FERMENTI CATTOLICI VIVI

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Posts Tagged ‘Comunità Cenacolo’

«Eravamo complici nel male; ancora adesso la gente se ci incontra si spaventa e cambia strada…»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 14/08/2021

La commovente testimonianza di Luca e Davide, a Medjugorje.

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«La mia vita si stava spegnendo e ho gridato a Dio: se ci sei salvami!»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 07/04/2021

Suor Paola Datta, missionaria in Liberia, racconta il suo incontro con Dio.

«Anche se sei caduto nel fango, c’è sempre quel diamante da togliere dal fango.»

«Mi sono sentita infinitamente amata!»

«Ringrazio tanto per il dono dell’amicizia in comunità. perché è l’amicizia vera, non è quella che ti dice – prendi l’antidepressivo che ti passa – ma che ti dice – Ok, proviamo a ricostruire insieme la tua vita. E quello che ha risolto in me è la preghiera, mettersi in ginocchio davanti a Dio Creatore.»

«La vita quando non si riferisce a un Creatore è orfana, sei abbandonato, sei solo, sei vuoto. Io ringrazio perché mi hanno detto – adesso prova a pregare.»

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«Avevo sempre nascosto la verità di me stessa a me stessa.»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 27/08/2019

La storia di Valentina, una ragazza che ha ritrovato la vita in Gesù nella Comunità Cenacolo. Preghiamo per lei?

Quando sono entrata in comunità non sapevo di essere una ragazza ferita perché avevo sempre nascosto la verità di me stessa a me stessa; credevo, così, di essere forte quando in realtà ero bloccata e piena di paure.

Grazie all’aiuto delle sorelle ho iniziato ad aprirmi e così a far entrare Gesù nelle mie ferite. Una di queste è sicuramente legata a mia mamma, che si è ammalata di cancro quando avevo tredici anni. A casa non c’era dialogo e “schiacciavo” tutto quello che vivevo, facendo finta che tutto andasse bene; mi chiudevo nei miei silenzi e nella musica, creandomi così il mio mondo dove non lasciavo entrare nessuno per non soffrire.

Crescendo, iniziavo a frequentare amicizie sbagliate e, invece di essere matura e aiutare in casa, mi chiudevo sempre di più. Approfittavo della malattia di mia madre rubando le sue medicine per “divertirmi” e fare poi quello che volevo. Quando poi lei è morta, me ne sono andata via di casa, credendo così di essere libera e indipendente.

Oggi capisco che volevo solo scappare da me stessa e dai pesi e sensi di colpa che mi portavo dietro.

In poco tempo sono arrivata a essere dipendente dalla droga fino a perdere tutto: il lavoro, le amicizie e la mia dignità, finché un giorno, grazie ad un’amica, sono riuscita a chiedere aiuto ai miei fratelli, che mi hanno portato in comunità.

Qui l’amore della Madonna e di Gesù per me si è fatto concreto nella pazienza delle sorelle, che mi stanno aiutando ad abbracciare la mia storia e a credere che in quello che mi è successo c’è un disegno di Dio.

Ora so che è anche grazie a mia mamma che dal cielo ha pregato per me che sono arrivata qui, e sono felice di poter donare me stessa ogni giorno imparando ad amare chi mi sta vicino.

Ringrazio la comunità perché grazie alle lotte e ai superamenti quotidiani sto imparando ad aggrapparmi a Dio e a sentirmi figlia amata.

(Fonte: Periodico “Resurrezione”, Pagine d’incontro della Comunità Cenacolo – Saluzzo, Anno XXXIII, n. 2, Giugno 2018, Pagg. 14 e 15)

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«Non preoccuparti, mamma, tuo figlio ce la farà: la tua fede l’ha salvato!»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 06/12/2017

Sono Andrea e ho trent’anni. Quando sono nato a Perugia mia madre aveva diciannove anni, e per occuparsi di me smise di studiare. Dopo due anni scoprì che mio padre la tradiva e che era tossicodipendente; tuttavia, io ero un bambino sereno, stavo spesso con i nonni perché mia madre lavorava.

A cinque anni mia madre incontrò un altro uomo: per stare con lui e allontanarci dai problemi siamo andati a vivere a Marsiglia, in Francia. Essendo piccolo non capivo questo cambiamento, non avevo punti di riferimento e tutto era nuovo sia per me che per mia madre; ricordo che a volte piangevo perché volevo ritornare in Italia.

Dopo due anni nacque mia sorella: tutte le attenzioni erano orientate su di lei e io mi sentivo solo e trascurato. Dentro di me sentivo crescere fortemente il rifiuto verso mio padre a causa del suo abbandono, e anche questo mi ha portato ad essere sempre più irrequieto e bugiardo. Nonostante questo mondo interiore già sofferente, a scuola sapevo farmi accettare da tutti.

Quando la sorella minore di mia madre morì a causa della droga avevo dieci anni: ero il suo primo nipote e l’amavo tanto. Per la mia sensibilità non riuscii ad accettare la sua morte e iniziai a ribellarmi in famiglia, litigando spesso con mia madre che ritenevo responsabile di tutti i miei problemi.

A tredici anni iniziai a frequentare ragazzi più vecchi di me che mi portarono a fare le prime esperienze con l’alcool, la droga… Per non sentirmi inferiore a loro, anzi, per sentirmi più forte ho iniziai a rubare e a spacciare. La mia voglia di indipendenza mi faceva spesso cambiare scuola e lavoro perché rifiutavo qualsiasi forma di autorità.

Dopo una forte delusione affettiva iniziai con le droghe pesanti: non credevo più nell’amore. Tradivo chiunque mi desse fiducia, diventando violento e falso, mentendo anche a me stesso. Ebbi problemi con la polizia che mi arrestò per spaccio. Decisi così di tornare in Italia per “girare pagina”.

Mio nonno cercava di aiutarmi facendomi fare dei colloqui in varie comunità, nonostante io non volessi. Dopo diversi anni, ritrovai un giorno per strada mio padre in pessime condizioni. Confrontandomi con lui, capii che ciò che avevo cercato in quegli anni nelle false amicizie e nelle cose del mondo era quello che non avevo avuto da lui: il suo amore. Mi ritrovai a vivere una vita fatta di illusioni, schiavo di una sostanza e pieno di paure.

Pensando a mia zia in cielo, gridai a Dio per chiedergli aiuto.

Tornai da mia madre che nel frattempo si era convertita; lei mi fece conoscere un sacerdote che mi indicò la Comunità Cenacolo come mia unica speranza. Fin dai colloqui e dalle giornate “di prova” sentii che avevo trovato il mio posto, grazie ai sorrisi dei ragazzi e all’amore di un’anziana suora, suor Piera, che a mia madre disse: «Non preoccuparti, mamma, tuo figlio ce la farà: la tua fede l’ha salvato!».

Sono entrato nella fraternità “Pastorelli di Fatima” a Pagno. Il primo anno è stato molto difficile, ma il sostegno dei fratelli mi ha dato la forza di andare avanti. Piano piano mi sentivo sempre meglio. Iniziavo a riaprire gli occhi accorgendomi delle cose belle della vita. I fratelli, con la loro amicizia, mi hanno insegnato a non scappare più davanti alle difficoltà, ma a mettermi in ginocchio affidando tutto a Dio.

Attraverso i nostri sacerdoti nel sacramento della Confessione ho incontrato la Misericordia del Signore ed il Suo perdono.

Dopo un anno sono stato trasferito a Lourdes, dove sono rimasto per più di tre anni “vicino” alla Madonna. In questo luogo benedetto, attraverso i vari impegni quotidiani, la vita di fraternità e l’amore di Maria, ho trovato finalmente il senso della mia vita. Ho capito che per essere felice dovevo donarmi agli altri. Facendo l’“angelo custode”, aiutando i ragazzi giovani a ritrovare una vita piena di speranza e di gioia, ho imparato anch’io a portare la mia croce ogni giorno con il sorriso. Alla grotta di Massabielle ho sempre trovato la pace nei momenti di lotta, l’amore e la consolazione di una buona Madre che mi ha fatto sentire di essere un figlio suo amato.

In questi anni ci sono stati tanti miracoli: uno dei più grandi è stata l’esperienza con mia madre, nella quale abbiamo potuto condividere tutto il nostro passato; l’altro miracolo è stato aver ricevuto una lettera da parte di mio padre in cui mi chiedeva perdono. E poi, la possibilità di poter passare una giornata in Comunità insieme a lui, dandogli quell’abbraccio di perdono che Madre Elvira ci ha insegnato.

Ringrazio Madre Elvira per il suo sì che mi ha ridonato la gioia di vivere e tanti desideri puliti. Qui ho imparato ad accogliere la croce, abbracciando la mia vita e quella di chi vive con me.

(Fonte: sito ufficiale della Comunità Canacolo)

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