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Posts Tagged ‘gravidanza difficile’

Gravidanza inattesa? Non sei sola, chiama il CAV…

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 15/08/2015

CAV_01Entrano insieme, giovanissimi, lei con il viso pulito, semplice, un vestitino leggero, nascosta dietro di lui. Una cosa non si riesce a coprire: un pancione in cui da 7 mesi c’è un bambino. Sono Irina e Dimitri (nomi di fantasia), 18 anni lei, 19 lui, vengono dalla Moldavia. Lei non parla l’italiano, non ha documenti, soprattutto è lontana dalla famiglia, con un figlio in arrivo. Lui racconta che qui non hanno nessuno, che la sua fidanzata non è riuscita a farsi fare nemmeno un’ecografia, tantomeno altre visite specialistiche per la gravidanza (non sanno neanche quali siano…).

Alla Asl sono stati chiari: senza documenti non possono fare nulla. È per questo che sono arrivati qui, al Cav (Centro assistenza alla vita), dove i volontari cercano di sostenere famiglie e ragazze madri. Persone che non riescono a vedere alternative all’interruzione della gravidanza trovano una mano tesa pronta a far loro considerare altre possibilità.

CAV_02I due fidanzati hanno già deciso di tenere il bambino e di sposarsi appena nascerà. Ma hanno bisogno di aiuto. “Sono molte le coppie che arrivano da noi in queste condizioni – spiega Francesca, responsabile del Cav Ardeatino che si appoggia alla parrocchia di S.Giovanna Antida, a Roma – per questo siamo riusciti a procurarci una macchina per le ecografie. Così insieme a dottori volontari riusciamo a dare anche un minimo di sostegno medico a chi ne ha bisogno”.

I Centri di aiuto alla Vita sono associazioni di volontari, apartitiche, di ispirazione cattolica, considerati come il braccio operativo del Movimento per la Vita. L’obiettivo è quello di aiutare le donne alle prese con una gravidanza difficile o indesiderata, oltre che sostenere giovani madri prive di mezzi o sprovviste delle capacità necessarie per fornire le cure al figlio, in modo da scongiurare l’aborto.

Le storie che si possono ascoltare in questo centro sono davvero delle più diverse. Come quella di Celestine, dello Zimbawe, ormai a Roma da 15 anni. “Poco dopo essermi sposata sono rimasta subito incinta. Io e mio marito eravamo felicissimi, lui ha un lavoro, ce la potevamo fare”. Ma quando il piccolo ha due mesi scopre di essere di nuovo in dolce attesa. “Mi è crollata la terra sotto i piedi! Come avrei potuto fare con due bambini così piccoli? Ci sarebbero bastati i soldi? Cosa avrebbero pensato le persone intorno a noi? Non sapevo come dirlo a mio marito… I miei genitori ancora non sanno della mia gravidanza!”. Tramite un’amica è venuta a conoscenza del Cav, che le ha fornito sostegno psicologico per farle accettare il bambino come un dono, perché “un figlio lo è sempre”, dice lei. Uno schiaffo alla cultura dell’egoismo che sembra dominare la nostra società.

CAV_03Francesca ci dice che spesso diventare madre non è solo un problema economico o sociale per le donne, a volte “hanno bisogno di sentire che hanno qualcuno vicino, che possono essere sostenute”. Mentre ci parla arriva una telefonata: è una ragazza che chiede aiuto, perché tutti intorno a lei, famiglia, ragazzo, amici, le fanno pressioni per farle interrompere la gravidanza. Ipotesi che lei non vuole considerare. Così fissano un primo appuntamento in cui cominceranno a darle il sostegno necessario. “E’ giusto che ogni donna possa esprimere liberamente la propria vocazione alla maternità – commenta Francesca – non è giusto che debba vivere l’esperienza traumatica dell’aborto, soprattutto contro la sua volontà”.

Alle spalle dei Cav, diffusi su tutto il territorio nazionale, non ci sono interessi economici, lobby o partiti, c’è solo la volontà di sostenere la Vita; quella del nascituro, della mamma e anche quella di chi ha bisogno di riprendersi dalle gravi conseguenze dell’aborto. Per realizzare tutto ciò è necessaria la collaborazione di tutti, dai benefattori anonimi, che donano denaro, alimenti e corredini per i bimbi, ai medici, gli psichiatri e gli psicologici. Tutti pronti a mettersi a disposizione senza chiedere nulla in cambio. Se non il sorriso di una madre e della sua creatura, felici di non aver ceduto alla tentazione della morte.

[Fonte: http://www.interris.it/ – Titolo originale: “I nemici dell’aborto”]

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“La mia vita appesa a un filo”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 07/05/2015

filo_01Cari amici del blog, ho appena ricevuto questa testimonianza scritta da una parrocchiana di Cristina, carissima amica e sorella nella fede e, come me, collezionista di storie di grazia in cui Dio, con la sua pedagogia unica, interviene nella vita degli uomini e delle donne che lo accolgono.

La mia vita appesa a un filo

La mia vita per molto tempo è stata appesa ad un filo e forse lo sarà per sempre.

Questo filo, è rappresentato dall’elettrodo del peacemaker che mia figlia Serena, ha impiantato appena 4 ore dopo la sua nascita.

Ho voluto scrivere questa lettera, o meglio, questo mio doloroso sfogo, per raccontare quella che è stata l’avventura più dura e al tempo stesso più bella della mia vita, soprattutto per dare coraggio a tutte quelle mamme, a tutte quelle coppie, che devono affrontare una gravidanza difficile, che i medici potrebbero anche definire “impossibile da portare a termine”, ma io vi dico che niente è impossibile per l’amore di Dio, che ci mette di fronte a situazioni complicate, ma al tempo stesso ci fa trovare il coraggio e la luce nel nostro cuore, per affrontarle.

filo_02Era la mia prima gravidanza, una felicità immensa, tutto procedeva per il meglio, ma ad appena 21 settimane di gestazione durante una visita ginecologica di controllo, il dottore non sentì più il battito cardiaco fetale.

La corsa in ospedale per controlli più approfonditi e la dura realtà: il battito cardiaco della mia bimba era sceso a meno di settanta battiti (rispetto ai normali 140), il mondo cominciò a crollarmi addosso.

Sentii immediatamente il consulto di un cardiologo che dopo un’ecocardio fetale, mi fece capire che la situazione era molto grave: oltre alla frequenza cardiaca molto bassa, il cuoricino della mia bimba aveva un versamento causato da un blocco atrio-ventricolare di terzo grado, quindi la speranza che la gravidanza potesse giungere a termine, era molto remota.

Mi venne spiegato che anche per la mia salute, sarebbe stato opportuno valutare l’ipotesi di un aborto. Aborto è una parola che mi faceva paura anche pronunciare, avrei dovuto partorire alla ventunesima settimana di gravidanza una bambina viva, poiché la mia bimba un seppur minimo battito cardiaco lo aveva, ed aspettare, si aspettare che la sua breve vita finisse.

Per me, ma anche per mio marito, era assolutamente impensabile fare una simile scelta, e così con una grandissima emozione, ebbi la forza e il coraggio di dire no, io vado avanti, sarebbe stato il Signore ad illuminare il duro cammino che avrei dovuto percorrere come donna e come madre.

filo_03Grazie anche all’aiuto di un bravo ed umano ginecologo, che il Signore ha deciso di farci “casualmente” incontrare, siamo andati avanti per altri tre lunghi e durissimi mesi: ero continuamente sottoposta ad analisi, ecografie, ecocardio fetali, in diversi ospedali, comunque tutto procedeva, la bimba cresceva regolarmente ed il versamento cardiaco si era bloccato, anche grazie alle numerose iniezioni di cortisone a cui ero sottoposta, ma nel frattempo il battito cardiaco si era ulteriormente ridotto fino a 44 pulsazioni.

Arrivata alla 36 a settimana di gestazione, i medici decisero di intervenire con urgenza per evitare il peggio, poiché il versamento pericardico si era riaffacciato ed era aumentato.

Così un sabato, precisamente il 12 ottobre 2002 alle ore 17.40 con un parto cesareo, presso l’ospedale San Filippo Neri di Roma, è nata Serena, una bimba stupenda, che mi venne immediatamente portata via, senza avere nemmeno la possibilità di guardarla per un attimo negli occhi, con la cosiddetta “Cicogna” (una particolare ambulanza equipaggiata per il trasporto di bambini pretermine), per dirigersi all’ospedale pediatrico Bambino Gesù, dove la attendeva un’altra importante sfida: l’impianto di un peacemaker a solo quattro ore dalla nascita.

filo_04La situazione era a dir poco critica, perché la bimba era troppo piccola e fragile (pesava solamente 2,100 Kg), ma con tante difficoltà e cure, dopo un mese siamo riusciti a portarla a casa, iniziando così una nuova vita a tre: eravamo finalmente una famiglia.

Ora Serena, ha quasi tredici anni ed ha nel frattempo subito, altri 4 importanti interventi chirurgici e dovrà ancora affrontare altri momenti difficili, ma è diventata una signorina tranquilla, “serena”, piena di vita e di amore e di esempio di vita per tutti noi.

GRAZIE SERENA DI ESISTERE.

UNA MAMMA FELICE.

Io ringrazio i genitori di Serena per aver condiviso la loro storia e per averci insegnato che le sfide accolte confidando in Dio (e ovviamente nei medici) hanno spesso esiti che vanno al di là di ogni aspettativa.

Tanti auguri di cuore a loro e a Serena, e un invito a chi legge a pregare per questa famiglia affinché il Signore, per le mani di Maria, continui ad assisterli e a ricolmarli di ogni benedizione.

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