L’obbligo alla rapidità pervade la nostra vita sin dall’infanzia e l’informatica ha spinto la velocità a livelli irraggiungibili. Si pensi che i tempi dei computer si misurano in nanosecondi, mentre il sistema nervoso è un milione di volte più lento.
Oggi tutti e tutto pretendono risposte rapide: i ragazzi si mandano centinaia di messaggi brevissimi cui rispondere subito, che frammentano il tempo, così come sul lavoro le mail, le interruzioni, il fare contemporaneamente più cose; in strada ogni esitazione è punita con strombetii e insulti, gli esami sono a botte di crocette…e tutto questo fa male al cervello.
Le risposte rapide infatti dovrebbero essere per il nostro cervello solo quelle di sopravvivenza, di emergenza, che richiedono non di pensare ma di agire subito, usando il cervello come fosse limitato e primitivo.
Oggi, oltre alla velocità diffusa, le troppe informazioni inducono a usare il cervello primitivo invece di quello evoluto: occorrerebbe troppo tempo prima di qualunque decisione, se dovessimo vagliare le informazioni per sceglierne una, che è il procedimento dei nostri neuroni prima di una scelta.
Così mettiamo il pilota automatico, e prendiamo di botto e in modo irrazionale infinite decisioni quotidiane, senza il modo e il tempo per pensare.
Siamo sottoposti a uno stress collettivo che intossica i cervelli uniformandoli e impedisce di elaborare associazioni e riflessioni personali.
Ma è dalla riflessione personale che deriva la capacità di comandare l’impulso e di decidere, guardando a un obiettivo anche lontano. Bloccarla significa bloccare l’intelligenza.
La fretta gioca a favore del consumo: vedere, desiderare, comprare. Stufarsi, desiderare ancora, comprare ancora.
La fretta gioca a favore della globalizzazione e dell’uniformazione, che permette il successo dei prodotti in serie, delle catene di edifici tutti uguali, delle poche parole in uso da tutti che comunicano solo realtà senza sfumature.
La fretta gioca a favore dei politicanti, eletti sulla base di suggestioni superficiali: vince l’ultimo che impressiona, perde l’ultimo su cui si sparano critiche.
Documentarsi, verificare, approfondire è andare controcorrente.
La fretta di tutti omologa e sfinisce, proprio perché fisiologicamente malsana.
[Fonte: Frate Indovino di Agosto 2015, Rubrica Costume e Società. Titolo originale: La fretta è sempre una cattiva maestra.]
Una possibile soluzione a questa corsa continua dietro al nulla, che alla fine ci sfianca?
La propone un blog amico: BERESHIT-AMEN. In questo post parla dell’indice interiore di decibel. Cliccate, leggete e poi ditemi se non ha ragione…
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