Lavoro nel turismo, in un posto affollato e mi capita sempre più spesso, in questi ultimi tempi, di essere urtato da persone che, assorte dal proprio cellulare, camminano senza guardare dove vanno.
In genere la butto sul ridere; appena vedo che stanno per urtarmi dico sorridendo – Mi prendi… Mi prendi… Mi prendi… – invece di evitarle attendo che mi prendano per poter dire – Mi hai preso! – senza smettere di sorridere.
La maggior parte delle volte finisce tutto con un sorriso o con un cortese – Ops, mi scusi… Sorry…
Al di là della macchietta, queste situazioni mi dicono, ogni giorno, quanto la tecnologia ci stia tenendo bloccati in una specie di incantesimo che ci coinvolge tutti, che lo ammettiamo o no.
Il sindaco di New York pare che stia studiando una legge per multare i pedoni che attraversano senza riuscire a distogliere lo sguardo dal cellulare, per proteggerli dalla propria incapacità di vedere i pericoli… Ma cosa stiamo diventando?
Con questi pensieri che frullavano per la testa, ho deciso di mettere in atto un progressivo “digital detox”, con le parole di Madre Teresa di Calcutta – che mi frullavano per la testa insieme a quei pensieri “sovversivi” – che diceva spesso: «Tutto quello che non mi serve mi pesa.»
Ho cominciato dall’account privato di Facebook, cancellato con senso di liberazione il 4 maggio, proseguendo con l’eliminazione dell’app di Twitter dal cellulare; avrei continuato a diffondere i post dal pc di casa.
Disinstallate anche le app inutili, dopo un paio di giorni, la funzione “tempo di utilizzo” dell’iPhone mi comunicava che quotidianamente trascuravo il prezioso “device” per ben 45 minuti, a beneficio delle relazioni, e di cose più interessanti, preghiera in primis, a cui mi potevo dedicare meglio e di più.
Ho realizzato che l’aspetto che veniva più penalizzato da questo moderno incantesimo del “sempre-tutti-online”, era proprio il tempo e il gusto per la relazione, la relazione con gli altri ma anche con me stesso e con Dio. Con Dio…
E questo gusto per la relazione lo avevo perso (al netto dei limiti delle relazioni sui social) anche su Twitter. Quanti dei 9000 e passa follower di “Fermenti” erano contatti reali? A ogni post che twittavo seguivano al massimo una cinquantina di click; e tutti gli altri? Account scaduti, vecchi follower ormai disinteressati, spazzatura informatica? Non sapevo darmi una risposta ma la frase di Madre Teresa continuava a ronzarmi per la testa: «Tutto quello che non mi serve mi pesa.»
Ho pensato così di dare una bella potata anche a questo strumento che sta risentendo la pesantezza di nove anni di attività. Un ultimo scrupolo mi frenava – Sarà la cosa giusta? – e con un tempismo che solo Dio sa avere, mi arrivava da una sorella, una cara amica e donna di Dio, questo messaggio: «Uno scrive ma l’obbiettivo non è avere il controllo di ciò che scrive, l’obiettivo è diffondere un messaggio positivo. (…) Non lasciare l’impegno di divulgazione…». OK, ricevuto.
Dal 26 maggio, giorno di San Filippo Neri e sotto la sua protezione e intercessione, l’account @fermenticattoli verrà sostituito dal nuovo @fermenti2_0.
Se sei ancora interessato a ricevere gli aggiornamenti del blog ma soprattutto a continuare un dialogo tra fratelli in cammino, ti aspetto su @fermenti2_0, non perennemente online ma con una risposta pensata, magari pregata, assicurata per tutti.
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«Tempo di utilizzo»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 12/01/2019
Qualche giorno fa, una spietata funzione dell’Iphone – «TEMPO DI UTILIZZO» – mi ricordava quanto tempo trascorro ogni settimana al cellulare, specificando i minuti (le ore ahimè) per ogni singola applicazione. E’ inutile che dica che ai primi posti troneggiavano i social, soprattutto quello col fumetto bianco su sfondo verde che ci dà l’illusione di essere in comunicazione col mondo, alimentando, in realtà le nostre solitudini.
Dalle ricerche di mercato pare che trascorriamo ben ventisette anni a dormire, sei anni e mezzo a mangiare e circa venticinque davanti a uno schermo. Venticinque!
Ore e ore, che diventano anni scappano via mentre, chini su una perenne fonte di distrazione, disimpariamo a contare bene i nostri giorni, e i nostri cuori, nati con la potenzialità di diventare saggi, diventano sempre più sbalestrati.
«Insegnaci, o Dio,
a contar bene i nostri giorni,
per acquistare un cuore saggio.»
(Salmo 90, 12)Sarebbe da imparare a memoria, recitandolo come una giaculatoria, questo versetto prezioso del Salmo 90, ogni volta che sblocchiamo il cellulare alla ricerca di tutto e niente, chiedendoci: in questa giornata quanto tempo passo a pregare, a leggere la Bibbia, a coltivare il rapporto con quel Dio, il solo che ci possa insegnare a “contar bene” i nostri giorni per acquistare un cuore saggio?
Non è facile ritagliarsi degli spazi per la preghiera, ma come diceva un filosofo (che non amo ma che in questa frase dice il vero), «Se uno ha molto da cacciarvi dentro, una giornata ha cento tasche.»
E noi cosa decidiamo di infilare in queste cento tasche?
Il tempo che passiamo con Dio è il più prezioso perché è l’unico che può cambiare realmente la nostra vita, perché può cambiare il nostro cuore, insegnandogli a diventare saggio.
«Insegnaci, o Dio,
a contar bene i nostri giorni,
per acquistare un cuore saggio.»
(Salmo 90, 12)E se mettessi questo versetto come schermata di sblocco?
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