FERMENTI CATTOLICI VIVI

"Andate controcorrente. Di quanti messaggi, soprattutto attraverso i mass media, voi siete destinatari! Siate vigilanti! Siate critici!" Benedetto XVI

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Posts Tagged ‘anziani’

«Crediamo a noi, non a Dio, cerchiamo quindi di dimenticarlo il più possibile…»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 22/02/2021

Suor Anna Maria, suora del Monastero delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento di Seregno, ci spiega come il Signore, oggi come ieri, ci voglia salvare, ma sempre meno gente sa pregare…

Vale la pena ascoltare le parole sapienti di questa suora centenaria che a dispetto degli anni conserva una freschezza invidiabile.

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«Non ho paura della morte… Vado a vedere il volto di Gesù…»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 31/08/2020

Si chiamava Graziella. Come Anna, la profetessa del vangelo, passava le sue giornate in chiesa. Signorina, aveva sposato un giovane, vedovo con 4 figli per i quali fu mamma premurosa e attenta. Presto Antonio, il marito, fu colpito da una malattia rara e gravissima che lo costrinse per il resto della vita sulla sedia a rotelle. Graziella fu il suo angelo custode. Lo accompagnò, lo curò, lo amò fino alla morte.

Era devotissima del “Volto Santo”, la cui icona si venera a Napoli, nel santuario di Capodimonte. Il giorno 10 di ogni mese partiva con un pullman carico di pellegrini per portarli ai piedi di Gesù. A Caivano, il paese in provincia di Napoli dove viveva, dopo il terremoto del 1980, sorse un quartiere nuovo per dare una casa ai senzatetto. Graziella comprese che quella nuova parrocchia necessitava di essere aiutata e cominciò a frequentarla assiduamente assieme a qualche amica.

Poco tempo dopo fui mandato dal vescovo come parroco. La conobbi che era già anziana. “Che aiuto, potrà darmi questa vecchietta buona e semplice?” pensai. Mi sbagliavo di grosso. Presto Graziella divenne l’anima della parrocchia, la nonnina di tutti. La sua borsa sembrava il cappello del pifferaio, sempre piena di caramelle, oggetti religiosi e il thermos con il caffè per il parroco. Era proprio una di quelle persone belle che tutti vorrebbero incontrare nella vita. Innamorata di Gesù, della Madonna, del Papa, dei sacerdoti.

A volte arrivava piagnucolando. “Che c’è?” le chiedevo. E lei: “Padre Maurizio, Gesù non è amato. Bisogna salvare le anime”. Come i santi mistici soffriva – anche fisicamente – nel constatare che “l’Amore non è amato”. E si dava da fare. Le famiglie la chiamavano al capezzale dei moribondi e dei defunti per essere aiutate a pregare. Gli studenti la cercavano per chiederle preghiere nei tempi degli esami. Morivo dalle risate quando la sentivo pronunciare – era semianalfabeta – il nome dell’esame per cui stava pregando.

In parrocchia presto trovò la sua vera vocazione: la buona stampa. Era lei che si faceva carico della vendita di Famiglia Cristiana e Avvenire. Si metteva all’ultimo banco con il suo carico di giornali. Ogni domenica, tenace, gioiosa, partecipava a quattro Messe e quando non poteva affidava a qualche amica i suoi giornali. Ogni persona che entrava in chiesa era da lei innanzitutto accolta con il sorriso della nonna buona. Poi subito: «Prendete Avvenire, Famiglia Cristiana. Leggete, è importante, dice padre Maurizio».

Gli anni che passavano la invecchiavano nel corpo, ma indomito lasciava il suo animo sempre di più innamorato di Gesù. Una fede granitica. Spesso la prendevo in giro: «Graziella si avvicina l’ora della resa…». E lei: «Non ho paura della morte… Vado a vedere il volto di Gesù…».

Sabato mattina si è sentita male. Prima di essere trasportata in ospedale ha consegnato a qualcuno il ricavato dei giornali venduti pregandolo di farli avere al parroco. Nel giro di poche ore si è aggravata. Don Adriano è corso a darle l’Olio degli Infermi; lei ha partecipato al rito, ha aperto le mani, ha fatto per l’ultima volta il segno della croce. Al termine, mentre recitava l’Ave Maria, ha perso conoscenza. Trasportata a casa gli angeli le hanno messo un bellissimo paio di ali ed è volata via.

Al suo funerale ha preso parte tutto il paese. La Chiesa era strapiena come la notte di Natale. A volte, scherzando, le dicevo: « Graziella, guarda che non sarò io a celebrare il tuo funerale. Ti voglio troppo bene, sono certo che non ce la farei…». E così è stato. Il giorno in cui si è sentita male stavo a letto con febbre, tosse e senza voce. Una grazia. Un sacerdote, figlio della nostra parrocchia, don Adriano appunto, ha celebrato il rito.

E ha voluto ricordare quel lontano giorno del marzo del 1992, quando per la prima volta mise piedi in chiesa. Graziella lo guardò e gli disse: « Giovanotto come sei bello, sei un seminarista?» «Che cos’è un seminarista?» le chiese don Adriano. Talenti. A tutti sono stati dati. Io non so quanti talenti Graziella abbia ricevuto in dono. Una cosa posso dire con certezza: li ha spesi tutti, fino all’ultimo centesimo, per la gloria di Dio e la salvezza del mondo.

Quante “Grazielle” ci sono nelle nostre chiese? A quante di queste persone, semplici, nascoste, umili, abbiamo il dovere di dire grazie?

La comunione nella chiesa non è facoltativa. Al contrario, è alla base del nostro essere cristiani e della efficacia della nostra testimonianza. Nel campo di Dio c’è chi semina e chi raccoglie; chi innaffia e chi concima. Ma è il Signore che fa crescere. Graziella è stata una apostola della stampa cattolica a pieno titolo. Ha reso un servizio alla nostra comunità e alla Chiesa. Gratuitamente e nel nascondimento. È passata nella nostra vita e ci ha fatto tanto bene.

Adesso, ne sono certo, sta pregando per noi e per i giornali che ha venduto per tanti anni. Mi sembra di sentirla ancora: «Prendete Avvenire, Famiglia Cristiana. Leggete, è importante, ha detto padre Maurizio…».

Dall’account Facebook di Padre Maurizio Patriciello

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«La vita va sempre tutelata e amata dal concepimento al suo naturale tramonto»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 07/05/2018

 


“L’amore per gli altri non può essere riservato a momenti eccezionali, ma deve diventare la costante della nostra esistenza”.

“Ecco perché siamo chiamati a custodire gli anziani come un tesoro prezioso e con amore, anche se creano problemi economici e disagi, dobbiamo custodirli.

Ecco perché ai malati, anche se nell’ultimo stadio, dobbiamo dare tutta l’assistenza possibile.

Ecco perché i nascituri vanno sempre accolti; ecco perché, in definitiva, la vita va sempre tutelata e amata dal concepimento al suo naturale tramonto”.

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«Quando andai via e la vidi sorridere, mi sentivo felice, come lo ero stata ben poche volte nella mia vita.»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 29/09/2017

«La prima volta che mi è stato chiesto di andare a fare compagnia agli anziani, io non capivo davvero cosa significasse in quanto ero convinta non servisse a niente passare un’ora a settimana con loro, per renderli davvero felici.

Perciò quando la mia migliora amica Tiffany mi “obbligò” (quasi) ad accompagnarla dai “vecchietti” io ero molto impacciata e non sapevo come comportarmi con loro anche perché, come ho già detto, la reputavo una cosa inutile.

Poi, però, mi misi a guardare gli occhi e i visi di quei vecchietti: quando la mia amica dava loro un bacio o quando raccontava le sue avventure e disavventure quotidiane erano felici, anche se solo per un momento, lo erano perché si sentivano voluti bene, capiti, ascoltati.

Così, quando tornai a casa, riflettei su quanto avevo visto e soprattutto pensai al modo in cui una ragazzina di quindici anni aveva potuto rendere felici per cinque minuti quei vecchietti.

La seconda volta che ci andai la mia amica non c’era, quindi io non sapevo esattamente come comportarmi.

Ad un certo punto vidi una signora seduta da sola, che guardava in basso e che tratteneva a stento le lacrime. Così andai da lei e cominciammo a parlare come se ci fossimo conosciute anni prima, come se fossimo state amiche da tempo.

Lei si fidava di me, mi raccontava i suoi sentimenti, le sue emozioni, i suoi dispiaceri ed io non facevo altro che ascoltare, dirle qualche parola di conforto, spiegarle che io ero vicina a lei.

Parlammo per quasi mezz’ora e alla fine, quando andai via e la vidi sorridere, mi sentivo felice, come lo ero stata ben poche volte nella mia vita. Così cominciai a frequentare molto spesso l’ambiente, con la mia amica, tanto che divenne quasi un impegno, un impegno preso con me stessa.

Quando entro nella Casa delle Piccole Sorelle dei Poveri e faccio una partita a carte con Lina o chiacchiero con Rossana o cerco di far sorridere Francesca o ascolto le barzellette del “cavaliere”, mi sento meglio, più completa, come se cercando di rendere felici quelle persone diventassi io stessa più felice.» (Elisa Fanizza)

(Fonte: http://www.psdp.it/testimonianze)

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“ Li incoraggio a coltivare la virtù contraria al difetto che, senza dirglielo, credo che abbiano”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 09/03/2017

Una storia un po’ lunghetta ma vale la pena perderci qualche minuto per conoscere il nonno che tutti vorremmo avere.

Con questa domanda mia nipote mi ha messo alle corde. Da allora ho sentito la responsabilità di “dare un buon consiglio” ai miei 33 nipoti, e si è rivelata un’attività che ci ha dato molte gioie.

Una delle opere di misericordia spirituale è consigliare i dubbiosi. Oppure, come si diceva una volta, dare un buon consiglio a chi ne ha bisogno.

Tutti noi, in molte circostanze o in diversi momenti della vita, abbiamo bisogno di un consiglio e tutti possiamo e dobbiamo adempire quest’opera di misericordia verso coloro che Dio ci ha messo accanto nel nostro cammino.

Sappiamo bene che non è un compito facile, perché non sempre diamo il consiglio in modo adeguato o nel momento più opportuno, oppure perché chi ne ha bisogno non sempre lo riceve positivamente. Se il nostro consiglio assume la forma di un rimprovero, della solita solfa o di un sermone, più che altro provocherà un rifiuto da parte di chi lo riceve. Ed è assai probabile che la stessa cosa succeda se lo si dà in modo professorale, guardando il destinatario dall’alto in basso. La mia esperienza personale mi dice che il consiglio efficace dev’essere colmo d’affetto e lo si deve offrire in maniera semplice e amabile.

Negli anni, come è successo ad altri, ho avuto numerose occasioni di consigliare diverse persone, anche perché sono un padre di famiglia e quindi ho il dovere di educare i miei figli. Adesso, però, loro sono cresciuti e, anche se non per questo sono esentato dall’accompagnarli nella loro vita, le occasioni sono meno frequenti. Con gli anni, poi, sono venuti i nipoti: una caterva di bambine e bambini incantevoli, che amo profondamente e che mi sento obbligato ad aiutare affinché siano persone eccellenti e veri figli di Dio.

Mia moglie e io abbiamo un debole per i nostri nipoti e siamo orgogliosi che ciò si noti. Loro, d’altra parte, sono tanto buoni che cercano di ricambiare il nostro affetto.

Ogni sabato a mezzogiorno riuniamo tutta la famiglia a casa nostra. Tutti sono liberi di venire o meno, se lo desiderano e se lo permettono i loro impegni. Fino a oggi, grazie a Dio, tutti si sono sentiti a loro agio in questa riunione e la pretendono quando, per qualche motivo, mia moglie e io siamo fuori città. Durante questi pranzi, con grande familiarità, com’è logico, si discute animatamente su diverse questioni: calcio, politica, svaghi, letture, temi religiosi… È una magnifica occasione per conoscerci meglio, per sapere come la pensiamo e per dare idee che facciano riflettere, anche se all’inizio non tutto viene condiviso. A volte sono i nipoti che propongono alcune attività che ci potranno permettere di frequentarci di più e di formarci. Chi avrebbe mai detto che le parole dei nonni avrebbero contato veramente nella loro vita!

Quando si ama una persona, tutto sembra poco; così ho deciso di utilizzare diverse occasioni per dar loro alcuni altri consigli per iscritto.

La prima occasione si è presentata con il nipote più grande, che viveva all’estero e stava per fare la prima Comunione. Gli ho inviato le congratulazioni per posta elettronica, facendo anche alcune riflessioni adatte alla sua età sulla divina Eucaristia, sulla grandezza del momento che avrebbe vissuto, sul dialogo con Gesù in quella occasione, sulle eventuali richieste che poteva fargli, sulla sua promessa di rimanere accanto a Lui e di frequentarlo nella Comunione, sulla necessità di pentirsi e di confessarsi quando qualche volta si fosse allontanato da Lui; infine, dato che è una persona molto affettuosa e lo è ancora oggi che è studente universitario di ventidue anni, gli dicevo che mia moglie e io pregavamo Dio perché diventasse un uomo ogni giorno migliore, un cristiano molto fedele, così che un giorno, fra molti anni, quando ormai né lui né noi saremo in questo mondo, potessimo stare molto uniti e molto felici in Cielo, amandoci moltissimo.

Poi ho continuato la consuetudine in occasione della prima Comunione degli altri nipoti. Ho cominciato anche a inviare loro dei messaggi simili in occasione del sacramento della Confermazione. Uno di loro mi ha telefonato per esprimere il desiderio che fossi io il suo padrino; ho risposto subito con una e-mail, assicurando che mi sentivo onorato e aggiungendo alcune idee sull’importanza del sacramento. L’iniziativa di questo nipote è servita ad altri per fare lo stesso. Oggi sono padrino di Cresima di parecchi nipoti.

Ugualmente mi è sembrato opportuno approfittare dei compleanni per scrivere a quelli che hanno già la posta elettronica. Approfitto di questi messaggi per parlare loro della virtù di cui mi sembra siano dotati e per incoraggiarli a coltivare la virtù contraria al difetto che, senza dirglielo, credo che abbiano. Scrivo loro anche quando ottengono un particolare successo negli studi o nella pratica di qualche sport. Le occasioni che di solito si presentano per scrivere loro, sono le più diverse.

Malgrado internet soglia creare ai padri di famiglia qualche difficoltà con i figli piccoli – bisogna stare all’erta e non essere ingenui –, in casi come questi costituisce un potente strumento per stringere ancor più i legami familiari, ed è anche un mezzo meraviglioso per alimentare le relazioni con gli amici.

Riprendendo il tema della corrispondenza, ricordo l’occasione nella quale sono rimasti a dormire a casa nostre tre nipotine minori di dieci anni. Conversando con loro, una mi ha domandato che cosa voleva dire essere santo. Sul momento ho cercato di dare alle tre bambine una spiegazione alla loro portata, ma in seguito ho scritto per loro, il più chiaro possibile, un paio di paragrafi su questo tema, incoraggiandole a desiderare e a lavorare per essere sante. Li ho stampati e gliele ho dati, raccomandando loro di conservarli e di leggerli spesso. Quando scrivo ai nipoti più piccoli che non hanno la posta elettronica, raccomando di conservare la mia lettera e di rileggerla ogni tanto.

Anche loro mi scrivono in occasione del mio compleanno, della festa del papà, dell’anniversario delle nozze… Quelli con la posta elettronica rispondono sempre ai messaggi. Uno di loro mi ha scritto che ricordava molto bene un riferimento a qualcosa che gli avevo scritto tempo addietro, perché aveva conservato tutte le lettere che gli avevo inviato.

Quando prima ho scritto che i miei nipoti erano una caterva, non stavo esagerando. Attualmente sono trentatré. Per scrivere con regolarità e non dimenticare nessuno, è necessario gestire la corrispondenza con un certo ordine. Perciò nel mio computer ho una particolare cartella per loro. Per ogni nipote ho una sotto-cartella dove annoto le lettere che invio e le loro risposte. Annoto anche le date nelle quali ho scritto a ciascuno.

Superiamo il numero di cinquanta membri, tra mia moglie e io, i nostri otto figli, le nuore, i generi e i nipoti. Siamo una famiglia numerosa, ma non straordinaria; un gruppo assolutamente normale, con vicende positive e negative, con successi e insuccessi, risate e lacrime, virtù e difetti, come in qualunque famiglia. Mia moglie e io abbiamo cominciato questa storia 52 anni fa. Ringraziamo il Signore per tutto quello che ci ha dato e andiamo avanti con ottimismo, fino al giorno in cui Dio permetterà che rimaniamo su questa terra.

Fonte: http://opusdei.org/

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…E aspetto il “grande evento”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 04/02/2015

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Questa bella signora non è l’autrice del commento né del post…

Il 31 gennaio scorso è stato pubblicato sul blog di Costanza Miriano un post bellissimo su due questioni poco popolari, la vecchiaia e la morte.

Innocenza Laguri, autrice dello scritto e collaboratrice del noto blog, ne parlava col coraggio, la lealtà, la chiarezza e la serenità di chi si fa delle domande senza tabù, condividendo le risposte trovate nella fede in Cristo che salva.

Vi invito a leggerlo tutto, qua.

Bello vero?

Quello che mi ha toccato particolarmente il cuore, però è stato il commento di una lettrice, “Franca35”, che vi propongo senza commenti se non il pensiero che vorrei invecchiare proprio come lei.

“Sto vivendo il mio ottantesimo anno: la prima cosa da dire a questo proposito è “grazie”!

Ho appena finito il mio lavoro in parrocchia, quando il 30 novembre scorso il gruppo dei miei ragazzi hanno ricevuto la Cresima.

Ho voluto resistere per portare a termine l’impegno che avevo preso cinque anni fa.

Ora mi sto preparando a un intervento al ginocchio, la cui attesa si è protratta troppo a lungo, diventando difficile da sopportare. Non ne ho troppa voglia, ma lo devo fare.

Vivo i miei giorni facendo quello che posso, non pretendendo troppo da me stessa, godendo delle piccole cose quotidiane con la grazia del Signore nel cuore.

E aspetto il “grande evento”.

Non mi faccio più tante domande, vivo il mio tempo come ho sempre fatto, mi interesso del mondo, che è dono di Dio e del quale facciamo parte anche se non siamo “di questo mondo”.

E prego molto, la mia preghiera spesso non è fatta di parole, ma sono cosciente che tutto il mio essere prega, in qualsiasi momento del giorno e della notte.

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Libro che ho letto anch’io e che consiglio di cuore

Non ho paura, almeno non mi sembra, piuttosto sono curiosa e la mia speranza è piena di gioia, di vera gioia tranquilla, serena, interiore, perché so a Chi ho dato la mia vita.

Gli errori del passato li ho gettati nel cuore dell’Agnello che mi ha perdonato, e ora capisco che niente è stato vano, mi sento circondata dall’Amore che muove il mondo e quando vengono pensieri tristi semplicemente li caccio via. Perché non è lecito essere tristi quando si è di Cristo Signore.

Il dolore fisico spesso debilita, ma dove posso ricorro alla medicina, o porto pazienza in attesa che passi. E ne faccio offerta a Dio per le sofferenze del mondo e dei miei fratelli.

Credo sia importante vivere pieni di vita e di amore sempre, insieme a sorella morte e ai tanti cari amici e parenti che mi hanno preceduta e che sono certa rivedrò nel Suo Regno.

Un grazie a tutti voi di questo blog, a Costanza e Admin e a tutti gli altri, vi seguo sempre con le mie preghiere, mi aiutate molto.

Che Dio benedica i vostri cuori, le vostre famiglie, il vostro lavoro e le belle imprese che portate avanti con entusiasmo. Ciao a tutti, vi abbraccio.”

Roba per persone anziane? Allora perché San Giovanni Bosco proponeva mensilmente ai suoi giovani il cosiddetto “esercizio della buona morte”?

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Un popolo che non rispetta i nonni, non ha futuro, perché non ha memoria

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 04/07/2014

vacchi01Siamo in piena estate.

Come ogni estate, si moltiplicano, a ragione, gli spot contro l’abbandono degli cani, amici a quattro zampe il cui affetto fedele viene ricambiato da crudeli e ingrati abbandoni lungo le autostrade.

Giusto. Giustissimo. Ma perché non fare analoghe pubblicità progresso per i vecchi che in estate, più soli del solito, con meno servizi del solito, vivono, silenziosi, rassegnati, la solitudine che subiscono perché la società di oggi li mette tra le realtà che non si vogliono più vedere?

I nostri vecchi sono meno importanti dei nostri cani?

Anziani, i nuovi “invisibili”. E questo è il periodo dell’anno in cui questo salta più agli occhi. Quando vado da mia zia a fare i consueti “viaggi nel tempo” nell’ora delle visite trovo sempre meno parenti e amici…

vecchi02Un proverbio africano recita: “Quando muore un anziano è come se bruciasse una biblioteca”. E’ vero, non è retorica, per me, ogni volta che sprofondo negli emozionanti racconti dei miei amici vecchietti, è come se leggessi un libro, come se vedessi un suggestivo cinegiornale dell’Isituto Luce.

Ma oggi queste enciclopedie, questi cinegiornali non li vuole consultare più nessuno… Non sappiamo cosa ci perdiamo.

Ce lo ricorda anche Papa Francesco nella sua omelia a Santa Marta del 20 novembre scorso, in cui ci invita a custodire e venerare i nonni.

Noi viviamo in un tempo nel quale gli anziani non contano. E’ brutto dirlo, ma si scartano eh? Perché danno fastidio.

Gli anziani sono quelli che ci portano la storia, che ci portano la dottrina, che ci portano la fede e ce la danno in eredità.

vecchi03Sono quelli che, come il buon vino invecchiato, hanno questa forza dentro per darci un’eredità nobile.

[Ricordo] una storiella ascoltata da piccolo. Protagonista è una famiglia, papà, mamma, tanti bambini e il nonno che, quando a tavola mangiava la zuppa, si sporcava la faccia.

Infastidito, il papà spiega ai figli perché il nonno si comporti così; quindi compra un tavolino a parte dove isolare il genitore.

Quello stesso papà, un giorno torna a casa e vede uno dei figli giocare con il legno. “Cosa fai?”, gli chiede. “Un tavolino”, risponde il bimbo. “E perché?”. “Per te, papà, per quando tu diventi vecchio come il nonno”.

Questa storia mi ha fatto tanto bene per tutta la vita. I nonni sono un tesoro. La Lettera agli Ebrei (13,7) ci dice: “Ricordatevi dei vostri capi, che vi hanno predicato, quelli che vi hanno predicato la Parola di Dio. E considerando il loro esito, imitatene la fede”.

La memoria dei nostri antenati ci porta all’imitazione della fede. Davvero la vecchiaia tante volte è un po’ brutta eh? Per le malattie che porta e tutto il resto, ma la sapienza che hanno i nostri nonni è l’eredità che noi dobbiamo ricevere.

Un popolo che non custodisce i nonni, un popolo che non rispetta i nonni, non ha futuro, perché non ha memoria, ha perso la memoria…

vecchi04Ci farà bene pensare a tanti anziani e anziane, tanti che sono nelle case di riposo, e anche tanti – è brutta la parola ma diciamola – abbandonati dai loro. Sono il tesoro della nostra società.

Preghiamo per i nostri nonni, le nostre nonne, che tante volte hanno avuto un ruolo eroico nella trasmissione della fede in tempo di persecuzione. Quando mamma e papà non c’erano a casa e anche avevano idee strane, che la politica in quel tempo insegnava, sono state le nonne che hanno trasmesso la fede.

Quarto comandamento: è l’unico che promette qualcosa in cambio. E’ il comandamento della pietà. Essere pietoso coi nostri antenati.

Chiediamo oggi la grazia ai vecchi Santi, chiediamo la grazia di custodire, ascoltare e venerare i nostri antenati, i nostri nonni”

(Papa Francesco, omelia in Santa Marta del 20 novembre 2013)

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