Come i fermenti lattici vivi sono piccoli ma operosi e dinamici e pur essendo invisibili sono indispensabili alla vita, spero che questi "fermenti cattolici vivi" contribuiscano a risvegliare la gioia di essere cristiani.
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CUORE IMMACOLATO
DI MARIA
«Febbraio 1981: Giovanni Paolo II si reca in Giappone. Un giornalista al suo seguito, che personalmente me lo ha riferito, gli fa osservare sull’aereo: “Santo Padre, sa che in Giappone non c’è neppure l’1 per cento di cattolici; non ci saranno grandi folle ad accoglierla”. Ma lui ribatte: “Io voglio vedere tutti i giapponesi!”.
All’aeroporto, quasi a conferma dell’avvertimento del giornalista, ad accoglierlo non si presentano né il capo di Stato né alcuni ministri, come accade ovunque in altri paesi, ma solo un semplice rappresentate del Governo.
E’ questo papa che si reca in visita dall’imperatore Hirohito, già molto avanti con gli anni. L’imperatore lo riceve sulla soglia del suo palazzo, poi entrambi si appartano per venti minuti. Dopo di che l’imperatore accompagna il papa fino in giardino e quando l’automobile si avvicina facendo turbinare la neve caduta in abbondanza, Hirohito, malgrado l’età, s’inchina davanti all’ospite rimanendo in questa posizione quattro o cinque minuti: lui, considerato un dio dal suo popolo, manifesta così il suo profondo rispetto per il vicario di Cristo.
Il secondo giorno di questo viaggio, un conduttore della televisione, che dirige un programma di varietà e canzoni gli dice: “Santo Padre, la invito per domani sera alla mia trasmissione; è la più seguita da tutti i giapponesi”. Immediatamente Giovanni Paolo II chiede un cambiamento al suo programma, quantunque i vescovi lo sconsiglino: le canzoni di varietà non si addicono a un papa!
Sul palco, una cantante ha la gentilezza di accoglierlo con una canzone da lui composta. Commosso e riconoscente, egli scandisce il ritmo con la mano. Poi ne approfitta per parlare molto semplicemente di Gesù e per dire cosa significhi per lui.
Milioni di giapponesi sono sorpresi e stupiti della sua semplicità e del suo cuore di fanciullo. Dopo questi incontri innumerevoli sono state le richieste di battesimo.
Si è rivelata più efficace la sua presenza in una trasmissione televisiva che l’opera di tanti missionari nei secoli in precedenza. Ma va detto che questi avevano ben preparato il terreno.»
(Fonte: I fioretti di papa Giovanni Paolo II, Padre Daniel Ange, Elledici, Torino 2008, pagine 97 e 98)
«Come nessuno altro al mondo, l’Eucarestia sconvolge [Giovanni Paolo II]. Talvolta è preso a tal punto dal mistero, che il suo segretario gli deve indicare a che punto del messale si trova. Una volta, dopo la lettura del vangelo, lo avvicina affinché lo baci. Egli non vede niente, gli occhi ancora chiusi, mentre interiorizza la Parola.
Il Giovedì Santo 1980, non ha forse scritto: “Il sacerdote si manifesta in tutta la sua pienezza quando egli stesso permette al mistero dell’Eucaristia di diventare visibile, affinché solo questo mistero brilli nel cuore dei credenti…”.
La sua tenerezza alle volte traspare: “Come è mirabile Dio, quando desidera che noi lo abbracciamo sotto la specie del pane e del vino!” (Corpus Domini, 1979).
Poiché egli sa come nessun altro che “quella piccola ostia è la risposta agli interrogativi più lancinanti degli uomini, la risposta alla sete di gioia e d’amore che ognuno porta nel suo cuore” (Corpus Domini, 1983).
Sì: “La fame del cuore umano per l’immensità di Dio non può essere saziata che qui.” (Karachi, 1981).
Non è lui che ristabilisce la processione del Corpus Domini fra la basilica del Laterano e quella di Santa Maria Maggiore? Egli ci tiene, nonostante tutte le proteste di certi romani che si lamentano del disturbo dato al traffico. Egli stesso porterà il suo Signore, finché non ne cadrà sfinito…
Dio dei nostri padri,
grande e misericordioso,
Signore della pace e della vita,
Padre di tutti.
Tu hai progetti di pace e non di afflizione, condanni le guerre e abbatti l’orgoglio dei violenti.
Tu hai inviato il tuo Figlio Gesù
ad annunziare la pace ai vicini e ai lontani,
a riunire gli uomini di ogni razza
e di ogni stirpe
in una sola famiglia.
Ascolta il grido unanime dei tuoi figli,
supplica accorata di tutta l’umanità: mai più la guerra, avventura senza ritorno,
mai più la guerra, spirale di lutti e di violenza,
minaccia per le tue creature,
in cielo, in terra e in mare.
In comunione con Maria, la Madre di Gesù,
ancora ti supplichiamo: parla ai cuori dei responsabili delle sorti dei popoli,
ferma la logica della ritorsione
e della vendetta, suggerisci con il tuo spirito soluzioni nuove,
gesti generosi e onorevoli,
spazi di dialogo e di paziente attesa più fecondi delle affrettate scadenze della guerra.
Concedi al nostro tempo giorni di pace.
Mai più la guerra!
(San Giovanni Paolo II)
L’icona “Maria Regina della Pace”, è stata ‘scritta’ affinché tutti i cristiani e mussulmani, soprattutto nel Medio Oriente, venerano Maria (Maryām), la Madre di Gesù. Maria è considerata una delle donne più grandi e giuste dalla religione islamica; è l’unica donna menzionata per nome nel Corano e il suo nome appare più volte nel Corano che nel Nuovo Testamento.
Il titolo, scritto in arabo, proviene dalle litanie lauretane ma l’icona rappresenta Maria come una donna mediorientale. Al posto della corona c’è un anello d’oro che circonda la sua testa. Nelle mani il tradizionale simbolo della pace: una colomba con un ramoscello d’ulivo nel becco.
L’Angelus più carismatico di San Giovanni Paolo II
Nella Trinità si può intravvedere il modello originario della famiglia umana.
Il noi divino costituisce il modello eterno di quello specifico noi umano costituito da un uomo e una donna che reciprocamente sidonano in una comunione indissolubile e aperta alla vita.
“Se il Signore ti ha chiamato tu devi introdurre la Chiesa nel terzo millennio.” Con la preghiera, con le iniziative ma non basta, si doveva introdurla con la sofferenza.
La famiglia è minacciata, aggredita! Dev’essere aggredito il Papa, deve soffrire il Papa, perché veda il mondo…
Devo incontrare i potenti del mondo. Con quale argomento? Mi rimane quello della sofferenza e dico loro: capitelo!
Un seminarista e missionario del Preziosissimo Sangue, Giampiero Lunetto, ventottenne di Partinico, già prossimo al sacerdozio e che studia a Roma, dopo aver visto in sogno San Giovanni Paolo II, è guarito da una rara malattia generativa ai muscoli, per la quale non esiste alcuna cura: il suo futuro era in una carrozzina.
“Adesso – afferma – sono completamente guarito. Gli ultimi esami, arrivati proprio in questi giorni, hanno confermato che la malattia non c’è più. Questo è un grande miracolo per me. La fede, l’amore, la fiducia in Gesù Cristo smuovono le montagne.”
Giampiero Lunetto per la prima volta racconta di questa prodigiosa guarigione e della sua malattia, definita dallo stesso “un’opportunità da non perdere. Un’opportunità datami da Dio lo scorso anno, per essere più forte, per crescere come persona e come cristiano“.
Toccante e carica di profonde riflessioni, la lettera che questo seminarista ha scritto a Benedetto XVI, dal quale è stato ricevuto in udienza privata. Una lettera alla quale il Papa emerito ha risposto, dicendogli che le parole che aveva scritto l’avevano profondamente commosso.
Giampiero Lunetto lo scorso 16 giugno (2014 n.d.r.) ha incontrato anche Papa Francesco, che lo ha incoraggiato a proseguire il suo cammino d’amore.
(Tratto da un articolo di Graziella Di Giorgio del Giornale di Sicilia del 23 ottobre 2014)
Con queste parole San Giovanni Paolo II si rivolgeva nella lettera ai Capi di Stato di tutto il mondo e al Segretario Generale dell’ONU, il 19 marzo 1994
Tremendamente attuali, in alcuni stralci appare addirittura profetica.
(…) il focolare domestico resta quella scuola di vita, dove le tensioni tra autonomia e comunione, tra unità e alterità sono vissute a un livello privilegiato e originale.
Vi è lì, credo, una sorgente di umanità da cui sgorgano le migliori energie creatrici del tessuto sociale, che ogni Stato dovrebbe gelosamente preservare.
(…) Guardando all’anno duemila, come non pensare ai giovani? Che cosa viene loro proposto? Una società di “cose” e non di “persone”. Il diritto di fare liberamente tutto fin dalla più giovane età, senza freni, ma con il massimo della “sicurezza” possibile.
Il dono disinteressato di sé, il controllo degli istinti, il senso della responsabilità sono nozioni considerate legate a un’altra epoca. (…) V’è da temere che domani questi stessi giovani, divenuti adulti, chiederanno conto ai responsabili di oggi per averli privati di ragioni di vita, avendo omesso di indicare loro i doveri di une ssere dotato di cuore e di intelligenza.
E’ importante non indebolire l’uomo, il senso del carattere sacro che egli ha della vita, la sua capacità di amare e di sacrificarsi.
Si toccano qui alcuni punti sensibili attraverso i quali le nostre società si costruiscono o si distruggono.“
[Lettera ai Capi di Stato di tutto il mondo e al Segretario Generale dell’ONU del 19/3/1994 – Fonte “La famiglia nel cuore e nelle parole di Giovanni Paolo II, E. Paoline, pagg 303-306]
Suor Fulvia, monaca di clausura che ha ascoltato la sete di felicità che Gesù mette nel cuore di molti giovani, accogliendo l’invito di un Papa santo.
<<Io credo di aver solo intuito che dietro questa forma di vita si racchiudeva un segreto, una possibilità di una vita piena, un po’ come le acque dei fiumi che vengono raccolte dagli argini, se sono lasciate disperse non hanno potenza; le acque raccolte fluiscono con maggior forze.
La vita claustrale è un generatore di energia per la vita della Chiesa.
La Giornata Mondiale della Gioventù del 2000 a Tor Vergata, Giovanni Paolo II, vecchio e stanco, e che comunque mi è sempre sembrato un uomo felice, felice della sua vita, un testimone verace, parlando a questa folla sterminata che eravamo noi disse:
“In realtà è Gesù che cercate, è Gesù che cercate quando sognate di felicità.
E’ Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate.
E’ Lui la bellezza che tanto vi attrae.
E’ Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso.”
E io gli ho creduto, profondamente ho capito che tra quei due milioni di persone stava parlando a me.>>
I tre verbi di San Giovanni Paolo II nei ricordi di Joaquin Navarro Valls ex portavoce del Papa santo.
“Pregare, lavorare, sorridere”.
Con questi tre verbi Joaquin Navarro Valls ha riassunto la biografia di Karol Woytila, intervenendo alla presentazione del libro “Accanto a Giovanni Paolo II”.
PREGARE
“Vedere pregare Giovanni Paolo II – ha testimoniato il suo portavoce – era come afferrare un’infinitezza in cui lui si immergeva e permetteva di vedere dove andava il suo sguardo.”
“Non parlava quasi mai della sua interiorità”, ha detto Navarro Valls, “ma un giorno, a proposito della santa Messa mi ha detto: ‘E’ IL BISOGNO PIU’ PROFONDO DELLA MIA ANIMA’.
In Giovanni Paolo II, in altre parole, “la preghiera non appariva come un’attività a sé, ma come un’attività che teneva unita tutta la sua vita, dava senso e direzione a tutta la sua esistenza.
Perfino un agnostico come Michail Gorbaciov era arrivato a dire che la sua filosofia politica era fortemente sostenuta dalla sua spiritualità“.
Poi Navarro Valls ha raccontato dell’abitudine di Giovanni Paolo II di sostare alcuni minuti in preghiera, inginocchiandosi nella sua cappella privata, prima e dopo il pranzo e la cena: “Un giorno lo stavo aspettando durante una di queste soste, che però invece di due o tre minuti è durata dieci minuti. E il Papa a un certo punto mi ha detto: ‘Mi scusi, mi ero scordato che lei era qua’“.
LAVORARE
Lavorare, il secondo verbo.
“Il suo impegno era instancabile”, ha riferito l’ex direttore della sala stampa della Santa Sede: “Non solo nei grandi viaggi ma giorno per giorno, dalla Messa mattutina fino a tarda notte.
Alla sera trascinava i piedi, e non solo negli ultimi anni. Non sapeva perdere un minuto e non aveva mai fretta!”
SORRIDERE
Riguardo all’ultimo verbo essenziale per capire appieno la sua biografia, “sorridere”, Navarro Valls ha citato una frase di Benedetto XVI: “Nelle sue conversazioni c’era sempre spazio per il buon umore”.
“Era un uomo allegro, e fu allegro sempre”, ha confermato Navarro Valls, affermando che “una teologia dell’allegria” dovrebbe sempre far parte del bagaglio di “una persona che crede sul serio”.
A riprova del fatto che Giovanni Paolo II sapesse sorridere, il suo portavoce ha raccontato un episodio accaduto durante l’incontro con una persona “molto importante”.
Ricevuta in udienza, querst’ultima ha detto al Papa, che a quell’epoca aveva già il bastone: “Santità, la trovo molto bene”. E il Papa santo, di tutta risposta: “Ma lei pensa che non mi veda come sono combinato?”.
(Tratto da Fraternità, organo ufficiale dell’Associazione U.N.I.T.A.L.S.I., n. 2 marzo/aprile 2014)
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