FERMENTI CATTOLICI VIVI

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Posts Tagged ‘conversione al Cattolicesimo’

«Ho scoperto che le leggi della Chiesa, che una volta percepivo come una serie di leggi limitanti, erano regole d’amore.»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 15/03/2023

Una cosa sulla quale non ho mai concordato con i miei compagni di ateismo era l’idea di significato. Gli altri atei che conoscevo sembravano pensare che la vita fosse piena di scopo malgrado il fatto che non siamo altro che reazioni chimiche. Io non ci sono mai riuscita. Pensavo che tutta quella linea di pensiero fosse non scientifica, e anche disonesta a livello intellettuale. Se tutto ciò che chiamiamo eroismo e gloria, e tutto il significato dei grandi successi umani, può essere ridotto a qualche neurone nel cervello umano, allora tutto è destinato a estinguersi con la morte.

Riconoscevo la verità per cui la vita era senza senso, e tuttavia continuavo ad agire come se la mia vita avesse senso, come se tutta la speranza e tutto l’amore e la gioia che avevo sperimentato fossero qualcosa di reale, qualcosa di più di un miraggio prodotto dagli elementi chimici presenti nel mio cervello. Il suicidio mi era passato per la testa – non perché fossi depressa nel senso comune del termine, ma semplicemente perché sembrava che non fosse altro che affrettare l’inevitabile.

Un anno dopo la laurea ho conosciuto sul lavoro Joe. Era cresciuto in povertà, allevato da una madre single, e aveva studiato a Yale, alla Columbia e a Stanford. Chi lo conosceva diceva che era une delle persone più intelligenti che avesse mai incontrato. Quando abbiamo iniziato a uscire insieme, quindi, ero elettrizzata. La nostra vita insieme era migliore di quanto potessi immaginare: viaggiavamo per sfizio, andavamo nei ristoranti migliori, volavamo in prima classe e facevamo feste epiche sul tetto del suo loft in centro. Le nostre carriere, inoltre, stavano decollando, per cui il futuro lasciava intravedere solo soldi e successo.

Eravamo una coppia perfetta. L’unica cosa sulla quale non la pensavamo allo stesso modo era la religione. Qualche mese dopo aver iniziato a uscire, è saltato fuori che Joe non solo credeva in Dio, ma si considerava cristiano. Non capivo come qualcuno perfettamente capace di pensare in modo razionale potesse credere in favole come quelle del cristianesimo. Credeva anche a Babbo Natale?

Questo, ad ogni modo, non creava problemi tra noi, visto che avevamo lo stesso codice morale di base, lui non praticava quella fede bizzarra in modi evidenti e soprattutto io non volevo pensarci. Quando usciva il discorso di Dio, qualcosa dentro di me faceva un passo indietro. Avevo costruito tutta la mia vita sul fatto di non pensarci. Avevo seppellito quel pensiero così profondamente che non era più un concetto specifico, ma una conoscenza oscura, fredda e amorfa che dovevo evitare.

Joe ed io ci siamo sposati nel 2004. Il piano era che il matrimonio sarebbe stato solo un trampolino nella via che stavamo già percorrendo, ma poi sono rimasta incinta, e tutto è cambiato.

Sono saltati fuori tutti i vecchi pensieri sulla mancanza di senso, e questa volta non c’era modo di rispedirli nel dimenticatoio. Ora che avevo un bambino, sentivo che la mia vita aveva più significato che mai, ma senza le solite distrazioni la questione mi è crollata addosso: non c’era nulla di trascendente nella vita di mio figlio, nella mia vita o nell’amore che provavo per lui. Condivideva il nostro stesso destino: vedere tutta la sua esistenza cancellata a causa della sua inevitabile morte.

Per settimane sono uscita a malapena dal letto. Una combinazione di notevole privazione di sonno e depressione mi aveva lasciato in stato quasi catatonico. Una mattina, però, mentre guardavo il bambino nella luce che precede l’alba che filtrava attraverso la finestra, ho sentito qualcosa di nuovo in me. Non era disperazione. Era un sentimento insolito ma gradito.

Pochi mesi dopo mi sono imbattuta in un libro cristiano. Non ero mai stata nella sezione “Religione” di una libreria, men che meno avevo mai letto niente sul cristianesimo. Avevo preso quel libro solo perché l’autore affermava di essere un ex ateo. Ho trovato le sue idee chiare e fondamentalmente ragionevoli. Non riuscivo a mettere giù quel testo, e ho finito per comprarlo (dicendo al cassiere che era un regalo per un amico).

Avevo sempre considerato Gesù una sciocca favola. Un pomeriggio, poco dopo aver finito il libro, sono stata colta di sorpresa da un pensiero: e se fosse vero? E se ci fosse davvero un Dio?

Volevo mettere da parte quei pensieri, ma non ci riuscivo. Tutto ciò che dovevo fare, mi dicevo, era conoscere un po’ di più il cristianesimo per notare le ovvie mancanze nella sua teologia e poter poi andare avanti.

Ho comprato un altro libro cristiano, Il cristianesimo così com’è di C.S. Lewis, ma purtroppo non mi avrebbe aiutato a liberarmi da quella religione. Lewis era ragionevole e ovviamente intelligente, e il suo libro era uno dei più chiari che avessi letto da molto tempo.

Alla fine ho ceduto e ho comprato una Bibbia, la prima che avessi mai posseduto. Ero sconcertata da quello che leggevo. Joe mi ha incoraggiata a leggere la seconda parte del libro, il Nuovo Testamento, spiegandomi che era lì che entrava in scena Gesù. Non mi ha aiutato. Non c’era alcuna chiamata chiara all’azione e non sapevo come interpretare la maggior parte dei messaggi, così come apparentemente non lo sapeva nessuno. Cercando su Internet se la Bibbia diceva che aborto, eutanasia, clonazione umana e altre questioni fossero giuste o sbagliate, ho trovato tante risposte diverse quante le persone che le esprimevano, con ciascuno che citava versetti biblici per sostenere il proprio punto di vista. Allo stesso modo, non sapevo in quale chiesa recarmi se volevo fare delle domande. Nella mia comunità c’era di tutto, dalla Chiesa di Cristo ai testimoni di Geova, dai battisti conservatori alle Chiese anglicane liberali, e ciascuno affermava di basarsi sulla Bibbia, pur essendoci posizioni drasticamente diverse su ciò che fosse peccato.

Questo era un grande problema. Se Dio è tutto ciò che è buono, allora definire ciò che cattivo – ad esempio il peccato – è definire i confini stessi di Dio. Era un nonsenso suggerire che la sua religione fosse confusa sulla questione. Avevo trovato ciò che cercavo: la mancanza che mostrava che il cristianesimo non aveva senso.

Poco dopo, qualcuno che avevo conosciuto su Internet mi ha detto che avevo approcciato tutta la questione da una prospettiva molto moderna e distintamente americana, e che la tradizionale comprensione del cristianesimo era del tutto diversa. Ha suggerito che Gesù aveva fondato solo una Chiesa prima di lasciare la terra e che le aveva dato un potere soprannaturale di modo che articolasse bene la verità su cos’era positivo – e quindi su cosa sia Dio – per tutti i tempi e tutti i luoghi. Come se non fosse una cosa abbastanza pazza, stava parlando della Chiesa cattolica!

Sia Joe che io abbiamo tentennato. Joe affermava che il cattolicesimo non era vero cristianesimo, e io sapevo che la Chiesa era un’istituzione arcaica, oppressiva e sessista. Oltre a questo, l’idea di persone dotate di potere soprannaturale era solo sciocca.

Ho notato tuttavia qualcosa: quasi tutte le persone che mi avevano colpito con la loro capacità di difendere la fede solo con la ragione, sia autori famosi che persone on-line, erano cattoliche. Più ci facevo attenzione, più notavo che la tradizione intellettuale cattolica era una delle più grandi al mondo. Ho iniziato a leggere libri di autori cattolici. Mi dicevo che non ero interessata al cattolicesimo e cercavo solo qualcosa di buono da leggere, ma non riuscivo a non ammettere che quelle persone sembravano avere una comprensione del mondo e dell’esperienza umana che non avevo mai riscontrato prima. Erano aggrappati solidamente alla scienza e al mondo materiale quanto gli atei, ma possedevano anche una conoscenza dei movimenti dell’animo umano che risuonava come vera nel più profondo del mio essere.

Ho scoperto che le leggi della Chiesa, che una volta percepivo come una serie di leggi limitanti, erano regole d’amore. Tutto questo ha cambiato in meglio me, la mia vita, il mio matrimonio.

Io e Joe siamo stati accolti nella Chiesa cattolica. Tre giorni prima, ho fatto la mia prima confessione. Non avrei mai potuto immaginare l’impatto che ha avuto su di me sentire i miei peccati proclamati a voce alta, ma neanche quello delle parole pronunciate dal sacerdote a nome di Dio, che ero perdonata. Sono uscita dal confessionale stordita.

La sera dopo la mia prima confessione, ho capito che l’oscurità dentro di me non c’era più. Al suo posto c’erano una grande pace e un inequivocabile sentimento d’amore. Per la prima volta, ho sentito la presenza di Dio.

(Fonte: Sito di Radio Maria)

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Quando i riflettori della grazia furono più potenti di quelli della Warner Bros…

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 28/05/2019

Direste mai che è la frase pronunciata da una delle maggiori star di Hollywood tre volte premio Oscar?

E’ una storia un po’ lunghetta ma che va giù tutta d’un fiato e che ci mostra come, una moglie e due amici cattolici ferventi, che per una vita hanno dato un esempio coerente, abbiano portato Gary Cooper ad abbracciare il cattolicesimo.

Neppure un flash fu scattato  nella piccola chiesa del Buon Pastore a Beverly Hills (Hollywood) quando il 9 aprile del 1959, sul capo ormai argenteo di un distinto signore, scendeva silenziosamente, come la grazia nel suo cuore, l’acqua rigeneratrice del Battesimo.

Migliaia di fotografi sarebbero accorsi per cogliere quel momento se l’avessero saputo: uno degli uomini più in vista d’America, il celeberrimo attore del cinema statunitense, faceva l’abiura della Chiesa Episcopaliana per entrare nella Chiesa Cattolica.

(…) Novanta film e tre premi Oscar ne avevano fatto, dopo 35 anni di carriera ininterrotta, uno dei più popolari attori dello schermo. (…) Dopo essere stato travolto [dal successo holliwoodiano], si era tirato fuori abbastanza presto dal turbine di Hollywood.

Non era tagliato per le sregolatezze e le fasullerie di quel mondo di cartapesta. Non aveva nemmeno imparato a bere. Ballava male, pestando i piedi alla compagna. Una volta li pestò con più insistenza del solito a una ragazza, Veronica Balfe, che resistette meglio delle altre, e Gary la sposò.

Veronica era figlia di industriali, gente solida e timorata, che non videro di buon occhio l’ingresso di un attore, per quanto famoso, nella loro famiglia. Ma dovettero ricredersi perché Gary fu un marito ottimo; infatti il suo è stato l’unico matrimonio (o quasi l’unico) di Hollywood che ha resistito fino in fondo.

Ciò non vuol dire che non abbia avuto scossoni. Dall’avventura con Lupe Velez, Gary uscì disfatto fisicamente e moralmente. Egli ci naufragò perché era disarmato, ma ne uscì secco come una lucertola, pieno di rimorsi puritani e col terrore di essere diventato un «play boy» come ce n’erano tanti in quella specie di Sodoma di celluloide.

Ma la moglie era cattolica, una cattolica convinta e praticante. Non avrebbe mai consentito al divorzio. Di qui il diminutivo di Veronica, Rocky, che vuol dire rocciosa, con cui la chiamava il marito. (…)

Quando si convertì al cattolicesimo (i suoi genitori erano quaccheri), egli era al vertice della sua carriera artistica. È facile immaginare l’impressione suscitata negli ambienti holliwoodiani, ma per quanti lo conoscevano più intimamente, non fu una sorpresa: già da tempo si parlava di questa possibilità.

L’amicizia con altri due notissimi esponenti del cinema americano, Bing Crosby e Irene Dunn, entrambi ferventi cattolici e membri dell’associazione dei Christofers, l’avere egli sempre dimostrato interesse per i problemi religiosi, la delicata e intelligente opera della moglie e il suo esempio di vera cristiana facevano prevedere che un giorno il re dei cow boys avrebbe abbracciato la piena fede nella Chiesa di Roma.

Egli era stato ricevuto una prima volta da Papa Pio XII nel 1953; venne poi ricevuto un’altra volta, con la moglie e con la figlia, nell’anno della conversione che avvenne, come lui stesso confidò a un amico, «dopo avere a lungo riflettuto».

Ai giornalisti, che subito dopo la notizia si precipitarono in folla a chiedergli dichiarazioni sull’avvenimento, Gary rispose molto semplicemente che la cosa riguardava soltanto la sua coscienza e non intendeva farne una speculazione pubblicitaria. Con queste parole rivelava ancora una volta la sua vera personalità. 

Egli non tradì mai il suo «tipo», neppure nell’ultimo periodo della sua vita, quando ebbe a subire la prova del fuoco nella malattia che lo condusse alla tomba il 13 maggio 1961. 

La fede cristiana, accettata nella sua pienezza, era giunta in tempo a sostenere l’eroe candido e gentile, forte e leale, nella battaglia decisiva per la conquista dell’eternità.

La resistenza di Gary [nella malattia] aveva qualcosa di eccezionale. I medici dissero che altri, al suo posto, sarebbero stati vinti dalla malattia molto prima di lui. Guardava serenamente al suo passato e alla morte che si profilava quanto mai vicina. Diceva: «Ho avuto una vita felice. Non potrei chiedere altro che morire serenamente come ho sempre desiderato».

Nel corso della malattia ricevette più volte i sacramenti. Alcuni giorni prima della morte, in occasione del suo compleanno, rifiutò i sedativi per essere pienamente sveglio e consapevole.

La sua fine era imminente quando gli venne l’ultimo riconoscimento dal mondo del cinema, il terzo Oscar. Il volto magro di James Stewart, che ritirò a nome suo l’ambita statuetta d’oro, apparve in primo piano su milioni di teleschermi americani rigato di lacrime quando disse: «Cooper, con questo Oscar ti manifestiamo la nostra amicizia e il nostro affetto, l’ammirazione e il profondo rispetto di noi tutti. Siamo orgogliosi, molto orgogliosi di te.»

Il malato seguiva la trasmissione sul video della sua casa e rispose all?amico: «Ho avuto tante soddisfazioni nella vita, ora vorrei tanto morire bene.» E alla moglie ripeteva: «Voglio morire bene, sia come uomo che come cristiano.»

Tre giorni prima della fine Gary Cooper aveva ricevuto in piena coscienza l’Unzione degli Infermi. Visto il parroco Sullivan accanto al suo letto, gli sorrise con grande dolcezza. La sofferenza scavava un solco inarrestabile sul suo volto; dolori terribili gli mordevano le carni.

Poco prima del trapasso mormorò: «Sia fatta la volontà di Dio.» A un tratto mosse a fatica le labbra e disse a mezza voce: «Signore aiutami a morire senza paura». Poi chiuse gli occhi in un sonno che era già mortale.

I riflettori della grazia hanno battuto quelli della Warner Bros e della Paramount, illuminando la pagina più bella della vita del vecchio e amato cow boy.

(Tratto da «Uomini incontro a Cristo», Edizioni Pro Civitate Christiana, Assisi, a cura di Giovanni Rossi)

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«Sono così riconoscente di essere a casa…»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 12/01/2018

L’incredibile storia di Catherine Quinn: l’abuso, l’abbandono dei genitori, il paganesimo, l’ateismo, una vita dissoluta e poi, quando tutto sembrava perduto e senza senso, quel seme di Cristo che era stato piantato da bambina comincia lentamente a spuntare e a portare i suoi frutti.

Il racconto è un po’ lunghetto ma vale la pena prendersi del tempo per leggerlo fino alla fine. E’ una bella storia.

«Mentre crescevo non sono stata avvicinata a Dio o alla Chiesa cattolica. Sapevo che i miei nonni erano cattolici, ma nessuno ne parlava, e io non sapevo nemmeno cosa volesse dire essere “cattolico”.

A causa di un terribile abuso sono stata portata via da casa mia a nove anni. Ho vissuto in una struttura di accoglienza per un weekend, in orfanotrofio per otto mesi e poi, quando si è liberato un posto in una casa affidataria, sono andata lì, fino ai dodici anni.

Il tribunale ha poi ordinato a mia madre di prendermi, ed è così che ci siamo incontrate. Dopo essere andata ad abitare con lei, un giorno mi sono imbattuta in un gruppo di cristiani al parco. Non hanno detto niente, mi hanno semplicemente invitato in chiesa. Sono andata, ho conosciuto la moglie del pastore e lei mi ha parlato di Gesù. All’epoca non sapevo nemmeno cosa fosse un protestante. Non sapevo cosa fosse un ateo, ma quando sono tornata a casa e ho parlato a mia madre di Gesù ho capito subito che non approvava Dio. Affatto.

Nonostante continue derisioni, ho continuato ad andare in chiesa. Ero come ipnotizzata e tanto felice, e speravo di riuscire a dimenticare il mio passato. Volevo saperne di più.

A 14 anni, senza alcun preavviso, mi è stato detto che sarei stata rimandata a casa di mio padre. Non ho avuto alcuna possibilità di salutare gli amici che avevo conosciuto a a scuola o la chiesa che amavo. Mia madre non voleva essere una madre.

A casa di mio padre non avevo una chiesa né amici, e gli abusi continuarono, arrivando all’abuso sessuale.

Mi ha cambiato. Mi sono arrabbiata con Dio per non aver risposto alle mie preghiere, per non avermi aiutata. Ero infuriata con mio padre. Ero di nuovo infelice. A diciassette anni non ce la facevo più, e quindi sono scappata.

Ho incontrato un gruppo di persone che credevano nelle divinità pagane, una cosa nuova per me. Mi sono avvicinata anche all’ideologia femminista.

In questo gruppo non ho mai provato la gioia che avevo provato con Gesù, ma mi è stato detto chiaramente che non esisteva. Il cristianesimo era una religione falsa costruita sulla fede pagana, mi dicevano, e indeboliva e odiava le donne. I cattolici, affermavano, erano i peggiori trasgressori. Mi parlavano di scrittrici come Simone de Beavoir, Gloria Steinem, Camille Paglia…

Per una ragazza perduta di 17 anni è stato l’inizio di una spirale lunga e distruttiva. Non esisteva alcuna legge morale reale. “Non fare del male a un’altra persona, ma fai qualsiasi cosa ti piaccia” era l’unica linea guida. Ma anche questo non veniva rispettato. Tutto poteva essere permesso. Senza limiti. L’omosessualità andava bene, l’immoralità sessuale anche, e lo stesso valeva per la contraccezione, l’aborto, qualunque cosa si desiderasse. Gli stili di vita tradizionali, poi, erano criticati.

Le donne non si sostenevano a vicenda, ma si distruggevano regolarmente, aderendo però sempre alla regola matriarcale. Gli uomini diminuivano. Il divorzio, i rapporti aperti e un mucchio di altre cose erano la norma. Le conseguenze non venivano considerate minimamente, le regole non si applicavano e non ti veniva chiesto nulla. Era un “paradiso” edonista.

Solo per grazia di Dio non sono stata coinvolta in molte di queste cose, ma le vedevo continuamente. Piano piano ho cominciato a credere alla menzogna, con conseguenze disastrose per la mia anima e per la mia salute mentale ed emotiva.

Quando avevo 34 anni – dopo quasi 20 anni di questa vita – mi sono imbattuta negli scritti di Margaret Sanger. Mi hanno fatto stare male. Non sono mai stata d’accordo con la contraccezione o l’aborto. Anche l’eugenetica e il suo punto di vista sulle donne che scelgono di tenere i propri figli andavano contro il mio modo di pensare. È allora che ho iniziato a staccarmi lentamente.

Ho guardato la mia vita, e non ero felice. Non stavo crescendo e mi sentivo sola.

Quando mi guardavo intorno, nessuno sembrava amare l’altro davvero. Vedevo solo lotte interne, egoismi e tutte le donne pensavano solo a loro stesse. Ho iniziato a mettere in discussione l’ideale femminista. Ricordavo il periodo che avevo trascorso con Gesù da bambina, e quanto fossi stata felice nonostante le circostanze in cui vivevo. Ora avevo più “potere”, ma mi sentivo povera e sola.

Avevo sviluppato un odio per gli uomini, la società patriarcale e ciò che pensavo rappresentassero i cattolici. Pensavo che fossero dei ladri e opprimessero le donne. Erano i peggiori, e giuravo che non mi sarei mai avvicinata a loro.

Come amante della storia, mi interrogavo su Enrico VIII. Non riuscivo a credere che qualcuno che veniva descritto in modo così terribile potesse essere davvero solo negativo. Doveva aver avuto un po’ di umanità da qualche parte, no? Ho deciso di approfondire la questione e di scoprirlo. Era stato diffamato, ne ero certa.

Durante quegli studi, mi sono finalmente resa conto di cosa fosse il protestantesimo, o almeno così pensavo. Non riuscivo neanche a capire come Caterina d’Aragona o una qualsiasi donna con rispetto per se stessa potesse tollerare il comportamento di un uomo del genere. Poi ho scoperto che era cattolica. Ma perché era così totalmente leale a una Chiesa oppressiva che odiava le donne?

Ho continuato ad approfondire, e sono rimasta estremamente sorpresa nello scoprire che gli insegnamenti della Chiesa cattolica sulle questioni di giustizia sociale, contraccezione e aborto concordavano con quello che pensavo io al riguardo. Sono rimasta molto stupita anche scoprendo il punto di vista cattolico su Maria, le donne e l’importanza della famiglia tradizionale. Ho iniziato a provare qualcosa che non potevo descrivere, ma ho resistito. E poi c’era Gesù al centro di tutto. Ero così sopraffatta dalla gioia per il fatto di sapere che lì c’era Gesù. Non mi sono resa neanche conto che era passato un anno e avevo abbandonato i miei vecchi amici.

Alla fine ho deciso che volevo scoprire cosa comportasse davvero una Messa. Per tutto quel tempo c’era stata una chiesa cattolica alla fine della mia strada. L’avevo guardata per un anno ma non ci avevo mai messo piede. Sono entrata, e si stavano accingendo a celebrare una Messa. Era la Pasqua del 2011. Ho guardato, ipnotizzata. Ho trattenuto le lacrime, le mie emozioni, tutto dentro. Ho iniziato a sentire ancora una volta quella spinta.

Una volta a casa, ho iniziato a interrogarmi. Alla fine un giorno sono entrata in un edificio dal retro, andando dritta verso una donna che mi ha chiesto cosa stessi cercando. Le ho detto che avevo bisogno di un’istruzione. Ha riso, mi ha detto che era la direttrice per l’educazione religiosa e mi ha iscritto alle lezioni di RCIA (Rito di Iniziazione Cristiana per Adulti, ndt).

È arrivato il parroco e ha parlato con me, dicendo “Non avevo mai sentito di nessuno che fosse entrato in chiesa attraverso Enrico VIII”, e mi ha dato un libro da portare a casa.

Quando sono iniziate le lezioni mi sono sentita sempre più innamorata. Ho conosciuto il mio parroco e una coppia che mi avrebbe guidata.

Alla lavanda dei piedi ho pianto piano. Ho incontrato il nostro vescovo e ho pianto di nuovo.

La Chiesa era il contrario di ogni singola cosa avevo sempre pensato che fosse.

Quando ho annunciato che mi stavo unendo alla Chiesa, i miei amici sono rimasti inorriditi e mia madre ha detto “Perché fai una cosa del genere?”, ma mio marito mi ha portato le mie prime statuine di Maria e di San Giuda.

Il giorno del mio Battesimo, il 7 aprile 2012, ero così felice che ho pianto. Poi ho trascorso un po’ di tempo con il Corpo di Gesù e ho pianto di gratitudine. Dopo tutti quegli anni alla ricerca della verità, l’avevo trovata.

Quando non ero battezzata mi era stato insegnato a fare qualunque cosa volessi. Ho trascorso degli anni arrabbiata, ostinatamente insolente nel mio diritto di scegliere come femminista e pagana. Ora ho scelto di essere battezzata nella Chiesa di Dio. Ho guadagnato una famiglia mondiale.

Sorprendentemente, mio marito si è iscritto al RCIA. Mia madre alla fine ha detto che un Dio esiste e legge la Bibbia. Mio figlio è stato benedetto e sepolto come cattolico dallo stesso sacerdote che mi ha battezzata.

Alla fine ho ritrovato il mio amico Gesù, nella sua assoluta pienezza.

Ho imparato il valore e la vera bellezza di essere una donna. Nel senso più puro, ho scoperto il mio vero diritto di scegliere. Amo la mia Chiesa. Amo la mia famiglia. Amo la mia parrocchia. Amo il mio sacerdote. E sono così riconoscente di essere a casa…»

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Catherine Quinn è flebotomista e tecnico di laboratorio. Sposata da quasi quattro anni, è mamma di un bambino che è andato in cielo e Sidewalk Counselor (forma di attivismo pro-life condotta fuori dalle cliniche abortive).

[Fonte: http://www.aleteia.org – Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

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«Non potrò mai dimenticare l’esempio di mio figlio, che fece passare l’azione dello Spirito Santo in me»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 25/11/2017

Una storia, un percorso, dalla Chiesa Luterana alla Chiesa Cattolica.

Le conversioni dall’anglicanesimo e dal luteranesimo in questi ultimi anni (grazie soprattutto alla costituzione apostolica di papa Benedetto XVI, Anglicanorum coetibus) si sono molto intensificate. Ma quella di Ron Dop ha veramente un qualcosa di imprevedibile.

Ron è americano, convertitosi al cattolicesimo dal luteranesimo nel 2004. Nulla della sua vita avrebbe fatto presagire un cambiamento simile. “Lo Spirito Santo ha un gran senso dell’umorismo”, dirà poi. E’ stato cresciuto in una famiglia di forte tradizione luterana (sua madre divenne “pastora” luterana nel 1985), lui stesso fece parte di varie organizzazioni giovanili protestanti. Nel 1989 si sposò con Theresa, una cattolica non praticante, secondo il rito luterano.

Chiaramente Ron non aveva la minima intenzione di abbandonare la propria fede, così iniziò a portare spesso la moglie in chiesa affinché abbracciasse anche lei il protestantesimo. Ma non andò come sperava, infatti la moglie dopo qualche anno ricominciò ad interessarsi delle sue radici cattoliche, riscoprendo la propria fede e decidendo di riaccostarsi ai sacramenti. Quando nacque il loro primo figlio, William, decisero di battezzarlo secondo il rito luterano, ma arrivato all’età di sette anni i genitori lo portarono in una scuola cattolica, affinché potesse ricevere la migliore educazione possibile (penso faccia riflettere vedere come anche i protestanti vedano di buon occhio l’educazione impartita dai cattolici). Dopo solo un anno William domandò di poter ricevere la Prima Comunione.

Nonostante all’inizio uscisse addirittura di casa piuttosto che vedere la famosa rete televisiva cattolica, la EWTN, Ron cominciò lentamente a seguire le trasmissioni assieme alla moglie, allontanando così molti dei suoi pregiudizi anticattolici, tanto da portarlo addirittura a frequentare sporadicamente la Messa domenicale con la moglie e il figlio, senza comunque dimenticare la sua comunità. Avveniva talvolta che durante la messa si sentiva “pieno di gioia” durante una preghiera, un inno, o durante la consacrazione. Notò anche con grande interesse che la liturgia luterana nulla aveva di così sacro e mistico.

Questo lo mosse a interessarsi ancora di più, iniziò a leggere libri su libri, riscoprì la devozione ai santi e alla Madonna, comprese la presenza reale di Cristo nell’Eucarestia adottò anche la recita del Rosario.

Ma di tutto questo suo itinerario nessuno sapeva niente, né la moglie, né la comunità luterana. Nel 2002 realizzò di essere spiritualmente e mentalmente cattolico, ma temendo la reazione della sua famiglia d’origine, totalmente luterana, rimase nel silenzio, finché non avvenne un fatto nella scuola del figlio. All’età di dodici anni William decise, contro tutte le tendenze dei ragazzi della sua età, di organizzare in totale autonomia un Rosario per i giovani della sua scuola. “L’orgoglio che provavo per mio figlio fece esplodere la vergogna per le mie paure”, racconta Ron, indicando questo momento come decisivo per la sua conversione pubblica.

Nella primavera del 2003 arrivò dalla parrocchia di sua moglie una lettera del parroco che invitava la famiglia a partecipare al catechismo. La lettera rimase per un mese sulla scrivania, ma alla fine Ron si decise e raccontò alla moglie il cammino degli ultimi anni, dandole una gioia incredibile. Non passò troppo tempo che rivelò la sua conversione anche ai suoi parenti.

Dopo aver iniziato il corso da catecumeno, durante la Pasqua del 2004 ha fatto il suo ingresso nella Chiesa Cattolica con entusiasmo fanciullesco. Così scrive oggi Ron guardando la sua vita: ”Non potrò mai dimenticare l’esempio di mio figlio, che fece passare l’azione dello Spirito Santo in me”. L’uomo potrà rimanere testardo sulle proprie decisioni tutta la vita, ma se si lascia guidare dalla letizia che muove la Verità, non potrà rimanere staccato da essa tanto a lungo!

(Fonte: http://www.uccronline.it/)

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Il rabbino che si arrese a Cristo

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 02/06/2017

Finalmente la storia di Israel Zoller (1881-1956), ebreo polacco scomodo, esce dall’oscurità per trovare vivida luce nelle pagine di Judith Cabaud, israelita di Brooklyn, anche lei, come il protagonista del suo libro, convertita al cattolicesimo.

Zoller: una figura colpita dalla damnatio memoriae dei suoi correligionari, che lo considerano – come ricorda Vittorio Messori nella prefazione – un meshummad (apostata, rinnegato), e dall’imbarazzato silenzio di un certo mondo cattolico che crede, sulla scorta di un ecumenismo male inteso, di dover evitare qualsiasi tema che possa turbare le buone relazioni con gli appartenenti ad altre fedi.

Proprio lo squarcio di questa coltre di silenzio rappresenta il merito maggiore della piccola opera divulgativa di Cabaud, edita in Francia con notevole successo e oggi approdata in Italia: Il rabbino che si arrese a Cristo (Edizioni San Paolo, Milano 2002, pp. 120, euro 12,50).

L’autrice, che vive in Francia e ha nove figli, il primo dei quali sacerdote, scrive, da non professionista, pagine nelle quali la descrizione del personaggio si avvale della sensibilità derivante dal comune itinerario spirituale che ha condotto l’uno e l’altra, attraverso il battesimo, in seno alla Chiesa cattolica, apostolica, romana.

Un itinerario che secondo Zoller non è di apostasia ma molto più semplicemente di riconoscimento del legame profondo che unisce Antico e Nuovo Testamento, ossia l’inveramento della promessa messianica della venuta di Cristo, vero Dio e vero
uomo.

Israel Zoller, nato in una famiglia benestante, conosce presto le ristrettezze economiche quando l’impero russo decide di confiscare, senza alcun indennizzo, la fabbrica del padre. A ventitré anni lascia la Polonia per Vienna e poi per l’Italia, dove diverrà gran rabbino di Trieste.

Nel 1940, cioè dopo che le leggi razziali lo avevano costretto a italianizzare il suo nome in Italo Zolli, diviene rabbino capo di Roma. Sono gli anni duri della guerra, delle persecuzioni nazionalsocialiste dei fratelli ebrei in Germania e negli altri paesi invasi dalle divisioni tedesche, delle incomprensioni con la comunità romana, lacerata al proprio interno, delle difficoltà di far intendere alla dirigenza ebraica i rischi del nuovo clima creatosi, nel settembre 1943, con la caduta di Mussolini e con l’occupazione militare della Città Eterna ad opera dei tedeschi.

È allora che Zolli, già sulla via di Cristo, si dà da fare per salvare gli israeliti romani cercando di disperderli, di nasconderli, di allontanarli verso zone e paesi più sicuri. In quest’opera trova il prezioso aiuto di Eugenio Pacelli, Papa Pio XII, il quale ordina ai conventi e ai monasteri, anche quelli di clausura, di ospitare clandestinamente gli ebrei romani.

È così che si salvano in tanti, con l’aiuto di frati, sacerdoti, suore, monache ma anche delle molte famiglie cattoliche che, a proprio rischio e pericolo, vengono in aiuto dei fratelli ebrei.

Nel 1945, quando più nessuno avrebbe potuto interpretarlo come un atto di viltà per sfuggire alla persecuzione, Israel entra nella comunione della Chiesa cattolica con il nome di Eugenio. Una scelta che meglio e più di ogni altro atto testimonia il ruolo fondamentale svolto a favore degli ebrei da Pio XII, oggi ignobilmente attaccato da quanti, colpendo lui, vogliono colpire la stessa Chiesa.

Eugenio Zolli, già gran rabbino di Roma, paga successivamente quest’atto con l’ostracismo della sua comunità: resta solo con la sua famiglia che lo seguirà nella fede cattolica dopo poco.

Vive con dignità le difficoltà economiche, divenute nel frattempo gravissime, affidandosi alla misericordia e alla volontà di quel Signore che pazientemente aveva guidato i suoi passi sino al battesimo nella Basilica di S. Maria degli Angeli.

Negli anni successivi scrive molto soprattutto sul filo che lega indissolubilmente ebraismo e cristianesimo. Si ritira in un piccolo appartamento vicino a quello della figlia, dove muore il 2 marzo 1956, primo venerdì del mese.

Poco prima di morire dice a chi pietosamente lo assiste: «Quando sento il fardello della mia esistenza, quando sono cosciente delle lacrime trattenute, delle bellezze non viste, piango sul Cristo crocifisso per me e in me […]. Non possiamo che confidare nella misericordia di Dio, nella pietà di Cristo che muore perché l’umanità non sa vivere in Lui».

[Fonte: Agostino Carloni, Il Corriere del Sud n. 11/2002 – Anno XI – 1 giugno/15 giugno]

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“Se sei lì mi devi aiutare!”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 20/12/2016

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“Se sei lì mi devi aiutare!”

Ecco quanto disse Sally Read a un’icona di Gesù nel 2010. Sally Read, una poetessa britannica atea, si era fermata in una chiesa a Santa Marinella, in Italia. Si sentiva provata; la figlia minore aveva problemi di salute, suo marito Fabio stava affrontando un certo stress sul lavoro.

“E’ stata un’incredibile esperienza quando questa presenza è praticamente scesa, e le mie lacrime si sono fermate, asciugate”, ha raccontato Sally a CNSNews.com. “Mi sono sentita quasi portata fisicamente, era come se qualcuno camminasse nella stanza. Riconobbi questa persona. Riconobbi di essere cristiana”.

Fino a quel punto la Read, quarantasei anni, era stata un’atea. “Sono cresciuta come un’atea; a dieci anni affermavo candidamente che la religione era l’oppio dei popoli, ero stata educata in modo da non inginocchiarmi mai di fronte a niente e a nessuno. Da ragazza potevo citare Christopher Hitchens (saggista e giornalista ateo e anticlericale, n.d.t.) e alcuni versetti della Bibbia ma solo per schernirla”.

sally_read_02Sally nasce nel 1971 nel Suffolk, in Inghilterra, da giovane lavora in un ospedale psichiatrico e diventa una poetessa acclamata dalla critica, fino a vincere l’ambito premio Eric Gregory nel 2001. Qualche anno dopo sposa Fabio, un italiano e la coppia, con la figlia Florenzia, si trasferisce a Santa Marinella, una cittadina a trenta miglia da Roma.

Intorno ai trent’anni inizia a lavorare su un libro sulla salute e la sessualità delle donne. Dovendo intervistare un ampio numero di donne, la Read contatta anche alcunue cattoliche ortodosse. Al loro rifiuto di farsi intervistare a causa della natura dell’argomento trattato, Sally incontra il prete cattolico bizantino Padre Gregory Hrynkiw per dei consigli. Padre Gregory e Sally diventano amici e il prete risponde a tutte le domance che le pone la giovane inglese.

In quel periodo Sally Read riscopre un qualcosa di nuovo nel suo libro preferito “I Capture the Castle.” “Il libro era stato scritto per ragazzi, e lo leggevo praticamente ogni anno”, dice Sally, “lo leggevo per piacere. C’è una scena in cui la protagonista Cassandra, con cui ero solita identificarmi, ha una conversazione col suo parroco. Non avevo mai colto cosa lui le dicesse, era un qualcosa sull’arte come ultimo tentativo di comunione con Dio. Mi colpì davvero molto.”

Aggiunge: “Col senno di poi posso affermare che Dio operi attraverso le cose in modo molto specifico. Non è stata una coincidenza che quel libro crescesse insieme a me”.

sally_read_03Arriva quindi il 2010 anno in cui Sally fa l’esperienza di sentire in chiesa la presenza di Cristo e comincia a interessarsi alla Chiesa Cattolica. “Ero appassionatamente innamorata di Cristo e sapevo di essere cristiana. Ora la questione era,’Dio ora cosa vuole che io faccia con tutto ciò?’. Cominciai a leggere i Vangeli, San Giovanni della Croce, San Tommaso d’Aquino, scoprendo la logica dietro l’amore.

Continuando le mie letture scoprivo questa presenza di Dio nelle chiese cattoliche. Capii che il modo migliore per essere vicino a Cristo era la Comunione“.

Nel dicembre 2012 Sally Read viene accolta nella Chiesa Cattolica in Vaticano.

La poetessa ora sta lavorando a delle novelle, affermando che la fede l’ha resa anche un’artista migliore. “Come poetessa dalla cultura per lo più secolare, ho imparato a conoscere la Chiesa come la poesia finale”, dice, “Una complessa composizione di allegoria e realtà che dà un’immagine della presenza di Dio sulla Terra”.

(Tradotto da http://www.cnsnews.com/news/article/mark-judge/acclaimed-atheist-poet-becomes-catholic-my-tears-just-dried)

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“Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 35)

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 18/09/2016

Mons. Thomas Luke Msusa, Arcivescovo di Blanture in Malawi, racconta la sua conversione al cattolicesimo, quella di suo padre, Imam mussulmano e di tutta la sua famiglia.


Vengo da una famiglia mussulmana; mio padre era un imam ed era un maestro dell’Islam, insegnava.

Io sono diventato cattolico quando ho chiesto a un sacerdote di batteezzarmi a 12 anni. Io ero in una parrocchia perché mio padre e miei parenti non mi accettavano, quindi un sacerdote italiano si prese cura di me, era di Bergamo, e anche una suora sacramentina, anche lei era di Bergamo.

Essi si sono occupati di me, hanno pagato la mia retta scolastica, mi hanno dato da mangiare, si sono occupati di me come se fossero dei dgenitori.

Ho deciso poi di diventare sacerdote senza il consenso di mio padre e degli altri parenti. Ho seguito il consiglio della suora e del sacerdote. Sono diventato missionario monfortano, dopo otto anni di sacerdozio il Papa mi ha nominato Vescovo e l’anno scorso sono diventato Arcivescovo e quest’anno a Gennaio sono stato nominato Arcivescovo di Blanture e presidente della Conferenza Episcopale.

Adesso nella mia famiglia tutti i miei parenti sono cattolici.

Mio padre anche lui è voluto diventare cattolico e nel 2004 lui è venuto da me, si è inginocchiato e ha detto: voglio diventare cattolico.

Io gli ho detto: padre, tu non andrai comunque all’inferno per questo e lui: comunque voglio diventare cattolico perché ho visto l’esempio dei cattolici, essi vivono insieme, si aiutano l’un l’altro, quindi sono attratto da questa vita.

Dopo tre anni di catechesi, nel 2006 ho battezzato mio padre e adesso il suo nome è Abraham, Abramo,

Tutto questo è avvenuto e avviene tuttora fra i mussulmani.

“Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 35)

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“Se la religione significa qualcosa, l’uomo tutto – mente e corpo – hanno il dovere di adorare.”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 15/08/2016

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Una scena dei “Racconti di Padre Brown”, film del 1957

Alec Guinnes è considerato uno dei migliori attori del ventesimo secolo, per la sua abilità di interpretare un’ampia gamma di personaggi. Venne acclamato nel suo Amleto teatrale a Londra ed ebbe successo internazionale anche nel cinema.

Nel 1957 gli venne attribuito dall’accademia il premio come migliore attore per “Il ponte sul fiume Kwai; due anni dopo gli venne attribuito il titolo di Cavaliere dell’Ordine dell’Impero Britannico, dalla Regina Elisabetta. Nel 1962 era il primcipe Faiçal in Lawrence d’Arabia e nel 1977 divenne famoso per il ruolo di Ben Kenobi in Guerre Stellari.

Nella sua autobiografia Blessings in Disguise (Akadine Pr, 2001), Guinness attribuisce quasi maggiore importanza alla sua conversione alla Chiesa Cattolica che al suo successo cinematografico.

Ecco la storia della sua conversione fuori dal comune.

Guinnes nacque a Londra nel 1914 da Agnes Cuffe, una ragazza madre che si occupò di lui in modo disordinat; si rifiutò di rivelargli il nome del padre e lui per anni si chiedette il perché di quel nome, Guinness, sul suo certificato di nascita.

A sei anni spesso il bambino veniva lasciato da solo. Sua madre ebbe una relazione con un uomo brutale che Alex odiava e temeva. Il bambino vide un bagliore da quella povertà e negligenza solo con la scuola e, nell’adolescenza quando scoprì la passione per il teatro.

A sedici anni venne confermato nella fede anglicana ma in cuor suo si definiva ateo.

“Certi eventi o parole del Nuovo Testamento – scrirre più tardi – comunque mi imteressavano e, nonostante fossi ignorante di teologia, mantenevo un costante interesse per gli argomenti religiosi. Il più delle volte, però, tutto cedeva sotto al mio cinismo di adolescente”.

Scena tratta dal film "Il ponte sul fiume Kwai"

Scena tratta dal film “Il ponte sul fiume Kwai”

Questo “costante interesse per gli argomenti religiosi” portò il giovane Guinness a frequentare per un po’ i presbiteriani, ma non durò. Scrive nella sua autobiografia che non gli passò mai per la mente la possibilità di entrare nella Chiesa Cattolica. La sua tolleranza nei confronti dei cattolici si limitava a una visione di simpatia”.

A 18b anni lasciò la scuola per un lavoro in un’agenzia di pubblicità. Non pensava più alla religione ritenendo che era tutto sotto a una montagna di immondizia, uno schema maligno dell’establishment per mantenere il lavoratore al suo posto. Flirtò col comunismo, divulgando la letteratura marxista leninista, partecipò alle riunioni dei “quakers”, studiò il buddismo e arrivò a coinvolgersi con la tarologia.

Fallendo nella carriera di redattore tornò al teatro, realizzando un sogno che aveva fin dall’infanzia. Il successo non tardò ad arrivare.

Mentre interpretava Amleto a Londra, un prete anglicano gli fece notare come non facesse bene il segno della Croce mentre era inscena. Quell’incontro fece risvegliare in lui di nuovo l’interesse per il cristianesimo.

In una notte terribile durante la Seconda Guerra Mondiale, quando Londra si trovava sotto l’attacco della forza aerea tedesca (Deutsche Luftwaffe), Guinness si rifugiò nel vicariato del Reverendo Cyril Tomkinson. Era preoccupato per la moglie e per il figlio piccolo che si trovavano in un appartamentino affittato nella città di Stratford-upon-Avon. Tra un bicchiere di vino e un altro, il padre anglicano diede ad Alec una copia dell'”Introduzione alla vita devota” di San Francesco di Sales, avvertendolo di fare sempre una genuflessione davanti all’altare. Guinnes non aveva idea di cosa fosse quella “presenza reale” ma, tra le bombe che gli esplodevano intorno, quella non sembrava essere al momento, la conversazione più urgente da fare.
Guinness tornò alla fede anglicana e andava spesso in bicicletta, nelle buie matine invernali, per ricevere la comunione in una chiesa dell’interiore. La sua amicizia con Tomkinson fece diminuire il suo anticlericalismo, ma non la sua avversione alla Chiesa di Roma. Ma fu proprio Padre Brown a iniziare inlui questo processo.

Guinness_04Padre Brown è il brillante personaggio creato dallo scrittore cattolico G. K. Chesterton. Una delle più memorabili interpretazioni di Guinnes è stata proprio quella di questo umile chierico e detective, nel 1954. Il film veniva girato in un remoto paesino francese. Una notte Guinness, ancora in abito talare, stava tornando al suo alloggio. Un ragazzino, credendolo un vero prete, lo prese per mano fiducioso, facendogli compagnia.

Quell’episodio apparentemente insignificante marcò profondamente l’attore. “Continuando a camminare – disse Guinness – riflettei sul fatto che una Chiesa che riusciva a ispirare una tal fiducia in un bambino, non poteva essere tanto astuta e spaventevole come veniva spesso dipinta. I miei vecchi preconcetti cominciavano a vacillare”.

Poco tempo dopo, Matthew, il figlio undicenne di Guinness venne colpito dalla poliomielite e restò paralizzato dalla vita in giù. Il futuro del ragazzino appariva quantomeno incerto e, alla fine delle riprese quotidiane del film, Guinness cominciò a passare in una piccola chiesa cattolica che incontrava tornando a casa. Fece un patto con Dio: se lo avesse guarito, lui non si sarebbe opposto a che il figlio diventasse cattolico.

Matthew guarì completamente e Guinness e sua moglie lo iscrissero alla scuola dei Gesuiti. A 15 anni il ragazzo annunciò che voleva diventare cattolico. Mantenendo la sua promessa, il padre non si oppose.
Ma Dio voleva molto di più. Guinness cominciò a studiare la religione cattolica e faceva lunghe conversazioni con un sacerdote. Fece un ritiro in un monastero trappista e arrivò persino ad assistere a una messa cattolica con l’attrice Grace Kelly mentre giravano un film a Los Angeles. Certo argomenti come quello delle indulgenze e dell’infallibilità del Papa lo frenavano un apo’ fino a quando, un giorno, finalmente cedette.

“Non ebbi nessun turbamento emotivo, nessuna grande intuizione, nessun particolare interesse alle questioni teologiche; solo un senso della storia e delle proporzioni delle cose”.

Guinness_03Guinness venne accolto nella Chiesa Cattolica dal Vescovo di Porthsmouth e, mentre si trovava in Sri Lanka per girare “Il ponte sul fiume Kwai”, venne piacevolmente sorpreso dalla conversione di sua moglie.

Come spesso capita coi nuovi convertiti, Guinness sperimentò periodi di pace profonda e persino piaceri fisici. Raccontava spesso di come a volte corresse come un pazzo per stare alla presenza del Santissimo Sacramento in una piccola anonima chiesa.

Riflettendo su questi episodi scrisse: “Se la religione significa qualcosa, l’uomo tutto – mente e corpo – hanno il dovere di adorare. Mi sono sentito rassicurato quando venni a sapere che il buono, brillante e acutamente sensato Ronald Knox si era ritrovato come me a correre come un pazzo e in varie occasioni, per visitare il Santissimo Sacramento.”

Sir Alec Guinness mor nel 2000, a 86 anni, ringraziando il Padre Brown di Chesterton, che lo aveva condotto per mano fino alla Chiesa, e grato per il recupero di suo figlio, terminò il suo percorso altamente proficuo come attore, una vita di grazia, preludio dell’eternità.

Fonte: https://padrepauloricardo.org/

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