Come i fermenti lattici vivi sono piccoli ma operosi e dinamici e pur essendo invisibili sono indispensabili alla vita, spero che questi "fermenti cattolici vivi" contribuiscano a risvegliare la gioia di essere cristiani.
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Frati e suore: non c’è un sacramento a parte per questa scelta di vita, ma cos’è allora che li distingue?
Don Tommaso della parrocchia Natività NSGC di Roma, cerca di spiegare le caratteristiche della vita consacrata prendendo spunto dalla festa del 2 febbraio, la Presentazione di Gesù al Tempio.
Vale la pena guardare tutti i quattro minuti e ventisei secondi di video…
Riprendo con gioia a scrivere sul blog, dopo una sosta in cui la riflessione e il riposo mi hanno permesso di riordinare le idee.
Ho trascorso due settimane a Cuba, da cari amici e fratelli nella fede; quei fratelli e sorelle che ti il Signore ti dona come promesso, e che è giusto custodire come tesori cari, anche se abitano in fondo al mondo. Tra le tante realtà che grazie a loro ho scoperto in queste due settimane, c’è un santuario, Nuestra Señora de la Regla.
Da qui copio preciso preciso dal mio taccuino di viaggio.
Nuestra Señora de la Regla, la protettrice dei neri dell’Avana.
Per i bianchi c’è un’apposita Madonna bianca che si occupa di loro al di qua della baia. Nostra Signora mi perdonerà l’ironia a cui ho vilmente ceduto, Lei sa quanto l’abbia nel cuore, quanto la ami, ma oggi non riesco a sfilarmi di dosso questo sguardo saccente da occidentale, per lo meno per ora. Comunque, al di là, dalla Madonnina nera, ti ci porta un vaporetto arrugginito degli anni sessanta che per un CUC (pari a un dollaro americano), in dieci minuti ti porta da una parte all’altra dell’enorme e bellissima baia habanera.
Fuori dal santuario in stile coloniale che ho ammirato stamattina, alcune donne vestite di bianco offrivano non so quali riti chiedendo un’offerta da mettere in bussolotti accanto a delle bamboline raffiguranti inquietanti “santi” della santeria cubana.
Dentro la chiesa, gruppuscoli di donne di colore sedevano rivolte all’altar maggiore, privo del tabernacolo su cui troneggiava Nuestra Señora avvolta da un bellissimo manto color carta da zucchero. Dopo un po’ che pregavo davanti alla suggestiva immagine mi è venuto spontaneo cercare il “padrone di casa”, la Presenza più importante.
Di lato, una cappellina con un’altra statua della patrona, pullulava di pellegrine che accendevano candele. Mi sentivo più alieno del solito perché oltre a essere l’unico bianco insieme alla mia famiglia e alla nostra amica, ero anche l’unico uomo nel santuario, scrutato da centinaia di occhi sospettosi come quelli delle vecchiette del paese molisano ogni volta che ci torno in estate.
Sulla destra di questa cappellina laterale ecco finalmente Lui, nel tabernacolo, solo, ignorato, tra due angeli il cui sguardo rivolto verso il cielo mi sembrava più una reazione rassegnata a tanta devozione popolare che, tra superstizione e magia, dimenticava di contemplare il miracolo dei miracoli che abbiamo la grazia di avere in ogni chiesa.
Ho realizzato che anche qua, con modalità diverse rispetto a noi, la gente tende a privilegiare la via più facile, quella più immediata che appaga i sensi, perdendosi – forse perché nessuno li ha portati a scoprirle – le profondità e la pace e la gioia vere che si sperimentano nella preghiera profonda.
Noi abbiamo il benessere, il corri corri, le pseudo spiritualità alternative che fanno tanto figo; cose che imbavagliano la nostra sete di assoluto con altrettanta facilità. Coi bisogni satollati dal tutto-e-subito-sempre-a-disposizione, ci sembra di non aver bisogno di altro, e le nostre anime assetate di assoluto (e lo sono tutte che lo ammettiamo o meno) rimangono all’asciutto.
Qui all’Avana, senza mezzi, la superstizione e antichi riti duri da estirpare, rassicurano, ma lasciano anch’essi la sete di Assoluto che ha ogni anima e che può colmare solo Dio, che piaccia o no. Nel migliore dei casi lasciano a bocca asciutta, quando non fanno danni di cui poi ci si pentirà.
E così gli uomini, sia quelli nati nella parte “giusta” che quelli nati nella parte “sbagliata” del pianeta, si accontentano, limitandosi a volare basso, o si espongono a pericoli spirituali più grandi di loro.
Forse perché chi avrebbe potuto (a partire anche da noi) non ha insegnato loro a volare alto?
Con questi pensieri – che non sono altro che pensieri di un cristiano tra i tanti – parto da Cuba col cuore allagato da sensazioni forti e contrastanti, nuove e bellissime, e con una preghiera.
Che questo popolo povero ma autentico, sbandato ma fiero, indolente ma bello, estroverso e sospettoso allo stesso tempo possa ricominciare da Qui, dall’Amore degli amori che tutto accoglie e tutto ricrea.
1. “Zaccheo scendi. Voglio essere tuo ospite oggi.” Così Gesù ad un pubblicano, che per vederlo si era arrampicato su un albero. Zaccheo era tra i più odiati tra gli ebrei. I pubblicani riscuotevano le tasse, si arricchivano a danno della gente e per di più erano servitori dei dominatori pagani. Come finì? Zaccheo chiamò i suoi amici, offrì un bel pranzo a Gesù e agli Apostoli e concluse: “Ecco, Signore, dò la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto.” Da pubblicano a santo!
2. Saltiamo al 1231. S. Antonio da Padova, che conosceva bene ladri e ladruncoli, “tratteneva ladri famosi dal mettere gli artigli sulle cose altrui e faceva restituire ciò che era stato rapinato con l’usura e la violenza.” Sue parole: “I ricchi e i potenti di questo mondo sottraggono ai poveri la loro misera sostanza, conquistata con il sangue, con la quale in qualche modo si proteggono. La tolgono ai poveri, che essi chiamano “i nostri villani”, cioè i servi della campagna, mentre proprio essi, i ricchi, sono i servi del diavolo.” Chiaro?
3. Anno del Signore 2010. Pochissimi ricchissimi e miliardi poverissimi. “Il 10% è usura” sentivo da sacerdoti nel 1950. Manca chi dice: “Oggi la banca è usura.” Si può dire: “Il sistema esattoriale è usura.” Toglie ai poveri, ma non tocca i ricchi. Manca un Sant’Antonio da Padova, che salvi i poveri dalla distruzione e i ricchi dall’inferno. Ma mancano cattolici che facciano sentire la loro voce a salvezza di tutti. Perché, se piomba il castigo dell’Apocalisse, non risparmierà né chi ha rubato i beni che Dio ha messo nel mondo per tutti i suoi figli, né chi ha taciuto. Cambiano i tempi, ma non i problemi, perché l’umanità è sempre mista di grano e zizzania.
(Tratto da “Epifania” di don Argeo Acciaroli pag. 592 con titolo “Novità Antiche” – MISSIONE MONDO ONLUS – Via Sotto le Campane, 6 84030 Casalbuono, Salerno)
Anno del Signore 2017. Le cose non sono migliorate, tutt’altro, ma dà speranza poter aggiungere che un moderno Sant’Antonio da Padova, quattro anni fa, il 22 Settembre 2013, a Cagliari, ha avuto il coraggio di tuonare:
L’ho incontrato ma non me ne ero reso conto. A 12 anni vivevo per la strada, dormivo nei garage delle biciclette, e lì c’erano molti topi la notte, e i topi mi impedivano di dormire.
Camminavo senza sapere dove andare e mi sono seduto davanti a un clochard che leggeva il giornale e siccome ero stanco mi sono addormentato sul giornale.
Mi ha svegliato e mi ha detto: giovanotto, lei sa dove si trova l’Honduras? Gli ho detto, si è una stazione della metropolitana.
Tutti i giorni abndavo a trovare questo signore, si chiamava Leon. Le persone del quartiere lo chiamavano barbone ma per me era il Signor Leon.
Tutti i giorni mi leggeva il giornale con il suo dito. Un giorno gli ho chiesto cosa fosse quella strana forca. Mi ha detto “ypsilon” e allora ho voluto sapere chi abitasse a destra e a sinistra di quella “y”
Sei mesi più tardi grazie ai libri che trovavo nella spazzatura, ero in grado di leggere e la prima cosa che ho imparato a leggere è stata la parola “derattizzazione”.
A partire da quel giorno ho scelto di dormire solo in garage per biciclette che erano stati derattizzati”
Su tratta di Donald Gould, un senza tetto di Sarasota, Florida (USA).
In strada sono stati collocati dei pianoforti da suonare liberamente e a un certo punto questo barbone ha cominciato a suonare lasciando i presenti col fiato sospeso.
Il video si è diffuso – come va di moda dire oggi – in maniera virale, e pare che si siano attivate diverse persone e associazioni per tirare fuori dalla strada Donald.
Lodevole l’iniziativa, ma chi non ha un talento da mostrare?
Quanti ne incontriamo ogni giorno? Magari non potremo tirarli fuori dalla strada, ma oltre a un’offerta, una regalo, dire una parola, fare una chiacchierata senza fretta con questi invisibili – farà bene a loro e soprattutto a noi.
Se incontriamo casi gravi poi, ogni città ha un numero dedicato (come 800 440 022 per Roma ad esempio) non esitiamo a fare quella telefonata che può salvare una vita.
Non ultimo, ricordiamo questi nostri invisibili nelle nostre preghiere…
Ritengo che i giornaletti parrocchiali, spesso ignorati nei tavolinetti in fondo alle chiese, nascondano, a volte, delle perle preziose che meritano di essere riscoperte, come questa, scovata questa mattina, dopo la mezz’oretta che solitamente dedico a Dio, in una parrocchia a un paio di chilometri dal Vaticano…
C’era una volta, tanto tempo fa, un uomo semplice e buono. Era un buon marito, un papà tenero, un vicino generoso, un contadino onesto. E moglie e figli lo circondavano di tenerezza. Tuttavia l’uomo trovava che il destino era stato duro con lui. Non faceva che lamentarsi della sorte che gli era toccata. Invano la moglie cercava di farlo riflettere: «Dio sa quello che fa, fidati!». «Hai ragione. Dio sa il perché di tutto questo. Posso fare una cosa sola: andare a cercarlo e chiederlo a Lui».
Così, un bel giorno, l’onesto padre di famiglia che non era mai uscito dal suo villaggio, si mise in cammino alla ricerca di Dio. Una sera, sentì la gelida lama di un coltello appoggiata alla gola. Era un bandito, dagli occhi di fiamma. «Dammi i soldi! Ho già rapinato novantanove persone e tu sei la centesima!». Il pover’uomo vuotò il sacco e le tasche, dicendo tremante: «Se vuoi, prendimi tutto, ma lasciami andare. Voglio incontrare Dio per chiedergli perché l’uomo onesto è così spesso povero e il disonesto ricco». Il bandito cambiò atteggiamento e gli disse: «Ti chiedo solo un favore. Uno solo. Quando troverai Dio, chiedigli se un uomo che ha assalito novantanove volte il suo prossimo, ma ha sentito pietà per il centesimo, merita ancora il suo perdono». «Non mancherò», disse l’uomo, e ripartì.
Dopo alcuni giorni, fu coperto dalla polvere sollevata da un superbo cavallo. Il cavaliere dagli abiti sfarzosi chiese al polveroso viandante: «Dove vai?». «Vado a cercare Dio», spiegò l’uomo un po’ intimidito. «Devi farmi un favore», proseguì il ricco a bassa voce. «Quando incontrerai Dio non dimenticare di raccontargli che io sono molto ricco ma anche molto pio e buono. Chiedigli se, per questo, mi riserva un buon posto in cielo». Il pellegrino promise e riprese il cammino.
Finché una strana figura gli venne incontro. Era un vecchio, o meglio un uomo senza età, scarno e miseramente vestito. «Fermati e riposati un po’», disse il vecchio. L’uomo si sentì avvolto dalla dolcezza che emanava da quel vecchio e si fermò. «Sono io colui che cerchi…», gli disse sorridendo il vecchio. «Guardami bene: io ho creato tutto e non possiedo niente. Perfino tu sei più ricco di me, come vedi».
Il pellegrino si buttò in ginocchio e vuotò il suo cuore, con tutti i suoi dubbi e tutti i suoi perché. «Tu sei ricco, tanto ricco», gli disse Dio abbracciandolo dolcemente. «Io ti ho dato un’altra ricchezza, quella del cuore, che il ricco non possiede, perché neanche sa che esiste. È quella che ti fa indignare di fronte alle ingiustizie del mondo. Io ti ho evitato il fardello della fortuna che corrompe e rende l’uomo cieco nel cuore e nello spirito. Ti ho donato il coraggio di cercarmi, e anche l’occasione di trovarmi. Ora ti dò un’ultima ricchezza, la più rara: la felicità di accettare ciò che si è. E ora, torna a casa e vivi in pace. Tornando, dirai al ricco che il mio Paradiso non si compra con l’oro e al bandito che è perdonato perché ha scoperto la via giusta. Vai, quando sarà il momento verrò a prenderti e ti terrò con me per sempre».
E il vecchio svanì, come una brezza calma, serena, limpida, immensa.
Visitando coloro che vivono nei bassifondi della storia, dimenticati da tutto e da tutti, un video ci racconta “Periferie cuore della missione”.
VI PREGO DI GUARDARLO FINO IN FONDO!
(In particolare ai minuti 6.00 e 19.10)
“Se troviamo qualcosa possiamo comprare da mangiare (…) Ogni giorno dormiamo qui in 35 adulti, ognuno coi propri bambini. Io dormo fuori, dormo qui intorno”
“Siamo andati a chiedere l’elemosina, ma la polizia ci ha fermati, ha portato via il mio bambino e mi ha riportato qui con un camion; sono tornata indietro a cercare mio figlio ma non sono riuscita a trovarlo, poi alla fine sono dovuta tornare a casa, eravamo disperati, pensavamo anche che Adomè potesse essere morto”
I missionari glielo hanno riportato!!! (Clicca sul minuto 6.00 per vedere la gioia della mamma che riabbraccia il figlio rapito)
Come lui, 1.100 bambini riportati a casa…
Il mondo missionario non sta alla finestra a guardare il PIL che cresce a dismisura, insieme al numero dei poveri tra i più poveri…
In Uganda, i missionari costruiscono ponti tra la polizia e il popolo, questo è uno dei miracoli più grandi.
Vi suggerisco uno sguardo particolare al minuto 19.10 per capire da dove vengono gli immigrati che cercano rifugio nel nostro paese…
Il giovanissimo Fra’ Simone racconta la storia della sua vocazione
Questo incontro avviene nella preghiera, con l’incontro con Dio.
Un’esperienza talmente forte che tutto il resto appassiva…
Mi sono sentito prima di tutto amato da Dio e poi mi sono sentito a seguire questo amore. Davanti a questo amore di cui ho fatto esperienza, non potevo dire di no, non potevo tirarmi indietro.
Io ho trovato il senso della mia vita, la pienezza, la gioia. Ora sono pienamente felice e mi sento realizzato, sebbene abbia fatto voto di povertà, di obbedienza che, agli occhi del mondo può sembrare di aver rinunciato a tutto.
Questa vita è l’inizio di una vita che durerà per sempre…
Cristo è risorto ed è vivo. E questa è una notizia stupenda per noi perché se il Signore è risorto ed è vivo, anche noi potremo vivere con lui.
La comunità è un mezzo. Ci sono tante vie di consacrazione nel mondo., Il Signore mi ha fatto conoscere la Fraternità Francescana di Betania perché mi ha voluto qui. La preghiera, la vita fraterna e l’accoglienza sono i pilastri del carisma e questo mi ha molto affascinato.
Alcuni amici mi stimano e ammirano (anche se io dico loro che devono ammirare Qualcun altro, Dio, noi siamo solo strumento). Altri non capendo pensano che sia una scelta di ripiego, Però, una cosa da dire a queste persone sicuramente è che IO SONO FELICE ADESSO, e questa felicità non può derivare dalle rinunce che faccio, c’è qualcosa di soprannaturale. Qual è la Forza che muove tutto? Queste persone non sanno rispondere a questa domanda. Una risposta l’abbiamo noi. Ma sono un po’ scusate perché l’incontro con Dio è un’esperienza personale e la persona che non l’ha fatta non può capire queste cose.
Deriva tutto dalla preghiera. Se io smettessi di pregare, tutto si spegnerebbe.
Gesù si può incontrare soprattutto nella preghiera.
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