Come i fermenti lattici vivi sono piccoli ma operosi e dinamici e pur essendo invisibili sono indispensabili alla vita, spero che questi "fermenti cattolici vivi" contribuiscano a risvegliare la gioia di essere cristiani.
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CUORE IMMACOLATO
DI MARIA
Qualche giorno fa ho ricevuto questo scritto da una cara amica.
Un pallone da basket nelle mie mani vale 20 euro, nelle mani di Michael Jordan vale circa 30 milioni di euro. Dipende dalle mani in cui si trova.
Una palla da baseball nelle mie mani vale 4 euro, nelle mani di Mark McGuire vale circa 17 milioni di euro. Dipende dalle mani in cui si trova.
Una racchetta da tennis nelle mie mani è praticamente inutile, nelle mani di Venus Williams è la vittoria in un torneo. Dipende dalle mani in cui si trova.
Un bastone nelle mie mani mi accompagna in montagna, un bastone nelle mani di Mosè divise il Mar Rosso. Dipende dalle mani in cui si trova.
Due pesci e cinque pani nelle mie mani sono una buona merenda, due pesci e cinque pani nelle mani di Dio sfamarono una moltitudine di persone. Dipende dalle mani in cui si trovano.Una fionda nelle mie mani è poco più di un giocattolo, una fionda nelle mani di Davide abbatté Golia. Dipende dalle mani in cui si trova.
I chiodi nelle mie mani possono produrre un riparo per cani, nelle mani di Gesù Cristo hanno prodotto salvezza per il mondo intero. Dipende dalle mani in cui si trovano.
Come vedi, tutto dipende dalle mani in cui gli oggetti si trovano.
Allora metti i tuoi ragionamenti, le tue preoccupazioni, le tue paure, le tue speranze, i tuoi sogni, la tua famiglia e i tuoi rapporti con gli altri, tutto, nelle mani di Dio perché dipende dalle mani in cui si trovano.
(Anonimo)
Aggiungerei: un’ostia nelle mie mani è un pezzettino di pane non lievitato, nelle mani del sacerdote diventa il corpo e sangue del risorto che è passato per la Croce e che ogni giorno non aspetta altro che entrare in Comunione con ciascuno di noi.
«Come nessuno altro al mondo, l’Eucarestia sconvolge [Giovanni Paolo II]. Talvolta è preso a tal punto dal mistero, che il suo segretario gli deve indicare a che punto del messale si trova. Una volta, dopo la lettura del vangelo, lo avvicina affinché lo baci. Egli non vede niente, gli occhi ancora chiusi, mentre interiorizza la Parola.
Il Giovedì Santo 1980, non ha forse scritto: “Il sacerdote si manifesta in tutta la sua pienezza quando egli stesso permette al mistero dell’Eucaristia di diventare visibile, affinché solo questo mistero brilli nel cuore dei credenti…”.
La sua tenerezza alle volte traspare: “Come è mirabile Dio, quando desidera che noi lo abbracciamo sotto la specie del pane e del vino!” (Corpus Domini, 1979).
Poiché egli sa come nessun altro che “quella piccola ostia è la risposta agli interrogativi più lancinanti degli uomini, la risposta alla sete di gioia e d’amore che ognuno porta nel suo cuore” (Corpus Domini, 1983).
Sì: “La fame del cuore umano per l’immensità di Dio non può essere saziata che qui.” (Karachi, 1981).
Non è lui che ristabilisce la processione del Corpus Domini fra la basilica del Laterano e quella di Santa Maria Maggiore? Egli ci tiene, nonostante tutte le proteste di certi romani che si lamentano del disturbo dato al traffico. Egli stesso porterà il suo Signore, finché non ne cadrà sfinito…
«Se è vero che nell’Ostia è presente Cristo, sia nella sua interezza che in ogni frammento, se è vero che la Santa Comunione è un dono immenso per noi spiriti incarnati, che abbiamo bisogno di toccare e vedere, allora capisco che possa fare impressione vedere il Corpo di Cristo maneggiato tra guanti e disinfettanti.
Lo capisco, e non è certo un caso che si sia passati dal pane all’ostia, data in bocca, proprio perché nessun frammento andasse perduto. (In questo sono confortato dall’esperienza di molti santi…). Tuttavia bisogna saper discernere.
Nel museo della Custodia di Terra Santa sono ancora visibili le pinze usate dal sacerdote durante le pestilenze per dare la Comunione agli appestati.
Nel contesto attuale, ci sono tanti anziani che vanno in chiesa e che devono essere protetti, al di là del fatto che nessuno può dirsi al sicuro.
Non bisogna dimenticare secondo me il cuore della norma, che è sempre Amore, e vedere tutto da questa prospettiva.
Naturalmente speriamo tutti che presto si possa tornare alla normalità, in modo da trattare il Corpo di Cristo così come merita. 🙂 Chiediamo sempre un vero discernimento.
Non so dare risposte assolute, ma sento di dire con certezza che se si perde questa prospettiva, in qualunque modo si riceva l’Ostia si rischia di sprecare il Corpo di Gesù.»
(Dall’account Facebook dell’amico Pierluigi Cordova, col suo gentile permesso)
«Una mia cara amica, ora clarissa, mi diceva sempre di mettere nel calice del Signore tutte le persone che più avevano bisogno di Lui.
Chi di noi può andare ancora a Messa (nel rispetto delle regole) può farlo. 🙂
A distanza di un metro, in quarantena, isolati nelle zone rosse o nei reparti, nei letti di tutti o malati (non c’è solo il virus…), lì, nel calice del Signore, alle porte del Cielo che Lui spalanca con l’offerta di Sé, siamo tutti uniti, tutti insieme.
A Dio piacendo lo farò anch’io per voi. Forza, la paura è umana, l’angoscia la provò anche Cristo, ma la disperazione no, mai può appartenere ad un figlio di Dio.
È domenica mattina e in famiglia si decide di andare a Messa la sera, per delle incombenze che non possiamo rimandare.
Facendo un’eccezione alla regola che mi sono imposto di andare in un centro commerciale solo se spinto da estrema necessità, soprattutto se è domenica, mi reco a quello più grande della città (sfacciatamente grande da perdermici ogni volta) per ritirare gli occhiali di mia figlia senza i quali sembra la nipote bella di mister Magoo in giro per casa.
In questa moderna “cattedrale” scopro un mondo che ipotizzavo ma che non conoscevo.
In una sensazione di disorientamento vuoto, non posso fare a meno di osservare gente rilassata ma non pienamente felice, come se, qualunque cosa stesse provando in quel momento, non riuscisse ad essere piena.
Frotte di gente normale, per bene, ma in preda a uno sguardo vago alla ricerca di qualcosa di indefinito, gente la cui fantasia non osava desiderare oltre questa enorme scatola colorata piena di cose da comprare, vagava, desiderava e comprava.
È questa la libertà? Lo svago? Desiderare quello che qualcun altro ha già deciso? Di botto si fa largo in me un insolito senso di nostalgia per la mia sgangherata parrocchia di periferia, del coro a cui appartengo, con le sue ferite e le discussioni sempre sulle stesse cose, del parroco che lotta in eroica solitudine coi soliti problemi, dei bambini e dei ragazzi che riempiono i primi banchi ma che spariscono non appena finisce il catechismo, una piccola galassia imperfetta che però ruota attorno a un “Sole” che riesce a mantenere in equilibrio le realtà più imperfette, difettose e diverse tra loro, compresa la cronica mancanza di senso che mi accompagna ovunque da quando ho il dono della ragione, ma che si affievolisce quando ruoto attorno a quel misterioso Sole che è la presenza di Gesù.
La mia parrocchia, una sciancata armata Brancaleone che Eucaristia dopo Eucaristia, Messa dopo Messa, adorazione dopo adorazione orbita attorno a Qualcuno, che dev’essere davvero grande se riesce a tenere insieme tante diversità e imperfezioni con amore, portandole a innalzare lo sguardo in Alto, desiderando molto di più dei momentanei scintillii del centro commerciale più grande di Roma.
Se è corretto terminare le preghiere con “amen”, perché dopo il Padre Nostro nella Messa non si dice?
La parola “amen” è uno dei vocaboli più usati dai cristiani ed è difficilmente traducibile nel suo senso più profondo, per questo è stata mantenuta la forma ebraica originaria, che è quella usata nella relazione con Dio.
Pronunciare questa parola significa che si ritiene vero ciò che si è appena detto, con l’obbiettivo di ratificare una proposta, di unirsi ad essa o a una preghiera.
Per questo, esprimere in gruppo nell’ambito del servizio divino o dell’ufficio religioso, significa “essere d’accordo” con quanto appena detto.
La parola “amen” conclude le preghiere, anche quella del Padre Nostro, ma non il Padre Nostro recitato durante la Messa. (…)
E’ semplice, non si dice “amen” perché la preghiera non è ancora terminata.
Dopo aver pregato il Padre Nostro, alle parole “…ma liberaci dal male”, al posto di “amen”, il sacerdote continua a pregare da solo.
La liturgia definisce questa cosa “embolismo” ovvero la preghiera che il celebrante fa da solo raccoglie e consegna la preghiera precedente.
Il sacerdote sviluppa l’ultima petizione del Padre Nostro (“liberaci dal male”) dicendo:
#TV2000 ha posto questa domanda ad alcuni fedeli e i risultati sono interessanti.
Segue una piacevole conversazione con don Maurizio Mirilli che rivela quanto ognuno di noi abbia bisogno di una continua formazione cristiana per vivere profondamente la relazione con Dio.
Dall’esperienza col male all’incontro con Dio alla Verna e la vocazione al sacerdozio a Medjugorje, fra Stefano Sarro si racconta
C’era una profondissima inquietudine, una profonda ricerca di senso che, essendo sempre più forte e andando sempre più lontani da Dio, da quello che Lui ci ha chiesto per una vita bella, diventava sempre più profondamente una mancanza di senso ed è diventata nel corso del tempo cinismo ma anche rabbia…
Il Signore ti mette gli occhi addosso sin dall’eternità, pronuncia il tuo nome…
L’adolescenza è voglia di vita, c’è un’esplosione dei vita e purtroppo io l’avevo incanalata nella trasgressione e anche nella rabbia esplicita contro Dio…
La Confessione e l’Eucaristia a cui ho partecipato non avevano niente di speciale (…) il Signore mi ha aperto il velo davanti agli occhi e ha riempito il mio cuore d’amore, così tanto che quasi non era possibile immaginare quanto amore potesse entrare nel mio cuore.
Signore se sei così, se è così bello come sei e se tu sei in questo modo allora ti seguo, non ha nessun senso venirti contro…
Alla Verna, ebbi il cuore toccato e l’intuizione profondissima di seguire San Francesco.
La vocazione al sacerdozio l’ho ricevuta il 4 Agosto a Medjugorje durante una Messa (…) quando c’era il Vangelo in cui Gesù aveva compassione perché le folle erano come pecore senza pastore e lì cominciai la mia ricerca…
Tutta quella sete di vita, di pienezza, quella voglia profonda di scoppiare senza finire mai, di vita e di gioia, ha una parola, un volto, anche se uno non se ne accorge e non lo sa, ed è Gesù…
Un mio amico mi disse: “A Ste’ che t’è successo? Sei sereno? Mi fai paura…”
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