FERMENTI CATTOLICI VIVI

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Posts Tagged ‘paura della morte’

«Mi vuoi sposare?» – «Ma non sono nemmeno battezzata…»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 15/07/2021

L’interessante conversione di Elisa Fuksas, scrittrice e regista.

«Era assurdo non conoscere quella storia che anche da un punto di vista laico è la storia di un uomo, Gesù, e di quelli che sono venuti prima e dopo di lui ed è una storia immensa.

Stranamente tutto ha iniziato a parlarmi di Dio…

La Scrittura è stata una preghiera e dialogo e ho capito che quel mistero parlava la mia lingua e prendeva le mie forme.

Quando guardo padre Elia che dice Messa e prende l’Ostia in mano è come se rivivesse quella scena. E’ molto strano da spiegare… E’ come se non subisse l’entropia. Se lo vedi in questo modo e ti innamori, poi diventa una storia infinita…»

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Non aspettiamo gli ultimi quattro minuti…

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 28/11/2017

«Quando l’Inghilterra decise di costruire un enorme radar, che consente di conoscere con quattro minuti di anticipo l’arrivo di un missile balistico intercontinentale, venne indetta un’inchiesta presso i lettori dei giornali Dailiy Express e Star, sulla domanda: Come impieghereste i vostri ultimi quattro minuti di vita? Ecco alcune risposte:

“Trascorrerei i miei ultimi quattro minuti odiando tutto e tutti. Non avrei più alcuna ragione, infatti, per nutrire amore per l’umanità”.

C’è chi ha dichiarato candidamente: “Berrei l’ultima tazza di the”. E chi: “Prenderei il mio cane e mi metterei a giocare con lui in giardino”.

Una signorina sentimentale: “Danzerei per ricordare il giorno più bello della mia vita, quando debuttai in un balletto.”

Un buon padre di famiglia: “Se mi trovassi fuori cercherei di rientrare in casa per trascorrere gli ultimi quattro minuti insieme a mia moglie e ai miei bambini”.

Buona parte dei cittadini britannici ha dichiarato: “Mi inginocchierei e pregherei Dio”.» (Tratto dalla rivista “Papa Giovanni”, n. 15, Ottobre 1990)

«Non si vive che una sola volta, e com’è grande il numero di quelli che al mondo non vivono neppure una volta!» (Ruckert).

«L’uso migliore della vita è di spenderla per qualcosa che duri più della vita stessa.» (William James).

Non aspettiamo gli ultimi quattro minuti per inginocchiarci, pregare Dio, e trasformare la nostra vita – liberi da ogni paura – in qualcosa di meraviglioso.

Pensare alla morte non significa essere pessimisti e tetri ma significa prepararsi, dando alla nostra esistenza terrena quell’orientamento, quel senso e quel criterio che sviluppi e perfezioni quella vita divina di cui siamo già partecipi e che diverrà vita di gloria-senza-fine quando abbandoneremo la condizione di vita mortale.

E la gioia vera arriverà come balsamo, sin da questa, di vita…

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«Non saremo mai soli; per questo Francesca non aveva paura.»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 16/10/2017

Storia di Francesca Pedrazzini, una mamma che a 38 anni ha lasciato il marito e tre bambini. Il modo in cui ha affrontato la sofferenza e la morte ha convertito tanti e dimostrato che con Gesù anche la morte può essere strada alla vita.

Può un funerale essere come un matrimonio? Può una bambina chiedere che il funerale della mamma sia una festa? Può una mamma che sta per morire, parlare con i suoi bambini e insegnare loro ad avere fede perché Gesù è buono e lei li vedrà e curerà dal cielo? Può una donna che sta per lasciare il marito ed i suoi bambini fare festa con gli amici in ospedale?

Questo e altro ha fatto Francesca Pedrazzini, moglie e madre di 38 anni, salita in cielo dopo trenta mesi di combattimento con un tumore che l’ha uccisa.

La sua vicenda ed il suo modo di affrontare il dolore e la morte così straordinariamente eroico sono stati raccontati nel libro di Davide Perillo, “Io non ho paura”, pubblicato dalle edizioni San Paolo.

Ha narrato il marito Vincenzo Casella, il 21 agosto, nel corso di un incontro al Meeting di Rimini, dopo una serie di visite e esami, il 17 agosto 2012 la dottoressa lo prende da parte e gli dice “potrebbe essere questione di giorni. Al massimo qualche settimana”.

E lì Vincenzo viene preso dall’angoscia: “Dirglielo? E come? E i bambini? E se poi crolla? Forse è meglio tacere per tenerla su di morale…”. Vincenzo chiede alla dottoressa, che gli confessa: “Guardi io sono una mamma. Se toccasse a me, vorrei sapere. Per decidere cosa fare con i miei bimbi”.

Ma Francesca ha già capito. Chiama Vincenzo vicino al suo letto, lo guarda con una tenerezza grande. “Vincè – gli dice – io sono tranquilla. Non ho paura perché c’è Gesù”. “Ma non sei triste?”, le chiede Vincenzo, e lei: “No, non sono triste. Sono certa di Gesù. Anzi sono curiosa di quello che il Signore mi sta preparando. Mi spiace solo che la tua prova è più grande della mia. Sarebbe stato meglio il contrario…”. “E’ vero. Soprattutto per i bimbi”.

Francesca mostra una serenità ed una forza straordinaria. Chiede di vedere i figli: Cecilia di 11 anni, Carlo di 8 e Sofia di 4. Li vede uno per volta per 15 minuti e gli dice: “Guardate, io vado in Paradiso. E’ un posto bellissimo, non vi dovete preoccupare. Avrete nostalgia, lo so. Ma io vi vedrò e vi curerò sempre. E mi raccomando, quando vado in Paradiso dovete fare una grande festa”. Vincenzo era lì e la guardava con gli occhi spalancati, senza parole.

“Ha fatto una cosa – ha spiegato – che vale cinquant’anni di educazione di una mamma”. Così accade che il taxista che accompagna una amica al funerale di Francesca non ci voleva credere. Era sceso a domandare pensando che la cliente avesse sbagliato chiesa: “Ma davvero c’è un funerale qui? No, sa, tutta questa gente elegante, le facce… Io pensavo a un matrimonio”.

Quando Mariachiara, la mamma di Francesca, aveva parlato con la dottoressa che la curava, questa le ha detto: “Una fede come quella di sua figlia non l’ho mai vista. Mi sarebbe piaciuto conoscerla un po’ di più. Le chiedo un piacere: se può, le dica che quando sarà in Paradiso si ricordi dell’ultimo medico che l’ha curata”.

E Gianguido che aveva partecipato ai funerali, ha raccontato: “Sono rimasto impressionato dal funerale della Chicca (diminutivo in cui veniva chiamata Francesca, ndr). Io non credo in Dio. Ma non si può negare che lì c’era qualcosa. Qualcosa di straordinario che io non so spiegare”.

Due zii di Francesca, lui ingegnere, lei bibliotecaria all’università di Pisa, sposati da 33 anni erano 40 anni che non andavano in Chiesa. Poi, saputo della malattia di Francesca, hanno iniziato a pregare. Hanno vissuto tutto il tragitto di Francesca dalla sofferenza alla morte. Ed hanno ritrovato la fede. Alla domanda chi è Francesca per voi, hanno risposto: “Un esempio, un faro. Un desiderio di essere così, un segno di croce tutte le mattine”.

Un uomo aveva una parente in ospedale negli stessi giorni di Francesca, malata terminale come lei. Una sera rimane stupito perché vede nella camera di Francesca una tavolata di persone che mangiano la pizza, scherzano e ridono. All’inizio si irrita, perché non può essere, poi viene contagiato dalla gioia di quelle persone. Ha raccontato: “Qualcosa come un inno alla vita mi entrava nel cuore, nell’anima e nella mente”. Al termine della pizza i presenti pregano insieme, e solo al momento dei saluti quell’uomo capisce chi è l’ammalata: è l’unica che rimane in ospedale.

Nel libro, Io non ho paura quest’uomo racconta che l’immagine di quella donna di 38 anni madre di tre bambini, che si appresta a lasciare consapevolmente il mondo, sorridente e divertita di fronte ad una pizza con intorno i propri cari è come se gli avessero piantato “un chiodo nel cuore. Un chiodo come un seme che ha fatto germogliare una pianticella che è e sarà il mio inno alla vita”.

Un’amica che ha incontrato Vincenzo al bar gli ha detto: “Francesca mi ha colpito per il commosso coraggio con cui ha abbracciato la croce, per essere in Paradiso. Questa roba da Santi e di Santi abbiamo bisogno, in questa ordinaria vita comune. Francesca ha sofferto ma ha anche scommesso su Dio. E in ciò è la sua grandezza semplice, da madre e da sposa. Non siamo soli. Non saremo mai soli. Per questo Francesca non aveva paura”.

Lorenza, amica della famiglia di Vincenzo, gli ha girato un tema fatto dalla figlia Letizia di tredici anni. Le era stato chiesto di fare un tema su “una persona che ti ha fatto crescere”. Lorenza ha scritto: “la persona che non dimenticherò mai è la mamma di tre bambini con cui andavamo in vacanza da piccoli. (…) è mancata a soli 38 anni. L’avevo incontrata al mare ed in montagna. Era contenta e allegra, era forte”.

Steve Jobs citava un poeta che diceva “vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo” e Lorenza ha commentato, forse Francesca non aveva mai sentito queste parole, “ma viveva ogni secondo in modo speciale, un modo che mi ha cambiato le vacanze e ora penso, la vita”.

“Per me – conclude Lorenza – è stata una grande testimonianza, (…) mi ha fatto capire di vivere la vita, viverla veramente secondo per secondo, e ora quando penso a lei mi chiedo se sto dando tutto quello che posso dare”.

Alcuni hanno detto a Vincenzo: “Scusa se ti facciamo parlare di Francesca, lo sappiamo che è dura perché ogni volta la ferita si riapre”. E Vincenzo ha risposto: “Molti pensano che per superare bisogna dimenticare, ma per me è l’esatto contrario: più ripercorro quella esperienza più mi da pace”.

(Fonte: http://www.santiebeati.it/)

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…E aspetto il “grande evento”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 04/02/2015

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Questa bella signora non è l’autrice del commento né del post…

Il 31 gennaio scorso è stato pubblicato sul blog di Costanza Miriano un post bellissimo su due questioni poco popolari, la vecchiaia e la morte.

Innocenza Laguri, autrice dello scritto e collaboratrice del noto blog, ne parlava col coraggio, la lealtà, la chiarezza e la serenità di chi si fa delle domande senza tabù, condividendo le risposte trovate nella fede in Cristo che salva.

Vi invito a leggerlo tutto, qua.

Bello vero?

Quello che mi ha toccato particolarmente il cuore, però è stato il commento di una lettrice, “Franca35”, che vi propongo senza commenti se non il pensiero che vorrei invecchiare proprio come lei.

“Sto vivendo il mio ottantesimo anno: la prima cosa da dire a questo proposito è “grazie”!

Ho appena finito il mio lavoro in parrocchia, quando il 30 novembre scorso il gruppo dei miei ragazzi hanno ricevuto la Cresima.

Ho voluto resistere per portare a termine l’impegno che avevo preso cinque anni fa.

Ora mi sto preparando a un intervento al ginocchio, la cui attesa si è protratta troppo a lungo, diventando difficile da sopportare. Non ne ho troppa voglia, ma lo devo fare.

Vivo i miei giorni facendo quello che posso, non pretendendo troppo da me stessa, godendo delle piccole cose quotidiane con la grazia del Signore nel cuore.

E aspetto il “grande evento”.

Non mi faccio più tante domande, vivo il mio tempo come ho sempre fatto, mi interesso del mondo, che è dono di Dio e del quale facciamo parte anche se non siamo “di questo mondo”.

E prego molto, la mia preghiera spesso non è fatta di parole, ma sono cosciente che tutto il mio essere prega, in qualsiasi momento del giorno e della notte.

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Libro che ho letto anch’io e che consiglio di cuore

Non ho paura, almeno non mi sembra, piuttosto sono curiosa e la mia speranza è piena di gioia, di vera gioia tranquilla, serena, interiore, perché so a Chi ho dato la mia vita.

Gli errori del passato li ho gettati nel cuore dell’Agnello che mi ha perdonato, e ora capisco che niente è stato vano, mi sento circondata dall’Amore che muove il mondo e quando vengono pensieri tristi semplicemente li caccio via. Perché non è lecito essere tristi quando si è di Cristo Signore.

Il dolore fisico spesso debilita, ma dove posso ricorro alla medicina, o porto pazienza in attesa che passi. E ne faccio offerta a Dio per le sofferenze del mondo e dei miei fratelli.

Credo sia importante vivere pieni di vita e di amore sempre, insieme a sorella morte e ai tanti cari amici e parenti che mi hanno preceduta e che sono certa rivedrò nel Suo Regno.

Un grazie a tutti voi di questo blog, a Costanza e Admin e a tutti gli altri, vi seguo sempre con le mie preghiere, mi aiutate molto.

Che Dio benedica i vostri cuori, le vostre famiglie, il vostro lavoro e le belle imprese che portate avanti con entusiasmo. Ciao a tutti, vi abbraccio.”

Roba per persone anziane? Allora perché San Giovanni Bosco proponeva mensilmente ai suoi giovani il cosiddetto “esercizio della buona morte”?

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Nonno, mi spieghi la Vita con la “V” maiuscola?

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 19/01/2015

(Dalla rubrica “La fede raccontata ai ragazzi” del periodico “Credere”)

Resurrezione 01Nonno ma se Gesù è risuscitato, poi è morto una seconda volta?

Domanda intelligentissima! Nei Vangeli vediamo come Gesù abbia risuscitato dalla morte il suo carissimo amico Lazzaro. Lazzaro è ritornato alla vita, in questa vita, per qualche anno; poi però è dovuto morire di nuovo. La risurrezione invece è l’ingresso in un’altra vita, in una nuova forma di vita. Potremmo dire che Lazzaro ritorna alla vita come noi la conosciamo, la vita con la “v” minuscola, mentre Gesù entra nella Vita con la “V” maiuscola, e noi ci entreremo insieme a lui!

Nonno, io però conosco solo questa vita qui, con la “v” minuscola, io ho paura della morte! Ho paura di separarmi dai miei genitori, da te, dai miei fratelli, dal mio corpo!

Quello che dici dimostra che la paura della morte ci accomuna tutti, che non ha età, che è “il” problema con cui tutti ci dobbiamo sempre misurare. La fede deve rispondere a questa paura, altrimenti non serve davvero a niente, perché noi con gli occhi vediamo i morti scendere nella tomba, e non volare in cielo. L’altro giorno mi hai detto che a scuola avete parlato di un argomento molto interessante, l’atomo, ricordi? L’atomo è invisibile agli occhi, però c’è. Se lo bombardiamo con altre particelle invisibili a occhio nudo, i neutroni… Ricordi cosa succede?

Si crea l’energia atomica.

Esattamente. Particelle così piccole da sembrare insignificanti, se sottoposte a questo procedimento riescono a sprigionare una tale quantità di energia da poter alimentare un’intera città, illuminando migliaia e migliaia di palazzi! Ora pensa a Gesù come a questo piccolo atomo. Gesù ha parlato e operato pubblicamente soltanto per tre anni, in un’epoca in cui non c’erano radio, Tv, internet e cinema. Non ha condotto eserciti come Alessandro Magno, non ha guidato nessuna rivoluzione come Che Guevara, non ha scritto nessun libro sacro come altri profeti e fondatori di religioni. È un uomo che ha scelto come suoi testimoni un gruppo di persone semplici, con mille difetti, come ognuno di noi. Un uomo che è stato abbandonato da tutti e alla fine è rimasto solo ad afrontare la morte, e la morte di croce, la pena più atroce e infamante che i romani riservavano ai peggiori criminali. Quest’uomo agli occhi del mondo avrebbe dovuto scomparire, essere inghiottito dalle pieghe della storia, perché sembra un fallito. Ma cosa diceva Gesù di se stesso?

Resurrezione 02Che era il Figlio di Dio.

Esatto, vero Dio e vero uomo. E infatti le cose sono andate molto diversamente! Quest’uomo, in maniera umanamente inspiegabile, ha diviso in due la storia umana, tanto che il tempo si calcola in ciò che è stato prima di lui, e in ciò che viene dopo di lui. E questo non lo si è fatto per nessun condottiero, filosofo, profeta, re o imperatore. Proprio come un piccolo atomo bombardato da neutroni, Gesù crocifisso il Venerdì santo, deposto nel sepolcro e rimasto senza vita il Sabato santo, è risuscitato dalla morte la domenica di Pasqua. Noi non abbiamo visto con gli occhi questa “esplosione nucleare”, ma i suoi effetti li possiamo sperimentare a distanza di duemila anni. L’abbiamo celebrata nel Triduo pasquale e la possiamo sperimentare ogni volta nei sacramenti. Gesù si rompe come un atomo, e la sua risurrezione travolge la nostra vita biologica, la nostra vita con la “v” minuscola”, per portarci nella Vita con la “V” maiuscola. Quando un bimbo o un adulto ricevono il Battesimo, è Gesù stesso che battezza con acqua e Spirito Santo, unendo la creatura a sé. Quando facciamo la Comunione, in gioco c’ è questa potenza che si diffonde dalla morte e dalla risurrezione di Gesù. Quando un sacerdote, o il tuo stesso papà, che è battezzato, ti dà una benedizione nel nome di Gesù, tu puoi fidarti e credere che in quel gesto c’ è la stessa potenza di Dio che agisce ancora oggi, nella tua storia e nella tua vita.

Testo di Padre Maurizio Botta, don Andrea Lonardo, Alessandro Franchi, Ufficio catechistico della Diocesi di Roma

[Fonte: “Credere, la gioia della fede”, Anno I, N. 2 Aprile 2013, pag. 58 e 59]

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