FERMENTI CATTOLICI VIVI

"Andate controcorrente. Di quanti messaggi, soprattutto attraverso i mass media, voi siete destinatari! Siate vigilanti! Siate critici!" Benedetto XVI

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Posts Tagged ‘Natale’

2020. Natale stanco o grande occasione?

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 23/12/2020

«In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.» (Gv 1,1-3)

(…)

«Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.» (Gv 1,9)

(…)

«E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.» (Gv 1,14)

Non mi venite a raccontare che andrà tutto bene. Non sopporto l’ottimismo stolto e luccicante fondato sul nulla dei meme carini e colorati che girano sui social. La situazione è pesante, incerta, e lo sarà probabilmente per molto. La confusione e lo scompiglio che sembrano predominare su tutto, scombussolano tutti. L’arroccarsi su estremismi e posizioni granitiche, non è forse un pietoso abbarbicarsi a uno dei tanti ruderi galleggianti sbatacchiati dalle onde durante uno tsunami? Questi tempi e questo virus ci ricordano ogni giorno quanto siamo fragili. Ci stanno sbattendo in faccia la nostra fragilità.

Come tutti ogni tanto mi faccio prendere dalla stanchezza e dallo sconforto. Permetto alla pesantezza di questi tempi di prostrarmi, di trafiggere le mie fragilità, sbagliando.

Ma quando ricorro alla Sua Parola, come quei versetti che ho condiviso all’inizio di questo post, allora le giornate si illuminano, e vedo il compiersi della promessa che Dio ci fa nel Salmo 119, e la fragilità diventa creaturalità… Comincio a vedere le cose con i Suoi occhi, con la Sua Luce.

Quando ricorro ai Sacramenti, quello della Confessione, la Comunione frequente, la stanchezza e lo sconforto si trasformano in pace, e la fragilità in abbandono confidente a Dio Padre.

Quando mi lascio cullare dalla dolcezza delle Avemarie del Santo Rosario smetto di essere musone.

Ma quand’è che mi decido a capire che la soluzione di tutto sta nel lasciare le redini delle propria vita a Dio?

Natale è un’occasione per farlo. Quest’anno abbiamo anche l’occasione per farlo nel silenzio e nell’intimità delle nostre case, senza aggiunte consumistiche. Se lo vorremo.

Questo Natale 2020 può essere un momento funesto o un momento propizio. Può essere la tragicomica giostra delle nostre fragilità, o la dolce sensazione della creatura che si abbandona all’amore del suo Creatore, come Gesù Bambino si abbandonava nelle braccia di Maria e di Giuseppe. Sta a noi decidere Chi vogliamo mettere al centro. Sta a noi decidere se accogliere quel mare di Grazia che non aspetta altro che il nostro “sì”!

Il mio augurio per tutti noi è che la Luce di Cristo illumini i nostri passi giorno dopo giorno, ora dopo ora, affinché, camminando dove ci indica il Padre, le nostre fragilità siano trasfigurate, nel Bambino del 25 dicembre, e trasformate, prima nella pace e poi nella gioia di essere figli abbandonati nelle Sue braccia.

Buon Natale!

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Messaggio della Regina della Pace del 25 Dicembre 2019

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 25/12/2019

Odette_01

«Cari figli!

Vi porto mio Figlio Gesù perché vi benedica e vi riveli il Suo amore che viene dai cieli.

Il vostro cuore brama la pace che diminuisce sempre più sulla terra.

Per questo gli uomini sono lontani da Dio, le anime sono ammalate e vanno verso la morte spirituale.

Sono con voi, figlioli, per guidarvi su questo cammino di salvezza al quale Dio vi chiama.

Grazie per aver risposto alla mia chiamata.»

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Buon Natale

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 24/12/2018

Là, dove tutto è iniziato…

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«LUI RITIENE CHE TU VALI LA PENA!»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 22/12/2018


(Video realizzato per l’ufficio di Pastorale Giovanile della diocesi di Perugia in occasione della veglia di Avvento 2018.)

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La bimba che voleva che Gesù entrasse nelle case di tutti

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 13/12/2018

Lo scorso giugno è morta una bambina di dieci anni, dopo aver lottato per quattro contro un terribile tumore.

Giulia Zedda è il nome della piccola che ogni anno, come racconta la mamma “condivideva la sua roba con gli altri bambini ed è ciò che ha fatto anche prima di andarsene, anche se non era consapevole di stare per morire, anzi ha sperato e pregato sino all’ultimo”.

Si, perché nonostante la sua giovanissima età, Giulia era una bambina dalla fede viva, che pregava e praticava insieme alla famiglia; una fede vera che traboccava in una generosità non comune alla sua età, in tempi come questi.

E così, questa bambina – che ogni anno regalava i suoi giochi – è morta com’è vissuta, lasciando un testamento speciale, affidando a mamma e papà la sua volontà di regalare tutti i suoi giochi ai bambini meno fortunati.

Nasce così l’associazione “Il sogno di Giulia”, che raccoglie e distribuisce giocattoli ma anche carrozzine, passeggini, lettini e coperte a famiglie in difficoltà.

Un’associazione come tante altre che fanno del bene? Forse, ma in questo caso è evidente che si tratti della continuazione di un sogno che nasceva da una fede vera, vissuta giorno dopo giorno, che è riuscita a rendere feconda anche una morte che noi uomini comuni percepiamo come tanto ingiusta.

Ce lo conferma la mamma Eleonora:

“Ho realizzato il sogno di mia figlia. Io sono serena, lo sono sempre stata dall’inizio.

La serenità mi viene dalla fede che è la cosa più importante in assoluto.

Anche Giulia pregava tantissimo, era una fervente cristiana: faceva pregare e distribuiva dei presepi che faceva lei in modo che Gesù potesse entrare nelle case di tutti.

 

La distribuzione dei regali di Giulia viene effettuata ogni mercoledì e venerdì in via Giardini 159, a Cagliari.

I volontari raccolgono tutto ciò che può servire alle donne in gravidanza e ai bambini da 0 a 14 anni: abbigliamento, giocattoli, libri, coperte, passeggini e lettini.

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Attendere con amore l’arrivo dell’Amore

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 01/12/2018

Avvento tempo di attesa.

Attendiamo un Dio che si è fatto bambino, e questo mi porta ogni anno a pensare a quando mia moglie e io attendevamo l’arrivo di nostra figlia, ormai quattordici anni fa.

L’attesa ci prendeva tutto e tutti: partiva dal cuore e si riverberava sulle cose, sull’uso del tempo, sulle priorità, sulla casa; tutto volgeva alla preparazione dell’arrivo della nostra attesa figlia.

Non era uno stare fermi passivamente aspettando qualcosa ma un fare tutto in funzione di quel “qualcosa” che stava arrivando proprio da noi…

Non è l’Avvento più o meno la stessa cosa?

Solo che si attende Qualcuno che, nella misura in cui Gli avremo preparato un posto, verrà, crescerà e darà senso, vita, salvezza a queste nostre vite piene di tutto ma non dell’Essenziale.

Per poter preparare quel posto, custodirò il silenzio a partire dai social e da tutto ciò che ruota attorno alla rete.

Il blog resterà silente – per questo motivo – almeno fino a Natale.

Uniti nella preghiera, ogni giorno, vi auguro un Avvento avventuroso nella preparazione della via del Signore, nel sereno lavoro per raddrizzare quei sentieri che non portano a Lui, nella pace e nella gioia di chi attende con amore l’arrivo dell’Amore.

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«Non sopporto (…) l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 23/12/2017

Gli «auguri scomodi», di don Tonino Bello.

«Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo, se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infastidire.

Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario.

Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati. Tanti auguri scomodi, allora , miei cari fratelli!

Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.

Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.

Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.

Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.

Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie , fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.

Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame.

I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi, che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.

I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge ”, e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi.

Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza

(Mons. Tonino Bello, Arcivescovo di Molfetta)

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Buon Natale!

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 24/12/2015

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“[Ero] carcerato e siete venuti a trovarmi”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 22/12/2015

Natale_01“Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.” (Mt 25,34b-36)

Su questo saremo giudicati dal Signore nel giudizio finale. Da qualche giorno mi frullano per la testa questi richiami di Gesù, perché, preso come tutti da mille cose, mi rendo sempre più conto di quanto sia lontano dall’amare il mio prossimo come lui ci chiede.

Soprattutto “[ero] carcerato e siete venuti a trovarmi”, perché qualche volta una distratta carità, magari per metterci a posto la coscienza la facciamo, i vestiti vecchi li buttiamo nei contenitori gialli della Caritas, qualche spicciolo lo laciamo cadere nelle mani tese che incontriamo, almeno amici a parenti li andiamo a trovare se sono ricoverati in ospedale. Ma i carcerati?

Quanti di noi hanno avuto il coraggio di andarli a trovare, o di prendere carta e penna e perdere un’oretta per scrivere quella lettera che potrebbe essere una preziosa boccata d’ossigeno per i sepolti vivi dei giorni nostri?

Da qualche tempo seguo il blog di Carmelo Musumeci, un ergastolano che si batte per l’abolizione di quella che Papa Francesco chiama la “pena di morte nascosta”.

Natale_02Dal suo blog www.carmelomusumeci.com, vi propongo l’ultimo post, che vi invito a leggere senza giudizi, col cuore, pensando alla parola di Gesù: “[ero] carcerato e siete venuti a trovarmi”.

Natale da ergastolani

Ogni anno ricevo moltissimi auguri di buone feste da parte di ergastolani sparsi nelle nostre “Patrie Galere”. E quest’anno ho deciso di rendere pubbliche, almeno in parte, tre di queste lettere. C’è chi pensa, infatti, che sia giusto tenere segregato un proprio simile per “correggerlo e redimerlo”. Queste brevi testimonianze dimostrano invece che una pena senza termine condanna il detenuto ad essere considerato, e a considerarsi, maledetto, cattivo e colpevole per sempre. Così, leggendo questi pensieri, è possibile riflettere più concretamente sulle proprie convinzioni ed iniziare a considerare che, forse, si sta sbagliando.

È vero, molti di noi se la sono cercata. E forse è anche giusto che qualcuno di noi paghi e soffra all’infinito per il male che ha fatto, affinché la nostra sofferenza dia qualche sollievo alle vittime dei nostri reati. Forse è anche giusto il principio biblico: una vita per una vita o occhio per occhio dente per dente. Eppure non riesco a convincermi che ci sia giustizia in una pena che non finisce mai. Piuttosto penso che sia più certa e sicura per la società la “Pena di Morte” che la “Pena di Morte Viva”, cioè l’ergastolo.

In tutti questi anni di carcere mi sono spesso domandato perché la società continua a tenerci in vita se ci considera irrecuperabili e pericolosi fino alla fine dei nostri giorni. Non riesco a capire se lo fa in nome della giustizia, per vendetta o perché non vuole sporcarsi le mani di sangue. Forse, semplicemente, vuole dimostrare che le persone buone non uccidono (nel senso che non tagliano teste) ma preferiscono ipocritamente murare vive persone che ancora non sono morte e senza l’umanità di ammazzarle prima.

Natale_03Caro Melo, come sai è difficile sentirsi vivi se si è ergastolani, perché è quasi impossibile sfuggire al nostro destino. Quale è il senso di una vita così? Ti ci aggrappi, la sopporti insieme a tutte le sue umiliazioni, per nulla. Melo, dobbiamo essere proprio dei folli a continuare a scontare una pena che non finirà mai. Mi raccomando, però: tu che ormai non hai più l’ergastolo ostativo, non ti stancare mai di combattere contro la “Pena di Morte Nascosta” come la chiama Papa Francesco. E continua a lottare anche per me perché io non ce la faccio più e già mi sono arreso perché questo è il trentaduesimo Natale che passo dentro. Ormai fuori non mi è rimasto più nessuno. Sono solo e a volte mi domando che cazzo spero un giorno di uscire, a fare cosa? (Carcere di San Gimignano)

Caro Carmelo, proprio oggi ho avuto la notizia, tra i detenuti, che è morto un vecchio ergastolano. Costui, di origine, era vicino a Napoli. Dico origine, perché quando siamo condannati all’ergastolo non abbiamo più paese e né diritti, siamo di proprietà dell’ergastolo. Questo vecchio aveva quasi 85 anni e si trovava dentro dal 1981. Ha vissuto tutti questi anni senza avere la speranza di morire fuori. E ho pensato che anch’io farò la sua stessa fine. Credo che quello che ti fa andare avanti nella vita sia l’incertezza, perché senza questa la vita diventa piatta. Ma purtroppo molti di noi sono certi che moriranno in carcere. Buon Natale. (Carcere di Porto Azzurro)

Caro amico, non mi piace molto perché è sciocco farsi gli auguri in carcere, ma “purtroppo” siamo vivi e la tradizione è questa. Sai, oggi pensavo che la vita di un ergastolano è diversa da quella delle persone normali perché sai quasi con esattezza dove morirai, cioè in carcere. Mentre il resto delle persone può sognare di morire sotto un cielo aperto, o in qualche incidente stradale, o nella propria casa circondato da qualcuno che gli vuole bene, noi invece moriremo chiusi in una cella da soli, come bestie. L’unica consolazione che ci rimane è che non abbiamo paura della morte perché temiamo più la vita. Con il passare degli anni ti sembra di non essere più umano e ti trasformi in una cosa fra le cose. (Carcere di Sulmona)

Carmelo Musumeci

Carcere di Padova, Natale 2015

 

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“Se Gesù non avesse progettato di accogliermi, avrei vissuto un’esistenza piena di superstizioni e di credenze religiose”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 15/12/2015

Kathmandu_01

 

Nella notte di Natale verranno battezzati più di 10 giovani nella cattedrale dell’Assunzione di Kathmandu.

Alla base della conversione, spiegano ad Asia News, “tanti motivi diversi. Dalle discriminazioni sociali della tradizione culturale indù, all’esempio delle Missionarie di Madre Teresa che si prendono cura dei bisognosi”.

San Shrestha Sharma ha deciso di convertirsi al cristianesimo perché “tra i cattolici ho trovato molti più amici rispetto alla mia famiglia e ai miei parenti”; Sonika B.K. vuole essere battezzata insieme a sua madre “perché la religione cattolica mi rispetta e apprezza di più rispetto alla tradizione culturale dell’induismo, dove le classi povere non possono sollevare la testa e sono soggette a ogni tipo di odiosa discriminazione”.

San Shrestha e Sonika sono due giovani nepalesi, di 26 e 22 anni, che hanno deciso di diventare cristiani e attendono il rito del battesimo con ansia e trepidazione. Con loro, un’altra decina di ragazzi celebrerà il proprio ingresso nella comunità cristiana durante la notte di Natale. Tutti loro sono entusiasti di poter “diffondere il messaggio di Dio in tutto il Paese con ruolo attivo”.

Diversi giovani frequentano da più di due anni il catechismo presso la cattedrale dell’Assunzione di Kathmandu, dove San Shrestha partecipa alla Messa ogni domenica. Egli riferisce ad AsiaNews: “Entrambi i miei genitori sono di religione indù e io sono cresciuto con le stesse tradizioni.

Kathmandu_02Quando ho sentito parlare dei fedeli cattolici, che sono pochi in Nepal ma vivono in modo più dignitoso, mi sono interessato a comprenderne il motivo. Così ho capito che alla base di tutto vi sono la fede in Cristo e nella misericordia di Dio”.

Il ragazzo dichiara: “Nessuno mi ha invitato a entrare in chiesa. Da solo ho cercato la cattedrale e qui ho trovato più amici rispetto alla mia famiglia e ai miei parenti. Sono l’unico della mia famiglia che ha deciso di convertirsi, ma mi impegnerò a diffondere il messaggio di Dio in ogni luogo, come un vero cristiano”.

Egli poi aggiunge che ha frequentato il liceo e l’università, “ma lì nessuno mi ha insegnato la vita vera e il vero modo di vivere.

Da quando partecipo al catechismo, mi è stata mostrata la vera parte di vita che ci rende felici e apprezzati. Se Gesù non avesse progettato di accogliermi, avrei vissuto un’esistenza piena di superstizioni e di credenze religiose”.

Sonika frequenta il catechismo con sua madre. La ragazza spiega: “La mia vita è cambiata completamente da quando ho incontrato Dio. Tutta la mia famiglia è indù. In questa religione noi non abbiamo il permesso di sollevare la testa perché apparteniamo alla casta povera.

Non potete immaginare le discriminazioni e il disprezzo che siamo costretti a subire in ogni circostanza, sia se vogliamo bere un bicchiere d’acqua sia se vogliamo recarci al tempio per onorare le divinità”.

Kathmandu_03Sonika ritiene che l’aspetto spirituale di una persona sia più importante del ceto sociale: “Questo tipo di discriminazioni non sono presenti nel cristianesimo. Quando entro in una chiesa, mi sento più rispettata e avverto che siamo tutti uguali”.

La giovane conclude con un ricordo del momento in cui ha deciso di convertirsi: “È stato quando ho incontrato le sorelle Missionarie della Carità che in Nepal si prendono cura degli anziani e delle madri abbandonate.

Le suore lavoravano in modo altruistico per i bisognosi. Da quel momento sono andata alla ricerca della Chiesa cattolica e ora sono pronta a farne parte. Voglio ricevere il rito del battesimo e condividere la mia esperienza e le parole di Cristo in tutta la società”.

[Fonte: Asia News]

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