Per alcuni anni ho avuto la grazia di iniziare a lavorare alle nove e in quel periodo ero solito fermarmi a pregare in una chiesa vicina al mio ufficio. Era un appuntamento irrinunciabile per iniziare la giornata col piede giusto, fino a quando ho cominciato a timbrare alle 7:45 e trovare una chiesa aperta prima di un certo orario è diventata un’impresa ardua.
Stamattina, complice una città agostana meno affollata del solito, in dieci minuti ero davanti alla “mia” chiesa davanti a cui, un ampio parcheggio (bene raro nella mia città) mi invitava ad approfittare per una sosta, ma la chiesa era chiusa.
Un ‘irrazionale’ senso di nostalgia profonda mi invitava a fermarmi davanti a quella porta chiusa. L’ho seguito, mettendomi ad adorare la presenza delle presenze, davanti a quel portone verde, chiuso, ed è stato un momento fortissimo, vissuto nell’esperienza della presenza di Gesù che in quel momento si fermava proprio lì, proprio con me, per darmi quella pace che solo lui può dare.
Gesù davvero passa attraverso le porte chiuse, quelle propriamente dette, come quelle del cuore o dell’affettività, ma oggi ho capito che sta a noi cercarlo, seguire la sua chiamata che si serve delle nostre sensazioni, fermarci e rivolgerci a lui anche quando le circostanze sembrano sfavorevoli, o insolite, come una porta chiusa di una chiesa di città.
«La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.» (Gv 20, 19-29)
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