Ovvero, se l’utero fosse trasparente.
(Da una pubblicazione degli anni ottanta che mi convinse a diventare un difensore della vita, diversi anni prima della mia conversione e conseguente adesione al Magistero della Chiesa Cattolica)


















Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 09/02/2021
Ovvero, se l’utero fosse trasparente.
(Da una pubblicazione degli anni ottanta che mi convinse a diventare un difensore della vita, diversi anni prima della mia conversione e conseguente adesione al Magistero della Chiesa Cattolica)
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Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 07/02/2017
“Lei deve abortire signora. Non ha nessuna alternativa purtroppo.”
Queste furono le durissime parole dei medici per la terza gravidanza di Emilia che sbiancò e si appoggiò al braccio del marito.
Continuarono: “È malata ai reni e il suo cuore è appeso ad un filo… rischiate di morire entrambi. Nelle sue condizioni non riuscirà a portare a termine la gravidanza, il suo bambino, per il quale vuole sacrificare la sua vita, morirà“.La salute di Emilia cominciò a vacillare sin dalla seconda gravidanza; era soggetta a fortissimi mal di schiena che la costringevano a letto per giorni interi. I medici dicevano che aveva i reni compromessi.
Emilia non prese in considerazione l’idea dell’aborto nemmeno un attimo. Sì affidò a Dio.
Quel bambino nacque il 18 maggio 1920 in Polonia col nome di Karol Josef Wojtyla.
Emilia visse ancora per nove anni sopportando il dolore con fede, col sorriso, senza parlare mai dei suoi disturbi.
Il resto della storia lo conosciamo.
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Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 15/08/2015
Entrano insieme, giovanissimi, lei con il viso pulito, semplice, un vestitino leggero, nascosta dietro di lui. Una cosa non si riesce a coprire: un pancione in cui da 7 mesi c’è un bambino. Sono Irina e Dimitri (nomi di fantasia), 18 anni lei, 19 lui, vengono dalla Moldavia. Lei non parla l’italiano, non ha documenti, soprattutto è lontana dalla famiglia, con un figlio in arrivo. Lui racconta che qui non hanno nessuno, che la sua fidanzata non è riuscita a farsi fare nemmeno un’ecografia, tantomeno altre visite specialistiche per la gravidanza (non sanno neanche quali siano…).
Alla Asl sono stati chiari: senza documenti non possono fare nulla. È per questo che sono arrivati qui, al Cav (Centro assistenza alla vita), dove i volontari cercano di sostenere famiglie e ragazze madri. Persone che non riescono a vedere alternative all’interruzione della gravidanza trovano una mano tesa pronta a far loro considerare altre possibilità.
I due fidanzati hanno già deciso di tenere il bambino e di sposarsi appena nascerà. Ma hanno bisogno di aiuto. “Sono molte le coppie che arrivano da noi in queste condizioni – spiega Francesca, responsabile del Cav Ardeatino che si appoggia alla parrocchia di S.Giovanna Antida, a Roma – per questo siamo riusciti a procurarci una macchina per le ecografie. Così insieme a dottori volontari riusciamo a dare anche un minimo di sostegno medico a chi ne ha bisogno”.
I Centri di aiuto alla Vita sono associazioni di volontari, apartitiche, di ispirazione cattolica, considerati come il braccio operativo del Movimento per la Vita. L’obiettivo è quello di aiutare le donne alle prese con una gravidanza difficile o indesiderata, oltre che sostenere giovani madri prive di mezzi o sprovviste delle capacità necessarie per fornire le cure al figlio, in modo da scongiurare l’aborto.
Le storie che si possono ascoltare in questo centro sono davvero delle più diverse. Come quella di Celestine, dello Zimbawe, ormai a Roma da 15 anni. “Poco dopo essermi sposata sono rimasta subito incinta. Io e mio marito eravamo felicissimi, lui ha un lavoro, ce la potevamo fare”. Ma quando il piccolo ha due mesi scopre di essere di nuovo in dolce attesa. “Mi è crollata la terra sotto i piedi! Come avrei potuto fare con due bambini così piccoli? Ci sarebbero bastati i soldi? Cosa avrebbero pensato le persone intorno a noi? Non sapevo come dirlo a mio marito… I miei genitori ancora non sanno della mia gravidanza!”. Tramite un’amica è venuta a conoscenza del Cav, che le ha fornito sostegno psicologico per farle accettare il bambino come un dono, perché “un figlio lo è sempre”, dice lei. Uno schiaffo alla cultura dell’egoismo che sembra dominare la nostra società.
Francesca ci dice che spesso diventare madre non è solo un problema economico o sociale per le donne, a volte “hanno bisogno di sentire che hanno qualcuno vicino, che possono essere sostenute”. Mentre ci parla arriva una telefonata: è una ragazza che chiede aiuto, perché tutti intorno a lei, famiglia, ragazzo, amici, le fanno pressioni per farle interrompere la gravidanza. Ipotesi che lei non vuole considerare. Così fissano un primo appuntamento in cui cominceranno a darle il sostegno necessario. “E’ giusto che ogni donna possa esprimere liberamente la propria vocazione alla maternità – commenta Francesca – non è giusto che debba vivere l’esperienza traumatica dell’aborto, soprattutto contro la sua volontà”.
Alle spalle dei Cav, diffusi su tutto il territorio nazionale, non ci sono interessi economici, lobby o partiti, c’è solo la volontà di sostenere la Vita; quella del nascituro, della mamma e anche quella di chi ha bisogno di riprendersi dalle gravi conseguenze dell’aborto. Per realizzare tutto ciò è necessaria la collaborazione di tutti, dai benefattori anonimi, che donano denaro, alimenti e corredini per i bimbi, ai medici, gli psichiatri e gli psicologici. Tutti pronti a mettersi a disposizione senza chiedere nulla in cambio. Se non il sorriso di una madre e della sua creatura, felici di non aver ceduto alla tentazione della morte.
[Fonte: http://www.interris.it/ – Titolo originale: “I nemici dell’aborto”]
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Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 07/05/2015
Cari amici del blog, ho appena ricevuto questa testimonianza scritta da una parrocchiana di Cristina, carissima amica e sorella nella fede e, come me, collezionista di storie di grazia in cui Dio, con la sua pedagogia unica, interviene nella vita degli uomini e delle donne che lo accolgono.
La mia vita appesa a un filo
La mia vita per molto tempo è stata appesa ad un filo e forse lo sarà per sempre.
Questo filo, è rappresentato dall’elettrodo del peacemaker che mia figlia Serena, ha impiantato appena 4 ore dopo la sua nascita.
Ho voluto scrivere questa lettera, o meglio, questo mio doloroso sfogo, per raccontare quella che è stata l’avventura più dura e al tempo stesso più bella della mia vita, soprattutto per dare coraggio a tutte quelle mamme, a tutte quelle coppie, che devono affrontare una gravidanza difficile, che i medici potrebbero anche definire “impossibile da portare a termine”, ma io vi dico che niente è impossibile per l’amore di Dio, che ci mette di fronte a situazioni complicate, ma al tempo stesso ci fa trovare il coraggio e la luce nel nostro cuore, per affrontarle.
Era la mia prima gravidanza, una felicità immensa, tutto procedeva per il meglio, ma ad appena 21 settimane di gestazione durante una visita ginecologica di controllo, il dottore non sentì più il battito cardiaco fetale.
La corsa in ospedale per controlli più approfonditi e la dura realtà: il battito cardiaco della mia bimba era sceso a meno di settanta battiti (rispetto ai normali 140), il mondo cominciò a crollarmi addosso.
Sentii immediatamente il consulto di un cardiologo che dopo un’ecocardio fetale, mi fece capire che la situazione era molto grave: oltre alla frequenza cardiaca molto bassa, il cuoricino della mia bimba aveva un versamento causato da un blocco atrio-ventricolare di terzo grado, quindi la speranza che la gravidanza potesse giungere a termine, era molto remota.
Mi venne spiegato che anche per la mia salute, sarebbe stato opportuno valutare l’ipotesi di un aborto. Aborto è una parola che mi faceva paura anche pronunciare, avrei dovuto partorire alla ventunesima settimana di gravidanza una bambina viva, poiché la mia bimba un seppur minimo battito cardiaco lo aveva, ed aspettare, si aspettare che la sua breve vita finisse.
Per me, ma anche per mio marito, era assolutamente impensabile fare una simile scelta, e così con una grandissima emozione, ebbi la forza e il coraggio di dire no, io vado avanti, sarebbe stato il Signore ad illuminare il duro cammino che avrei dovuto percorrere come donna e come madre.
Grazie anche all’aiuto di un bravo ed umano ginecologo, che il Signore ha deciso di farci “casualmente” incontrare, siamo andati avanti per altri tre lunghi e durissimi mesi: ero continuamente sottoposta ad analisi, ecografie, ecocardio fetali, in diversi ospedali, comunque tutto procedeva, la bimba cresceva regolarmente ed il versamento cardiaco si era bloccato, anche grazie alle numerose iniezioni di cortisone a cui ero sottoposta, ma nel frattempo il battito cardiaco si era ulteriormente ridotto fino a 44 pulsazioni.
Arrivata alla 36 a settimana di gestazione, i medici decisero di intervenire con urgenza per evitare il peggio, poiché il versamento pericardico si era riaffacciato ed era aumentato.
Così un sabato, precisamente il 12 ottobre 2002 alle ore 17.40 con un parto cesareo, presso l’ospedale San Filippo Neri di Roma, è nata Serena, una bimba stupenda, che mi venne immediatamente portata via, senza avere nemmeno la possibilità di guardarla per un attimo negli occhi, con la cosiddetta “Cicogna” (una particolare ambulanza equipaggiata per il trasporto di bambini pretermine), per dirigersi all’ospedale pediatrico Bambino Gesù, dove la attendeva un’altra importante sfida: l’impianto di un peacemaker a solo quattro ore dalla nascita.
La situazione era a dir poco critica, perché la bimba era troppo piccola e fragile (pesava solamente 2,100 Kg), ma con tante difficoltà e cure, dopo un mese siamo riusciti a portarla a casa, iniziando così una nuova vita a tre: eravamo finalmente una famiglia.
Ora Serena, ha quasi tredici anni ed ha nel frattempo subito, altri 4 importanti interventi chirurgici e dovrà ancora affrontare altri momenti difficili, ma è diventata una signorina tranquilla, “serena”, piena di vita e di amore e di esempio di vita per tutti noi.
GRAZIE SERENA DI ESISTERE.
UNA MAMMA FELICE.
Io ringrazio i genitori di Serena per aver condiviso la loro storia e per averci insegnato che le sfide accolte confidando in Dio (e ovviamente nei medici) hanno spesso esiti che vanno al di là di ogni aspettativa.
Tanti auguri di cuore a loro e a Serena, e un invito a chi legge a pregare per questa famiglia affinché il Signore, per le mani di Maria, continui ad assisterli e a ricolmarli di ogni benedizione.
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Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 01/08/2014
(di Olivia Spears, dal blog http://www.ignitumtoday.com/)
La gravidanza è un periodo colmo di emozioni, che sia il primo figlio o il quindicesimo di una mamma in attesa. C’è gioia ed eccitazione, misti di trepidazione e irrequietezza, tutte emozioni appropriate visto il peso che questa nuova vita comporta.
Come tutte le mamme in attesa, ho provato anch’io questo mucchio di emozioni durante la mia prima gravidanza. I miei giorni erano movimentati da euforia e trepida irrequietezza.
Ma c’era anche qualcos’altro. La mia immensa felicità veniva occasionalmente minacciata da intensi dubbi e paure. Pensai che dipendesse dal fatto di essere sola in mezzo a queste incertezze; decisi allora di consultare altre mamme e realizzai di non esserlo.
Durante le nostre conversazioni scoprimmo che Satana spesso prende le nostre naturali preoccupazioni, le distorce e aggroviglia fino a che non diventino pressoché insopportabili. E’ ovvio che ci siano preoccupazioni e ansie naturali che arrivano con la gravidanza che è un evento enorme. Ma c’è una grande differenza tra l’essere un po’ giù perché non riesci più a entrare nei tuoi leggins preferiti, e pensare che non ci sia nulla di buono nel tuo corpo.
E’ pertanto necessario che le donne stiano in guardia contro il Nemico, riguardo a ciò. Il fatto che la gravidanza sia meravigliosa non significa che sia esente da attacchi spirituali. Ed è proprio per il fatto di essere così meravigliosa che il Nemico la odia, particolarmente mettendo in atto grandi sforzi per rovinarla (magari con l’aborto…).
Il diavolo si apposta e cerca di distruggere la nostra gioia innata, prendendo le nostre emozioni naturali e cercando di trascinarle verso il fango.
Meno male che c’è Dio, che non solo è vittorioso nei confronti di questa canaglia, ma santifica e protegge le gravidanze, essendo Egli stesso… nato. Noi non siamo destinati a vivere nelle tenebre ma nella luce.
Insieme a mamme ‘vecchie’ e nuove, ho buttato giù una lista degli attacchi spirituali più comuni contro le mamme in attesa, e un elenco di ciò che ci aiuta a superarle.
Non è che i giochini del demonio cambino un gran che, ma l’essere consapevoli di quello che possiamo fare per restistergli, ci rende meglio equipaggiati a combattere queste bugie mortifere quando stanno per essere insufflate nelle nostre orecchie, e così ci aggrappiamo strette strette al Salvatore.
1. INADEGUATEZZA
Andiamo subito alla bugia più diffusa e travolgente che Satana ci urla contro. Gli piace proprio tanto dirci che siamo inadeguate, e lo fa nelle maniere seguenti:
– FISICAMENTE: pensiamo che il nostro corpo non possa gestire la gravidanza. Poiché siamo ‘malate’ e incapaci di essere così efficienti, finiamo col ritenerci indegne e arriviamo a pensare: “Non posso mettere al mondo questo bambino”.
–
EMOZIONALMENTE: pensiamo di essere un relitto emotivo e che per questo, nessuno ci voglia stare intorno, e quindi finiamo con l’isolarci.
– SPIRITUALMENTE: pensiamo di non essere abbastanza sante come madri. Siamo troppo peccatrici per insegnare le virtù ai nostri bambini. Siamo lontanissime dal somigliare a Maria nella sua maternità.
2. IMMAGINE DEL CORPO
Questo è un colpo che coglie molte donne di sorpresa. Quando una donna scopre di essere incinta, è anche entusiasta che il pancione si cominci a vedere. Poi questo accade e all’improvviso lei non è più così contenta di cambiare forma. In questi momenti vulnerabili, il diavolo tenta di avventarsi su di lei e subentrare. “Il tuo corpo non è mai stato così poco attraente come adesso”, “tuo marito non ti vorrà più”, “questa gravidanza ha spazzato via tutta la tua bellezza”.
3. DISARMONIA CONIUGALE
Ragazzi, ecco una cosa che piace davvero al Nemico: gli piace andare dritto alla radice di una gioiosa gravidanza, un matrimonio fondato sulla donazione di sé, e aggrovigliare tutto ben benino. Una gravidanza richiede una dose massiccia di comunicazione, pazienza, apertura e comprensione tra gli sposi. Di ogni occasione che daremo a Satana di incunearsi, egli ne approfitterà.
4. CONFRONTO
Il diavolo approfitterà di ogni occasione per dirci che non siamo poi così buoni come dovremmo. Egli ci vomita addosso falsità del tipo: “Non sarai una buona madre – non sei abbastanza creativa, o abbastanza ricca, o abbastanza intelligente, o abbastanza stabile. Guarda tutte queste supermamme, hanno tutto, e TUTTO INSIEME, e tu sai di non essere come loro.” La nostra cultura ossessionata da Pinterest (e dai social network, n.d.t.) di certo apre le porte ancora di più al Nemico.
5. RIMPIANTO
In poche parole, Satana ama instillarci il dubbio se avremmo mai dovuto dare inizio a questa vita. Questo è decisamente terribile da sopportare.
6. PAURA IRRAZIONALE
Ci comincia a frullare per la testa: “Se qualcosa di terribile PUO’ accadere, ACCADRA’. La mia gravidanza è spacciata, il mio bambino è spacciato, il mio post partum è spacciato. Prenderò tutte le decisioni più sbagliate ed effettivamente distruggerò per mio figlio, ogni possibilità di salute, felicità e santità”.
COME CONTRATTACCARE (E VINCERE)
1. IL TUO SPOSO
Tuo marito è la tua prima linea di difesa: permettigli di difenderti, dopotutto, è fatto proprio per questo. Lascialo combattere le bugie che ti vengono dette, permettendogli di piantare semi di verità nella tua vita. Permettigli di servirti e di prendersi cura di te nei tuoi malesseri, permettigli di affermare che sarai una mamma formidabile, permettigli di confortarti nelle tue paure, permettigli di prendere l’iniziativa nell’intimità quando ti senti particolarmente brutta (nota bene: la maggioranza degli uomini trova le proprie mogli più attraenti durante la gravidanza, così, giusto per dire 😉 ), e permettigli di pregare e digiunare intensamente per te.
Mettiti davanti a Cristo risorto. Passa del tempo in silenzio davanti a Lui. Getta in Lui tutti i tuoi affanni e invitalo persino nei tuoi dubbi più profondi. Lui ha schiacciato al testa del serpente per te, per la libertà da questi attacchi. Egli non ti lascerà.
3. IL TUO ANGELO CUSTODE (E QUELLO DEL TUO BAMBINO)
Chiedi aiuto all’essere the ti è stato assegnato sin dall’inizio. Chiedi al tuo Angelo Custode di darti una gomitata quando Satana comincia a gettarti addosso tutta quella spazzatura. Chiedigli protezione e forza, chiarezza e speranza. Chiedigli di ricordarti la Verità.
4. LA SACRA SCRITTURA E IL ROSARIO
Parlare della verità, la vita di Cristo, la Verità, ci aiuterà a combattere questi attacchi spirituali. Immergendoti nella Parola e contemplando la vita di Gesù attraverso il Rosario, rimarremo concentrati su ciò che è vero, buono e bello, e saremo rese salde e convinte nella nostra vocazione di madri e mogli.
(Tradotto dal mio blog cattolico preferito: http://www.ignitumtoday.com/2014/07/31/spiritual-attacks-expectant-mother-combat/)
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Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 15/11/2013
Per gentile concessione dell’autrice, pubblichiamo il tema che ha vinto il XXVI concorso scolastico europeo “Uno di noi”, organizzato dal Movimento per la Vita. Lucia, il nome di fantasia assegnato dai giornali a questa studentessa maceratese, racconta in prima persona l’angoscia vissuta per la scoperta di essere rimasta incinta a soli 15 anni, il pensiero di abortire, i «colloqui avvilenti» con i medici, gli psicologi e il giudice, tutti pronti a giustificare la sua scelta, infine la resa all’amore che le ha impedito di uccidere «il regalo più bello di ogni giorno».
Ricordo quel giorno di pioggia, freddo, angosciante, la mano tremava nella tasca dove stringevo un test di gravidanza, gli occhi gonfi di lacrime e il cuore di paura. Dentro quella strana sensazione di sentirmi la pancia già piena di “qualcosa”, qualcuno. Camminavo verso casa del mio fidanzato, quel 28 dicembre del 2010 quando scoprii di essere incinta.
Fu un attimo e tutto crollò: corpo, mente, progetti. Tra sguardi increduli, gambe tremanti, urla e pianti infiniti. Tutte le aspettative, i sogni, le mille domande si racchiusero in una giornata intera passata abbracciati in un letto, mentre la razionalità mi portava ad una decisione che prevedeva responsabilità dalle quali mi sentivo schiacciare. Un enorme peso mi accompagnò quella sera a casa, quando decisi di dirlo ai miei genitori. Sapevo già, dentro di me, cosa avrebbero riposto. Senza indugio mi confortarono dicendo che tutto ciò che è Vita sarebbe stato da loro accettato e accolto come un dono.
Il problema allora divenne un altro: le convinzioni avute fino a quel giorno, le idee, i valori di una vita si frantumarono. Mi imposi quindi di non amare quell’esserino, di far finta che non fosse reale, pensando così che sarebbe stato più semplice per me porre fine alla sua esistenza; annullando cuore, mente e pancia anche alla prima ecografia, quando capii che ciò che non volevo fosse vero aveva un cuoricino che batteva e si muoveva, ma altro non era che un “granello di sangue”.
Da lì iniziarono colloqui avvilenti nei consultori fra assistenti sociali e psicologi pronti a dare giudizi su momenti di debolezza portati a farmi pensare che se ero lì davanti a loro non sarei potuta essere una “buona” madre e che era comprensibile alla mia età. Arrivai così, quasi allo scadere del secondo mese in un’aula di tribunale, dove un giudice ascoltava il mio essere inadatta a questa creatura, quanto mi sarebbe stata scomoda e questo lo portò a prendersi la responsabilità di firmare un foglio che mi permetteva di porre “fine” a questo incubo.
Andai in ospedale, dove un medico cercava freneticamente un buchino, in quel grosso libro, dove potermi infilare; libro pieno di tante passate e future date di morte di piccoli bambini. Attendevo e intanto non potevo far altro che ricordare il mio primo bacio con D.: rivedermi gli sguardi complici e felici, la gioia nelle poche parole, che erano solo nostre, nell’allegria riflessa nei suoi occhi verdi… E se avesse gli occhi verdi? Quegli stessi occhi che mi hanno fatto innamorare? Volevo davvero far spezzare così tanta felicità dall’odore metallico e fastidioso di una sala d’aspetto di un ospedale? Dissi di sì, anche quando mi proposero il 4 febbraio come data ultima per porre fine a tutte le mie preoccupazioni. Dopo svariate direttive finali, aspettai che quel giorno arrivasse, a conclusione dei tre mesi più lunghi e indimenticabili della mia vita. E arrivò quella mattina, in un lampo.
Non mi sono mai alzata da quel letto, sono rimasta lì, immobile, con le mani ancorate alla pancia, in un nuovo senso di protezione per questo bambino che finalmente riuscivo a sentire mio e ora sapevo che non avrei permesso a nessuno di strapparmelo via con ferri e forbici e di buttarlo insieme ai rifiuti ospedalieri. Era mio e lo volevo! Anche quel giorno, come il primo, il letto fu una fortezza di emozioni, che condivisi abbracciata a chi stava capovolgendo la sua vita insieme alla mia, ma con una consapevolezza diversa, cioè che niente sarebbe andato storto perché, comunque sia, nostro figlio viveva!
Dopo sei mesi, il 21 agosto, nacque il nostro bambino e da lì in poi, da tre persone, ne diventammo una. Vedere i suoi occhietti, le sue manine, le sue lacrime, le prime parole insieme ai primi passi; l’entusiasmo di quando ti corre incontro in una grande risata è tuttora il regalo più bello che ogni giorno ci regala.
Io avevo 15 anni, D. 18, la nostra vita è stata sconvolta, ma cosa può cambiare per il semplice fatto che c’è una personcina in più che ti vuole bene? Che importanza può avere se c’è l’amore?
[Fonte: Tempi.it – Follow us: @Tempi_it on Twitter | tempi.it on Facebook]
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Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 16/08/2013
Tu che vivi la maternità inaspettata nella solitudine, come un evento drammatico, e ne senti tutto il peso…
Tu che nel futuro intravvedi solo incertezze e pensi di rifiutare chi porti in grembo…
Tu che sei stata lasciata sola a decidere e programmare il futuro per te e per la vita che porti in grembo…
Tu che senti il peso di minacce altrui e stai per cedere alle loro sollecitazioni…
Tu che pensi di essere troppo giovane e impreparata per accogliere una nuova vita…
Tu che ritieni che una nuova maternità porterà disagi e povertà alla tua famiglia…
Tu che hai detto di no alla vita che fioriva nel tuo grembo e vivi nel rimorso dei tuo rifiuto
VIENI AL CAV E TROVERAI SOSTEGNO, AIUTO, COMPRENSIONE.
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