FERMENTI CATTOLICI VIVI

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Posts Tagged ‘domande sulla morte’

“Il mio cuore batteva, ma io non ero vivo”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 30/10/2018

 

La vita del dottor John Morrissey ha avuto un capitolo oscuro dal quale è uscito grazie al sacramento della confessione, secondo un suo racconto pubblicato dal britannico The Catholic Herald.

Dopo essere arrivato alla depressione a causa del continuo contatto con la morte in un contesto di allontanamento da Dio, il medico ha ricordato la consolazione offerta dal sacramento e vi si è accostato urgentemente.

“Il mio stato spirituale era quello di un allegro pagano, un Bacco in un camice bianco sporco e con un’aureola falsa”, ha ammesso il dottor Morrissey. “Nonostante una profonda esperienza religiosa due anni fa, la mia vita morale presentava ancora varie sfumature di nero, e la mia testa era piena di un sincretismo confuso, nonsenso del New Age”.

In questo stato affrontava ogni giorno una realtà drammatica: l’assistenza ai malati terminali di cancro nel suo ospedale, un lavoro che ha svolto per un anno.

Dopo un anno senza praticare la propria fede, il suo ritorno incompleto si limitava ad alcune preghiere “chiedendo che i miei pazienti si riprendessero, o che io non fossi di turno quando avessero avuto bisogno di essere ricoverati”, ha ricordato. “Le mie preghiere non hanno ottenuto risposta. Le morti continuavano senza sosta. Una grande sensazione di mancanza di senso e di disperazione ha riempito il mio cuore”.

L’impatto della necessità della conversione

Il medico non solo attraversava una crisi spirituale e professionale, ma viveva in solitudine e non aveva amici, e quindi è caduto nell’alcool. “Il mio cuore batteva, ma io non ero vivo”, ha riassunto. Il momento più basso della sua crisi è stato raggiunto mentre rivedeva i dati relativi a un giovane paziente morto da poco e ha sentito di affondare nella depressione. Davanti alla sua espressione, una paziente gli ha chiesto se si sentiva bene. Con le lacrime agli occhi ha risposto: “Mi dispiace, sto lottando per vedere qualcosa di buono in questo posto. C’è troppa morte qui”.

Una sera, mentre beveva in un bar, ha sentito la necessità impellente di uscire dal locale. “Era come se vedessi quel luogo per la prima volta per com’era realmente”, ha confessato, riferendo che vedeva tutti i presenti come perdenti e che ciascuno dei loro sguardi sembrava essere macchiato di malizia. “Mi sono sentito molto solo, e ho iniziato a cercare una via d’uscita”.

La sensazione è stata accompagnata dalla certezza della propria condanna e dalla necessità urgente di ricorrere alla confessione.

“Non ero estraneo al peccato, ma fino a quel momento non ero mai stato consapevole degli effetti della sua presa letale sulla mia anima”, ha dichiarato. Non appartenendo a una parrocchia, ha cercato sull’elenco telefonico e ha trovato una comunità gesuita che ha chiamato e alla quale si è diretto immediatamente in taxi.

L’impulso del cambiamento

Al suo arrivo è stato accolto dai religiosi e ha atteso un sacerdote che ha dovuto svegliarsi nel cuore della notte per assisterlo. “Ha fatto capire chiaramente che era tutto irregolare, ma l’ho supplicato a tal punto di ascoltare la mia confessione che ha acconsentito con misericordia”, ha raccontato il dottor Morrissey.

Dopo più di 10 anni senza confessione, l’uomo è stato guidato dal sacerdote ed è riuscito a ricordare l’atto di dolore che aveva imparato nell’infanzia. “Con le parole finali di assoluzione, mentre stavo ad occhi chiusi, la paura è scomparsa completamente. Non sono mai stato tanto grato quanto in quel momento. Ho chiesto perdono per la mia incursione e ho lasciato quella casa in pace”.

“Nulla di ciò che era all’esterno era cambiato, ma ero cambiato io, ero stato riconciliato”, ha ricordato il medico. “Mi sono reso conto che solo i miei peccati potevano ferirmi davvero, e che se spezzavo i miei legami con loro avrei perso la paura della morte”.

Nell’esercizio della sua professione, i pazienti continuavano a morire, ma questa volta pregava perché, come lui, potessero trovare la grazia della misericordia che egli stesso aveva sperimentato.

Il dottor Morrissey ha descritto come le persone non siano debitamente consapevoli dei limiti della medicina e del dovere di prepararsi adeguatamente al momento della morte. Ha anche riflettuto sulle similitudini del peccato con la malattia del cancro e su come i pazienti soccombano di fronte al male perché il trattamento con le radiazioni influisce sul midollo osseo e li lascia senza difese.

I cattolici ricevono un “trapianto” di vita spirituale attraverso l’Eucaristia direttamente da Gesù Cristo, il “donatore universale”, che insegna anche all’uomo a impiegare la sofferenza per la propria salvezza. Tutte queste ragioni lo portano a ringraziare ancor di più per la drammatica esperienza in cui ha percepito la necessità di chiedere perdono e di ricevere la misericordia di Dio.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti; fonte: http://www.it.aleteia.com]

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…E aspetto il “grande evento”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 04/02/2015

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Questa bella signora non è l’autrice del commento né del post…

Il 31 gennaio scorso è stato pubblicato sul blog di Costanza Miriano un post bellissimo su due questioni poco popolari, la vecchiaia e la morte.

Innocenza Laguri, autrice dello scritto e collaboratrice del noto blog, ne parlava col coraggio, la lealtà, la chiarezza e la serenità di chi si fa delle domande senza tabù, condividendo le risposte trovate nella fede in Cristo che salva.

Vi invito a leggerlo tutto, qua.

Bello vero?

Quello che mi ha toccato particolarmente il cuore, però è stato il commento di una lettrice, “Franca35”, che vi propongo senza commenti se non il pensiero che vorrei invecchiare proprio come lei.

“Sto vivendo il mio ottantesimo anno: la prima cosa da dire a questo proposito è “grazie”!

Ho appena finito il mio lavoro in parrocchia, quando il 30 novembre scorso il gruppo dei miei ragazzi hanno ricevuto la Cresima.

Ho voluto resistere per portare a termine l’impegno che avevo preso cinque anni fa.

Ora mi sto preparando a un intervento al ginocchio, la cui attesa si è protratta troppo a lungo, diventando difficile da sopportare. Non ne ho troppa voglia, ma lo devo fare.

Vivo i miei giorni facendo quello che posso, non pretendendo troppo da me stessa, godendo delle piccole cose quotidiane con la grazia del Signore nel cuore.

E aspetto il “grande evento”.

Non mi faccio più tante domande, vivo il mio tempo come ho sempre fatto, mi interesso del mondo, che è dono di Dio e del quale facciamo parte anche se non siamo “di questo mondo”.

E prego molto, la mia preghiera spesso non è fatta di parole, ma sono cosciente che tutto il mio essere prega, in qualsiasi momento del giorno e della notte.

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Libro che ho letto anch’io e che consiglio di cuore

Non ho paura, almeno non mi sembra, piuttosto sono curiosa e la mia speranza è piena di gioia, di vera gioia tranquilla, serena, interiore, perché so a Chi ho dato la mia vita.

Gli errori del passato li ho gettati nel cuore dell’Agnello che mi ha perdonato, e ora capisco che niente è stato vano, mi sento circondata dall’Amore che muove il mondo e quando vengono pensieri tristi semplicemente li caccio via. Perché non è lecito essere tristi quando si è di Cristo Signore.

Il dolore fisico spesso debilita, ma dove posso ricorro alla medicina, o porto pazienza in attesa che passi. E ne faccio offerta a Dio per le sofferenze del mondo e dei miei fratelli.

Credo sia importante vivere pieni di vita e di amore sempre, insieme a sorella morte e ai tanti cari amici e parenti che mi hanno preceduta e che sono certa rivedrò nel Suo Regno.

Un grazie a tutti voi di questo blog, a Costanza e Admin e a tutti gli altri, vi seguo sempre con le mie preghiere, mi aiutate molto.

Che Dio benedica i vostri cuori, le vostre famiglie, il vostro lavoro e le belle imprese che portate avanti con entusiasmo. Ciao a tutti, vi abbraccio.”

Roba per persone anziane? Allora perché San Giovanni Bosco proponeva mensilmente ai suoi giovani il cosiddetto “esercizio della buona morte”?

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Nonno, mi spieghi la Vita con la “V” maiuscola?

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 19/01/2015

(Dalla rubrica “La fede raccontata ai ragazzi” del periodico “Credere”)

Resurrezione 01Nonno ma se Gesù è risuscitato, poi è morto una seconda volta?

Domanda intelligentissima! Nei Vangeli vediamo come Gesù abbia risuscitato dalla morte il suo carissimo amico Lazzaro. Lazzaro è ritornato alla vita, in questa vita, per qualche anno; poi però è dovuto morire di nuovo. La risurrezione invece è l’ingresso in un’altra vita, in una nuova forma di vita. Potremmo dire che Lazzaro ritorna alla vita come noi la conosciamo, la vita con la “v” minuscola, mentre Gesù entra nella Vita con la “V” maiuscola, e noi ci entreremo insieme a lui!

Nonno, io però conosco solo questa vita qui, con la “v” minuscola, io ho paura della morte! Ho paura di separarmi dai miei genitori, da te, dai miei fratelli, dal mio corpo!

Quello che dici dimostra che la paura della morte ci accomuna tutti, che non ha età, che è “il” problema con cui tutti ci dobbiamo sempre misurare. La fede deve rispondere a questa paura, altrimenti non serve davvero a niente, perché noi con gli occhi vediamo i morti scendere nella tomba, e non volare in cielo. L’altro giorno mi hai detto che a scuola avete parlato di un argomento molto interessante, l’atomo, ricordi? L’atomo è invisibile agli occhi, però c’è. Se lo bombardiamo con altre particelle invisibili a occhio nudo, i neutroni… Ricordi cosa succede?

Si crea l’energia atomica.

Esattamente. Particelle così piccole da sembrare insignificanti, se sottoposte a questo procedimento riescono a sprigionare una tale quantità di energia da poter alimentare un’intera città, illuminando migliaia e migliaia di palazzi! Ora pensa a Gesù come a questo piccolo atomo. Gesù ha parlato e operato pubblicamente soltanto per tre anni, in un’epoca in cui non c’erano radio, Tv, internet e cinema. Non ha condotto eserciti come Alessandro Magno, non ha guidato nessuna rivoluzione come Che Guevara, non ha scritto nessun libro sacro come altri profeti e fondatori di religioni. È un uomo che ha scelto come suoi testimoni un gruppo di persone semplici, con mille difetti, come ognuno di noi. Un uomo che è stato abbandonato da tutti e alla fine è rimasto solo ad afrontare la morte, e la morte di croce, la pena più atroce e infamante che i romani riservavano ai peggiori criminali. Quest’uomo agli occhi del mondo avrebbe dovuto scomparire, essere inghiottito dalle pieghe della storia, perché sembra un fallito. Ma cosa diceva Gesù di se stesso?

Resurrezione 02Che era il Figlio di Dio.

Esatto, vero Dio e vero uomo. E infatti le cose sono andate molto diversamente! Quest’uomo, in maniera umanamente inspiegabile, ha diviso in due la storia umana, tanto che il tempo si calcola in ciò che è stato prima di lui, e in ciò che viene dopo di lui. E questo non lo si è fatto per nessun condottiero, filosofo, profeta, re o imperatore. Proprio come un piccolo atomo bombardato da neutroni, Gesù crocifisso il Venerdì santo, deposto nel sepolcro e rimasto senza vita il Sabato santo, è risuscitato dalla morte la domenica di Pasqua. Noi non abbiamo visto con gli occhi questa “esplosione nucleare”, ma i suoi effetti li possiamo sperimentare a distanza di duemila anni. L’abbiamo celebrata nel Triduo pasquale e la possiamo sperimentare ogni volta nei sacramenti. Gesù si rompe come un atomo, e la sua risurrezione travolge la nostra vita biologica, la nostra vita con la “v” minuscola”, per portarci nella Vita con la “V” maiuscola. Quando un bimbo o un adulto ricevono il Battesimo, è Gesù stesso che battezza con acqua e Spirito Santo, unendo la creatura a sé. Quando facciamo la Comunione, in gioco c’ è questa potenza che si diffonde dalla morte e dalla risurrezione di Gesù. Quando un sacerdote, o il tuo stesso papà, che è battezzato, ti dà una benedizione nel nome di Gesù, tu puoi fidarti e credere che in quel gesto c’ è la stessa potenza di Dio che agisce ancora oggi, nella tua storia e nella tua vita.

Testo di Padre Maurizio Botta, don Andrea Lonardo, Alessandro Franchi, Ufficio catechistico della Diocesi di Roma

[Fonte: “Credere, la gioia della fede”, Anno I, N. 2 Aprile 2013, pag. 58 e 59]

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