Una mattina andai a bussare a un convento di clausura, mi aprì una suora, aveva degli occhi luminosissimi, mai visti invita mia, aveva una gioia contagiosa e sono rimasto scosso, spaventato da una persona come lei perché era FE-LI-CE!
È incredibile questa cosa no? Era davvero felice! È una cosa rarissima. Ho detto: questa la mattiamo sotto una campana di vetro, la esponiamo in un museo; vedere una persona felice oggi, è una rarità.
E quindi da qui nasce questo percorso, questa ricerca che ho chiamato “happy-next”, il prossimo felice, o la felicità del prossimo, un viaggio alla ricerca della felicità.
Ho chiesto a centinaia di persone, insieme al regista Andrea Cocchi cos’è la felicità cosa dovremmo fare noi per diventare gioiosi, anche perché poi la gioia e la felicità sono cose molto contagiose come al contrario la negatività, la bruttezza e la cattiveria.
Concentriamoci nei nostri intenti sulla parte buona del mondo, dell’umanità. In tutto questo ho avuto l’opportunità di scrivere la canzone “Abbi cura di me” che esce anche da queste ricerche. La sensazione è quella di aver distillato in quattro accordi e un pochino di parole una serie di riflessioni, di piccoli aforismi sulla bellezza, sulla vita, sul senso della nostra esistenza, ma anche sul superamento del dolore.
Ho fatto ascoltare questo brano in gran segreto anche alla suora di clausura di cui parlavo prima e lei mi ha dato un’interpretazione bellissima, l’ha definita una preghiera di Dio all’uomo, perché secondo lei, secondo la visione di alcuni teologi, Dio “ha bisogno” del nostro aiuto, anche Dio “è fragile” e noi dobbiamo aiutarlo a compiere la sua opera.
Questo per chi crede è meraviglioso, ma anche per chi non crede è qualcosa che ti scalda il cuore.
Nel documentario, se tutto va bene ho l’onore di poter intervistare Papa Francesco che ho incontrato durante l’udienza generale di un mese fa, e si è dimostrato disponibile a rispondere anche lui a queste poche, semplici domande.
È stato un incontro molto emozionante, ovviamente è una persona fuori dal comune e ha una forza incredibile. Prima di me ha parlato con circa duecento persone e quando è arrivato a me sembrava che fossi il primo. È veramente una persona incredibile, sta facendo davvero tanto bene al di là di quello che si crede o non si crede, è davvero un grande dono all’umanità.
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«È incredibile questa cosa no? Era davvero felice!»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 16/02/2019
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“Santa Teresa mi ha aiutato a vivere il momento presente”
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 31/10/2015
Dal sito http://it.aleteia.org/ Stéphanie, bella, talentuosa, lascia tutto per il convento…
Dopo alcuni anni di discernimento, la giovane professoressa Stéphanie, di 26 anni, ha preso la decisione della sua vita: offrire tutta la sua esistenza a Dio, entrando in convento. Abbiamo parlato con lei qualche giorno prima del suo ingresso nella comunità benedettina dell’Abbazia di Nostra Signora di Pesquié, ad Ariège (Francia).
Aleteia: Quando ha scoperto la fede?
Stéphanie: Non sono mai arrivata a “perdere la fede”. Dopo la morte di mia sorella la mia fede, che era mezzo addormentata, si è risvegliata. Ho iniziato a credere profondamente e a voler progredire a livello spirituale nella mia vita. Ho perso una sorella nel 2005, mentre stava andando alla Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia. Quell’evento è stato senz’altro cruciale per il mio discernimento. La sua morte è stata un vero punto di svolta nella mia vita spirituale. Mi sono resa conto dell’importanza della nostra vita; che stiamo sulla Terra per un tempo limitato, che veniamo da Dio e un giorno vorremmo tornare da Lui. Vengo da una famiglia cattolica molto religiosa, ma penso che fino a quel momento andavo in chiesa più per routine e mimetismo che altro.
Aleteia: Quando ha iniziato ad affacciarsi l’idea di entrare in convento?
Stéphanie: Qualche anno dopo, nel 2008, dopo un pellegrinaggio, ho sentito un’attrazione per Dio durante la Messa e un forte desiderio di amarlo. Da quel momento ho vissuto con la sete di assoluto. L’idea di dedicare la mia vita a Lui ed entrare in convento è diventata più pressante. Ho sentito un vero amore per Dio, come se mi innamorassi di Lui. Avevo bisogno di andare a Messa tutti i giorni, di trascorrere del tempo con Lui. Questo grande desiderio è durato solo qualche mese. Sono passati gli anni. Avevo messo da parte la questione, anche se di tanto in tanto ritornava. Ho iniziato a lavorare come professoressa e conducevo la mia bella vita parigina. Ero felice, ma non completa. Con il tempo, il desiderio di mettere Dio al centro della mia vita è aumentato. Ho iniziato a pregare tutte le mattine chiedendo a Dio di aiutarmi a orientare la mia vita. Poi ho fatto un ritiro, e il mio direttore spirituale mi ha chiesto perché non offrivo la mia vita a Dio. L’idea non mi aveva mai abbandonato del tutto, e dopo di allora è diventata evidente. Ma questa evidenza era vertiginosa! Avevo sete di Dio, ma la decisione di fronte a una scelta tanto radicale non è stata affatto facile.
Aleteia: Chi è stato il primo a conoscere la sua decisione?
Stéphanie: Sono andata a informare la direttrice della scuola, ancor prima di dirlo alla mia famiglia o al mio direttore spirituale! È rimasta a bocca aperta. I miei genitori hanno accolto la notizia con allegria ed emozione, pur sapendo che d’ora in poi ci vedremo di meno, ma ammiro il loro coraggio e la loro fede. Mia madre mi ha sempre detto che vedeva i figli come un dono di Dio e che alla fine dei conti i figli appartengono a Lui.
Aleteia: Qualche santo l’ha ispirata in questo percorso?
Stéphanie: Santa Teresa mi ha aiutato a vivere il momento presente. Con lei ho preso coscienza della mia piccolezza davanti all’amore di Dio. Anche San Benedetto mi ha guidato da quando ho preso questa decisione il giorno della sua festa. Mi piace particolarmente la preghiera di abbandono del beato Charles de Foucauld, e cerco di recitarla tutti i giorni.
Aleteia: Cosa pensa della vita che sta per lasciarsi alle spalle: il divertimento, la quotidianità, i rapporti affettivi… Non le mancheranno?
Stéphanie: No. E ad essere sincera mi sembrava tutto un po’ superficiale. Non è in questo che si trova la felicità, ma nelle relazioni profonde. La mia fede mi porta a non vivere in modo superficiale, perché non è in questo che è Dio. I momenti con la mia famiglia e i miei amici mi mancheranno e sono consapevole di rinunciare a molte cose, ma so che nell’abbazia troverò l’essenziale. È vero che agli occhi degli uomini abbandonare la vita in società forse è una follia, ma non lo è agli occhi di Dio.
Aleteia: A suo avviso, cosa offrono le religiose alla società?
Stéphanie: Le monache si allontanano dal mondo e allo stesso tempo sono molto presenti in esso. Si tengono aggiornate sull’attualità e non perdono l’occasione per pregare per tutta l’umanità. Le loro preghiere sono importanti. Sono vere sentinelle dell’Invisibile: nessuno le vede, ma anche così sono essenziali per la società. Viviamo in un mondo individualista, senza punti di riferimento, che ha bisogno più che mai della presenza spirituale e della preghiera dei religiosi.
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