Quando nel 2009 la polizia è andata a prenderla, Asia Bibi, giovane cristiana cattolica madre di cinque figli, subito non ha capito.
Aveva avuto una discussione con delle compagne di lavoro musulmane, niente di serio, così credeva. Invece loro l’avevano denunciata, accusandola di aver detto parole offensive contro Maometto: un’accusa gravissima in Pakistan, dove Asia vive e dove la legge punisce la blasfemia –offendere la fede con parole e azioni – anche con la morte.
Nel 2010 Asia è stata condannata a morte mediante impiccagione. Nel 2014 la sentenza è stata confermata in secondo grado. Si attende ora l’esito del ricorso presso la Corte Suprema, terzo e ultimo grado di giudizio.
Dal 2009 Asia è in prigione. Il giudice Naveed Iqbal, che per primo l’ha condannata, un giorno le ha fatto visita per offrirle la revoca della sentenza, a condizione che si convertisse all’Islam. “Io l’ho ringraziato di cuore per la sua proposta – racconta Asia – ma gli ho risposto con tutta onestà che preferisco morire da cristiana che uscire dal carcere da musulmana.
Sono stata condannata perché cristiana – gli ho detto – credo in Dio e nel suo grande amore. Se lei mi ha condannata a morte perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificare la mia vita per Lui”
(Tratto da “Via Crucis per i cristiani perseguitati” del 3 aprile 2015 del vescovo di Ivrea, monsignor Edoardo Aldo Cerrato)
Uno dei tenti inviti di Papa Francesco (Udienza generale del 25 settembre 2013)
«Quando penso o sento dire che tanti cristiani sono perseguitati e anche danno la vita per la loro fede, tocca il mio cuore questo o non viene a me? Sono aperto a quel fratello o a quella sorella della famiglia, che sta dando la vita per Gesù Cristo? Quanti di voi pregano per i cristiani che sono perseguitati? Quanti? Ognuno si risponda nel cuore: “Io prego per quel fratello, per quella sorella, che è in difficoltà, per confessare e difendere la sua fede?”. È importante guardare fuori dal proprio recinto, sentirsi Chiesa, unica famiglia di Dio!»
Ci uniamo a lui?
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