FERMENTI CATTOLICI VIVI

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Posts Tagged ‘padre’

“Ti vedo io, e basta. Salta giù!”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 19/05/2019

papa-e-bambino

Era una famigliola felice e vivace in una casetta di periferia. Ma una notte scoppiò nella cucina della casa un terribile incendio.

Mentre le fiamme divampavano, genitori e figli corsero fuori. In quel momento si accorsero con orrore che mancava il più piccolo, un bambino di cinque anni. Al momento di uscire, impaurito dal ruggito delle fiamme e dal fumo acre, era tornato indietro ed era salito al piano superiore.

Che fare? Il papà e la mamma si guardarono disperati, le due sorelline cominciarono a gridare. Avventurarsi in quella fornace era oramai impossibile, e i vigili del fuoco tardavano.

Ma ecco che lassù, in alto, s’aprì la finestra della soffitta e il bambino si affacciò urlando disperatamente: “Papà! Papà!”.

Il padre accorse e gridò: “Salta giù!”.

Sotto di sé il bambino vedeva solo fuoco e fumo nero, ma sentì la voce e rispose: “Papà, non ti vedo…”

“Ti vedo io, e basta. Salta giù!” Urlò l’uomo.

Il bambino saltò e si ritrovò sano e salvo nelle robuste braccia del papà, che lo aveva afferrato al volo.

Non vedi Dio ma Lui vede te, buttati!

(Da “C’è Qualcuno lassù?”, di Bruno Ferrero, Elledici, Torino, 1993, pag. 40)

 

tu-diciCome diceva un santo sacerdote, don Dolindo Ruotolo, “

Abbandonarsi significa chiudere placidamente gli occhi dell’anima, stornare il pensiero della tribolazione e rimettersi a me perché io solo operi, dicendo: “pensaci tu”.

Affidiamoci e affidiamo tutto al Padre che, con le sue braccia potenti saprà prenderci e prendere veramente le redini della nostra vita.

 

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«Se l’accesso fosse vietato agli ipocriti…»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 04/04/2019

«Coloro che fuggono la Chiesa per l’ipocrisia di alcune persone che la frequentano, non tengono conto che, se l’accesso fosse vietato agli ipocriti, dovrebbero essere cacciati a pedate quando, poi, chiedono al sacerdote il matrimonio, i sacramenti per i loro figli e i funerali per i loro cari.

In realtà, se l’accesso fosse riservato a chi è sempre credibile, non ci sarebbe posto in chiesa neppure per me.

Ma un padre non fa domande quando vede un figlio che credeva perduto tornare a casa.»

(Dall’account Facebook dell’amico Pierluigi Cordova)

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San Remo: un padre, che eliminava le discordie

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 06/02/2019

Sapevate che san Remo non esiste? Potete cercare nel calendario cattolico col programma più accurato ma non ne troverete.

Troverete san San Mesrop, Santa Trofimena, Sant’Antero Papa, Santa Kateri Tekakwitha e santi dai nomi più strani, ma di San Remo neanche la traccia.

E allora chi è il patrono di San Remo? San Romolo (ovvio no?) vescovo che, nel dialetto ligure diventava «Rœmu» e il passo per San Remo è breve… Pare che la caratteristica principale del pastore fosse la bontà: “sembrava più un padre che un signore; era il padre dei poveri…” che riusciva con facilità a eliminare discordie di ogni genere.

Un padre, che eliminava le discordie.

Penso a oggi, alla valanga di insulti che mi sono preso per aver lampeggiato (sorridendo) a un ragazzo che, a semaforo verde non partiva perché rapito dall’incantesimo del cellulare.

L’avrei voluto strozzare ma mi sono limitato a sorridere a questo giovinazzo che poteva essere mio figlio e, mentre continuava a inveire con una rabbia a dir poco sproporzionata per uno sconosciuto, non potevo fare a meno di pensare che forse non era abituato ad essere oggetto dello sguardo di un padre.

Che sia nel recupero della figura del padre – e del Padre – il segreto per eliminare le discordie?

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Così, oggi, ‘uccidono’ il padre

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 17/10/2016

Ho appena finito di leggere un libro. E’ un libro particolare, dall’andamento deliziosamente a singhiozzo, nel senso che in un capitolo sorridi, in un altro rifletti un po’, poi sorridi e poi rifletti ancora e poi ridi a crepapelle e poi ti commuovi. Mai banale, non ti annoia mai, e alla fine ne resti edificato.

Condivido qua uno dei capitoli che mi ha toccato di più.

la_sindrome_del_panda_02

<<Se fossi costretto a scegliere uno tra i quarti d’ora più brutti della mia vita, pur avendo una vasta scelta di attimi funesti, non avrei nessun dubbio, poiché tra tutti ce n’è uno che di gran lunga supera tutti gli altri per essere il peggiore.

Si tratta di un episodio particolarissimo, mimetizzato in un periodo già di per sé particolarmente buio: una di quelle mezze stagioni dell’ersistenza in cui le circostanze mordaci del vivere ti stringono d’assedio, mettendoti a dura prova, ma forse proprio per questro lasciando d’altro canto che la pellicola che separa l’immanente dal trascendente si assottigli e facendoti sbirciare in trasparenza quella Luce che illumina la Creazione e ti raggiunge, se vocata nella preghiera.

Il mio secondo figlio si trovava nella fase finale della malattia che gli ha poi aperto in via anticipata le porte del Cielo, mentre mia moglie custodiva nel grembo quello che sarebbe diventato il nostro terzogenito, e ci trovavamo in ospedale, al capezzale del nostro bimbo, nel reparto di terapia intensiva, quando ci raggiunse il giro di controllo dei medici ci turno.

la_sindrome_del_panda_01Dopo che i dottori ci ebbero aggiornati sullo stato fisico di nostro figlio, ci chiesero delucidazioni sulla sua malattia e, quando comunicammo loro che anche per il bambino in arrivo ci sarebbe stata la possibilità che avrebbe potuto essere affetto dalla medesima malattia che stava consumando il fratello maggiore, fummo testimoni di quella che, secondo gli standard mondani, viene considerata una “soluzione” per casi di questo tipo.

Con il tatto e la sensibilità di un pachiderma in carica, prese la parola la guida della combriccola in camice bianco, la quale, rivolgendosi esclusivamente a mia moglie, come se io fossi invisibile al suo fianco, le comunicò: “Signora, guardi che lei è ancora in tempo per terminare questa gravidanza…” e lo dichiarò con la naturalezza di chi, dall’alto della sua illuminata sapienza, propone la soluzione più ovvia a coloro i quali, evidentemente, ritiene essere di intelligenza inferiore.

Il nugolo di medici e specializzandi che l’attorniavano si accodarono assenzienti alla brillante uscita, mentre io guardavo la mia sposa ammutolita e subito cercai di abortire l’argomento dichiarando a mia volta che all’interno della nostra coppia non era contemplata nessuna soluzione diversa dall’accoglienza di quel bimbo così come Dio ce lo avrebbe dato.

La reazione mi disarmò: fu come se fossi stato totalmente decontestualizzato, le mie parola caddero aliene nel vuoto assoluto, nemmeno uno sguardo si voltò verso di me, che pure ero lì accanto a mia moglie, ma imperterriti i medici iniziarono a declamare alla mia consorte quelli che secondo loro sarebbero stati i “vantaggi” di quella scelta.

la_sindrome_del_panda_03In pratica le stavano proponendo di uccidere subito quel bambino che portava in grembo per evitare che potesse nascere anche lui malato e quindi morire dopo pochi mesi: come se quel quarto di probabilità nefasta giustificasse la soppressione di una vita prima ancora che venisse al mondo, così, tanto per risparmiarsi inutili perdite di tempo.

Capii in quel momento, davanti all’impassibilità dei medici ed al silenzio indecifrabile di mia moglie, che io in quell’eventuale scelta, non avevo alcuna voce in capitolo. Mi ritrovai così del tutto impotente verso quella che sarebbe stata la sorte di quel figlio che, seppur nascosto nel ventre di sua madre, era e restava comunque anche mio.

Fu questa consapevolezza che mi gettò nel panico profondo, lasciandomi preda indifesa di sconfortante frustrazione ed angoscia disperata insieme, poiché ogni fibra del mio cuore si opponeva anche solo al pensiero di sopprimere la vita di quel bimbo, eppure per la sua salvezza non potevo far nulla, poiché per un’iniqua legge, solo la madre può decidere sul destino del figlio che porta in grembo, mentre il padre, che pur ne rimane il genitore, nulla può per salvare la sua vita.

la_sindrome_del_panda_04Una volta che riuscii a rimanere solo con la mia consorte, ella mi rassicurò sulla sua ferma volontà d’impedire a chiunque di far del male a nostro figlio, tant’è che quel bambino è oggi qui con noi.

Nondimeno, ogni volta che ripenso a quell’episodio, un brivido gelido mi percorre la spina dorsale, ma subito dopo ringrazio Dio: perché in quel momento ebbi l’occasione di sperimentare un attimo di profonda comunione con quel Padre, il quale si ritrova anch’Egli col cuore straziato davanti ad ogni figlio ucciso nel grembo materno e che per quell’Amore che si autolimita nel rispetto della libertà della creatura amata, pur potendo Egli ogni cosa, si rende impotente e solo spera, fino all’ultimo istante, che una mamma non uccida il suo bambino.>>

(Tratto da “La sindrome del panda”, di Andrea Torquato Giovanoli, pagg. 109-111; titolo originale del capitolo: “La paternità negata)

SE VI E’ PIACIUTO IL CAPITOLO, COMPRATEVI IL LIBRO!

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Eri già donna… e come tale di una cosa avevi bisogno prima di tutto: lo sguardo di due occhi che ti fissassero con amore

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 01/11/2015

Non_piu_due_01Ho appena finito di leggere “Non più due”  di Andrea Torquato Giovanoli.

Seguo con piacere Andrea sui social da un po’ ma devo confessare di aver acquistato il libro per la copertina: quel Cristo che teneva unite le due fedi era proprio l’immagine del matrimonio cristiano come lo concepisco e come, mia moglie e io cerchiamo di vivere giorno dopo giorno.

Come nella copertina, Cristo ci aiuta ad accogliere la diversità dell’altro come ricchezza, le tiene insieme e quando ci riusciamo, ad accogliere la diversità dell’altro, tutto funziona alla grande.

In quest’ottica Andrea scrive alla figlia per parlarle degli uomini, da uomo, da padre e con una scrittura gradevolissima, qua e là parla anche del Padre, quello con la “p” maiuscola.

Ma lascio (col suo permesso appena accordato) la parola a lui.

Era mezzogiorno e mi trovavo una volta tanto da solo a casa con te, che avevi solo un anno.

Così ti ho preparato la tua pappa (abbondando con il condimento, come mio standard), ti ho apparecchiata sul tuo seggiolone, ti ho messo il tuo bavaglino (quello rosa, con il tuo nome ricamato dalla tua mamma) ed ho cominciato a darti da mangiare.

Nulla: non mi aprivi neanche la bocca.

Allora ho provato a darti uno dei giochini del tuo campionario: me lo hai scaraventato a terra.

Te ne ho passato un altro: stessa fine.

Ed a quel punto ho iniziato a sentire le mie budella aggrovigliarsi, ma ho sorriso e ho cambiato strategia: magari avevi sete, così ti ho passato il biberon, dal quale effettivamente hai iniziato a sorseggiare con bramosia.

PNon_piu_due_02erciò mi son detto: “Ecco vedi: voleva bere. Adesso mangerà”.

Allora ti porto ilcucchiaio pieno di anellini stracotti nel brodo preparato la sera prima da tua madre e insaporiti con un gustoso formaggino (roba buona, insomma, per aver la quale inalcune parti del globo si arriverebbe anche ad uccidere): niente, neanche unboccone.

A quel punto stavo già per arrendermi (perché lo sai che sono uno di quelli che starebbe ore a giocare coi bimbi, ma se devo dar loro da mangiare la mia pazienza si riduce a cifre prossime allo zero) e stavo seriamente pensando di riparare su uno Yogurt alla banana: buono, nutriente, già pronto e facile da somministrare, tanto più che fresco com’è avrebbe potuto pore darti sollievo ai dentini (hai visto mai)…

Poi però ho deciso di provarci un’ultima volta: ti ho preso il visino nella mano, ti ho guardata dritto negli occhi e ti ho porto il cucchiaino col boccone.

E lì è successa una cosa straordinaria: tu mi hai sorriso, hai aperto la bocca ed hai cominciato a mangiare.

Così abbiamo iniziato una specie di gioco ripetuto: mi bastava incrociare il tuo sguardo un momento prima di darti ilboccone per ottenere il tuo sorriso e che mi aprissi la bocca per mangiare.

E’ stato in quel preciso istante che ho capito, come una sorta di illuminazione: perché tu, bambina mia, eri figlia femmina, a te non bastava (come per i pirlotti dei tuoi fratelli) darti in mano un giochino per condirti via nello sfamarti, tu esigevi di metterti in relazione, e nello specifico pretendevi l’attenzione del tuo uomo, che per allora (e spero ancora per qualche anno) ero io, interamente su di te.

Non_piu_due_03Eri già donna, non c’era nulla da fare.

E come tale di una cosa avevi bisogno prima di tutto: lo sguardo di due occhi che ti fissassero con amore, facendoti sentire parte di un rapporto esclusivo.

Oggi sono i miei, domani saranno quelli di tuo marito, ma in realtà l’unico sguardo che davvero potrà saziare questa tua innata fame di relazione è quello del Padre, di cui io ora sono rifrangenza, così come poi lo sarà (dovrà esserlo!) il tuo sposo.

Perché guarda, piccola mia, che i figli non basta nutrirli nel corpo e nella mente, ma poiché appartenenti a quell’umanità fatta a immagine di Dio, hanno la primaria necessitàd’essere saziati nello spirito, con una relazione d’amore che abbia origina, si alimenti a sua volta e abbia come scopo e meta Colui che solo è Amore.

Altrimenti, di quella fame, muoiono.

(“Non più Due” di Andrea Torquato Giovanoli, Gribaudi, Milano 2015, pag- 61-63)

Vi è piaciuto?

Accattatevìllo! 😉

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Francesco ha cambiato il mio sguardo sul mondo

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 21/03/2015

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E Dio creò il padre

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 28/03/2014

padri01In questi tempi in cui la paternità è sempre più messa in disussione, mi capita sempre più spesso di essere colpito da libri, scritti, blog, che ne parlano, come queste due pagine del libro “C’è Qualcuno lassù?” di Bruno Ferrero.

<<Quando il buon Dio decise di creare il padre, cominciò con una stuttura piuttosto alta e robusta.

Allora un angelo che era lì vicino gli chiese: “Ma che razza di padre è questo? Se i bambini li farai alti come un soldo di cacio, perché hai fatto il padre cosìgrande? Non potrà giocare con le biglie senza mettersi in ginocchio, rimboccare le coperte al suo bambino senza chinarsi e nemmeno baciarlo senza quasi piegarsi in due!”.

Dio sorrise e rispose: “E’ vero, ma se lo faccio piccolo come un bambino, i bambini non avranno nessuno su cui alzare lo sguardo”.

Quando poi fece le mani del padre, Dio le modellò abbastanza grandi e muscolose.

L’angelo scosse la testa e disse: “Ma… mani così grandi non possono aprire e chiudere spille da balia, abbottonare e sbottonare bottoncini e nemmeno legare treccine o togliere la scheggia da un dito”.

Dio sorrise e disse: “Lo so, ma sono abbastanza grandi per contenere tutto quello che c’è nelle tasche di un bambino e abbastanza piccole per poter stringere nel palmo il suo visetto”.

padri02Dio stava creando i due più grossi piedi che si fossero mai visti, quando l’angelo sbottò: “Non è giusto. Credi davvero che queste due barcacce riuscirebbero a saltar fuori dal letto la mattina presto quando il bebé piange? O a passare fra un nugolo di bambini che giocano senza schiacciarne per lo meno due?”.

Dio sorrise e rispose: “Sta’ tranquillo, andranno benissimo. Vedrai: serviranno a tenere in bilico un bambino che vuol giocare a cavalluccio o a scacciare i topi nella casa di campagna oppure a sfoggiare scarpe che non andrebbero bene a nessun altro”.

Dio lavorò tutta la notte, dando al padre poche parole ma una voce ferma e autorevole, occhi che vedevano tutto, eppure rimanevano calmi e tolleranti.

Infine, dopo essere rimasto un po’ sovrappensiero, aggiunse un ultimo tocco: le lacrime. Poi si volse all’angelo e domandò: “E adesso sei convinto che un padre possa amare quanto una madre?”>>

(Erma Bombeck)

padri03

Degli studenti universitari ebbero come compito per il fine settimana un lungo caloroso abbraccio al loro papà.

“Non posso farlo” protestò uno, “mio padre morirebbe”.

E poi disse un altro, “mio padre sa che lo amo”.

“Allora è facile” replicò il professore. “Perché non lo fai?”.

Il lunedì seguente tutti parlavano, sorpresi, di come fosse stata soddisfacente l’esperienza.

“Mio padre si è messo a piangere!” diceva uno.

E un altro: “Strano. Mio padre mi ha ringraziato”.

[Fonte: “C’è Qualcuno lassù? Piccole storie dell’anima”- ELLEDICI – Pag 37 e 39]

…con un pensiero speciale al mio, di padre…

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