rende complicate (talvolta impossibili) cose che i più considerano elementari.

Ho scritto questo libro per passare agli altri un’esperienza, quella dell‘accogliere la debolezza, la fragilità e l’imperfezione, perché si vince attraversando il mondo insieme ai deboli. Buona lettura”

Dario Fani

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