Un tale aveva raccolto una serpe irrigidita dal freddo e l’aveva riscaldata mettendosela in seno. Ma questa, appena ripresasi, uccise subito, col suo morso velenoso, il suo benefattore.

Questa favola è di Esopo che visse nel VI sec. a.C. Fu ripresa dal favolista latino Fedro (I sec. d.C.) e poi riproposta anche dal poeta francese La Fontaine (XVII sec d.C.).
Perché tanta insistenza? Forse per ricordare che l’ingratitudine è sempre nascosta nel cuore dell’uomo come una serpe velenosa. La parola ingratitudine ci fa pensare subito a chi lo è nei nostri confronti, ma noi?
L’anno sta terminando. Perché non “rendere grazie” a Dio per tutto ciò che ci ha portato? Per ciò che Dio ci ha regalato?
Anche quando – come questo 2013 – è un anno difficile, pesante, di crisi, a ben riflettere, è sempre molto più ciò che ci offre che ciò che noi diamo.
Dunque perché non ringraziare?
L’ingratitudine è una delle peggiori forme di cecità: la cecità del cuore; l’ingratitudine è “sclerocardia”, durezza di cuore, e ci rende ancora più infelici…
Come fare ad essere grati?
Ce lo insegna un’anziana che, sebbene le batoste della vita non l’avessero risparmiata, presentava un viso sereno e quieto, sembrava completamente al di sopra delle preoccupazioni e molestie che tormentano il vivere quotidiano.
Una donna triste le chiese un giorno il segreto della sua felicità. La bella faccia senile risplendette di gioia e rispose:
“Mia cara io tengo un Libro delle cose liete. Molto tempo fa imparai che non c’è giorno tanto oscuro e tetro che non contenga qualche raggio di luce, e io mi sono fatta un dovere nella mia vita di scrivere tutte le cose che hanno tanta importanza per una donna.
Ho delle agende in cui sono stati notati tutti i giorni e tutti gli anni della mia vita da quando lasciai la scuola. Si tratta solo di piccole cose: il vestito nuovo, le chiacchiere con un’amica, le attenzioni di mio marito, un fiore, una passeggiata nei prati, una lettera, un concerto, una gita; ma tutto va nel mio libro delle cose liete, e quando sono tentata di commiserarmi, ne leggo alcune pagine per vedere che donna felice e fortunata sono. Può vedere i miei tesori se vuole”.
Lentamente la donna bisbetica e scontenta sfogliò l’agenda che l’amica le aveva portato leggendone un po’ qua e un po’ là. L’inizio di una giornata era così:
16 Gennaio – Giovedì
Ho ricevuto una gradita lettera da un’amica.
Ho visto un bel giglio nel prato.
Ho trovato la spilla che avevo pensato di aver perduto.
Ho visto una ragazza così vivace e felice per strada.
Mio marito mi ha portato dei fiori.
Ho finalmente deciso di chiamare quella musona di mia sorella, anche se mi racconta sempre le stesse cose.
“Ha trovato un piacere ogni giorno?”, chiese la donna triste.
“Ogni giorno. Devo dimostrare che la mia teoria è vera”.
Il racconto – vero o leggenda che sia, non importa – racchiude una grande lezione sull’arte di essere: sotto il suo aspetto umile e abitudinario la più normale esistenza quotidiana contiene tutto un insieme di circostanze le quali, vissute creativamente e godute nella loro spirituale bellezza, ci darebbero quella sufficiente dose di felicità a cui il nostro essere aspira.
Come la donna scontenta però, noi ignoriamo questo tesoro nascosto e consideriamo ciò che ci è dato di vivere come una cosa trascurabile e banale, non come un materiale prezioso, come cosa scontata, non come grazia quotidiana.
Allora, al bando bilanci sadomasochistici del 2013 che sta per terminare, ringraziamo Dio e, se non ci riusciamo tanto facilmente…
Che ne dite di comprarci, per il 2014 una bella agenda delle cose liete?
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