FERMENTI CATTOLICI VIVI

"Andate controcorrente. Di quanti messaggi, soprattutto attraverso i mass media, voi siete destinatari! Siate vigilanti! Siate critici!" Benedetto XVI

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Posts Tagged ‘Santissimo Sacramento’

Uscire dall’illusione dell’autosufficienza

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 14/06/2019

«Convertirsi a Cristo, credere al Vangelo, significa in fondo proprio questo: uscire dall’illusione dell’autosufficienza per scoprire e accettare la propria indigenza – indigenza degli altri e di Dio, esigenza del suo perdono e della sua amicizia.

Si capisce allora come la fede sia tutt’altro che un fatto naturale, comodo, ovvio: occorre umiltà per accettare di aver bisogno che un Altro mi liberi del “mio”, per darmi gratuitamente il “suo”.

Grazie all’azione di Cristo, noi possiamo entrare nella giustizia “più grande”, che è quella dell’amore, la giustizia di chi si sente in ogni caso sempre più debitore che creditore, perché ha ricevuto più di quanto si possa aspettare.»

Benedetto XVI

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«Come posso essere certo di trovarmi alla presenza di Dio?»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 23/03/2019

«Un giorno un monaco chiese al suo abate, da tutti considerato un uomo di grande santità: “Come posso essere certo di trovarmi alla presenza di Dio?”.

L’abate rispose: “Hai tanto controllo su di essa quanto è il potere che hai di far sorgere il sole”.

Esasperato, il giovane esclamò: “Ma allora a cosa servono tutti i nostri esercizi spirituali e le nostre preghiere?”

“Queste cose servono per essere certi di essere svegli quando il sole sorge.”»

(Dai Detti dei Padri del deserto)

Da questo capisco che sì, dobbiamo cercare tempi e spazi per la preghiera, e dobbiamo custodirli come la cosa più preziosa, ma una volta lì, possiamo solo stare in silenzio e cercare l’incontro con l’Onnipotente.

Mi viene in mente il mio vecchio direttore spirituale che mi raccontava di un vecchio che ogni giorno passava ore in chiesa davanti al Santissimo Sacramento senza fare niente di speciale.

Quando gli chiedevano cosa facesse tutte quelle ore lì lui rispondeva candidamente: “Niente, io guardo Lui e Lui guarda me.”

In ogni chiesa abbiamo la grazia di avere questo “Sole che sorge”, quanto ne approfittiamo?

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12 motivi biblici (+ 12 che vale la pena leggere e approfondire) per passare un’ora davanti al Santissimo Sacramento

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 17/08/2018

1. Lui è realmente lì!
“Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete.” (Gv 6, 35)

2. Gesù dimora giorno e notte nel Santissimo Sacramento a causa del suo amore infinito per noi!
“Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.” (Mt, 28-20) – perché – “Ti ho amato di amore eterno, per questo ti conservo ancora
pietà.” (Ger 31,3)

3. Il modo in cui Gesù ti chiede di riamarlo è quello di passare un’ora calma con lui nel Santissimo Sacramento.
“…là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore.” (Mt 6, 21) – “Così non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me?” (Mt 26, 40)

4. Quando volgi lo sguardo all’Ostia santa, volgi lo sguardo a Gesù. il Figlio di Dio.
“Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv
6, 40).

5. In ogni momento che passi alla Sua divina presenza aumenterà la sua vita divina in te nel profondo della tua relazione personale di amicizia con lui.
“Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.” (Gv 15, 5)

6. Ogni ora che passi con Gesù radicherà la sua divina presenza nel tuo cuore.
“Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.” (Mt 11,28) – “Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi.” (Gv 14, 17)

7. Gesù ti darà tutte le grazie di cui hai bisogno per essere felice!
“…l’Agnello che sta in mezzo al trono sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi” (Ap 7, 17)

8. Gesù merita infinitamente la tua incessante gratitudine e adorazione per tutto ciò che ha fatto per la nostra salvezza.
“L’Agnello che fu immolato è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione.” (Ap 5, 12)

9. Per la pace nel tuo paese!
“…se il mio popolo, sul quale è stato invocato il mio nome, si umilierà, pregherà e ricercherà il mio volto, perdonerò il suo peccato e risanerò il suo paese.” (2 Cronache 7, 17)

10. Ogni ora passata con Gesù sulla terra renderà la tua anima per sempre più bella e gloriosa in paradiso!
“…chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato” (Lc 18, 14) – “E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore.” (Cor 3, 18)

11. Gesù benedirà te, la tua famiglia e il mondo intero per quest’ora di fede trascorsa con lui nel Santissimo Sacramento.
“In verità vi dico: chi dicesse a questo monte: Lèvati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato.” (Mc 11, 23) – “E Colui che sedeva sul trono disse: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21, 5)

12. Ogni momento che passi davanti al Santissimo porta gioia, piacere e delizia per il suo sacro Cuore!
“…allora io ero con lui come architetto ed ero la sua delizia ogni giorno, dilettandomi davanti a lui in ogni istante; dilettandomi sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo. (Prov 8, 30-31).

Ed ecco dodici motivi tratti dall’insegnamento della Chiesa per motivarci a trascorrere un’ora santa davanti a Gesù nel Santissimo Sacramento.

1. Ne hai davvero bisogno!
“La Chiesa e il mondo hanno un grande bisogno di adorazione eucaristica.” (San Giovanni Paolo II, Dominicae Cenae)

2. C’è un invito personale per te da parte di Gesù. “Gesù ci aspetta in questo sacramento d’amore.” (San Giovanni Paolo II, Dominicae Cenae)

3. Gesù conta su di te perché l’Eucaristia è il centro della vita.
“Ogni membro della Chiesa deve vigilare sul fatto che il sacramento dell’amore dovrebbe essere al centro della vita del popolo di Dio, così che attraverso tutte le manifestazioni di adorazione a Lui dovute, restituiscano ‘amore per amore’ e diventare veramente la vita delle nostre anime.” (San Giovanni Paolo II, Dominicae Cenae)

4. La tua ora con Gesù nel Santissimo Sacramento riparerà il male nel mondo e porterà pace sulla terra.
“Siate generosi col vostro tempo nell’incontrare Gesù e siate pronti a riparare i grandi mali del mondo. Che la vostra adorazione non cessi mai.” (San Giovanni Paolo II, Dominicae Cenae)

5. Giorno e notte Gesù dimora nel Santissimo Sacramento perché tu sei la persona più importante del mondo per lui!
“Cristo è custodito nelle nostre chiese come centro spirituale del cuore della comunità, la Chiesa universale e tutta l’umanità, sebbene sotto il velo delle specie, Cristo è contenuto, Cuore invisibile della Chiesa, redentore del mondo, centro di tutti i cuori, per mezzo di Lui sono tutte le cose e da Lui noi sussistiamo.” (San Giovanni Paolo II, Dominicae Cenae)

6. Gesù vuole da te qualcosa in più che andare a Messa la domenica.
“La nostra adorazione comune alla Messa va insieme alla nostra adorazione personale di Gesù nel Santissimo Sacramento, affinché il nostro amore sia completo.” (San Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis)

7. In ogni momento che passi con Gesù tu cresci spiritualmente!
“Il nostro impegno essenziale nella vita è preservare e progredire costantemente nella vita eucaristica e nella pietà eucaristica e crescere spiritualmente nel clima della santa Eucaristia.” (San Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis)

8. Il modo migliore per passare il tuo tempo è con Gesù, il tuo migliore amico nel Santissimo Sacramento!
“Quanto è grande il valore della conversazione con Cristo nel Santissimo Sacramento, non c’è nulla di più consolante sulla terra, niente di più efficace per avanzare nella via della santità.” (San Giovanni Paolo II, Mysterium Fidei)

9. Così come non puoi esporti al sole senza riceverne i raggi, non potrai esporti a Gesù nel Santissimo Sacramento senza riceverne i suoi divini raggi della sua grazia, del suo amore, della sua pace.
“Cristo è davvero l’Emmanuele ovvero, Dio con noi, giorno e notte, egli è in mezzo a noi. Egli dimora con noi pieno di grazia e di verità. Egli restaura la moralità, nutre le virtù, consola gli afflitti, rafforza i deboli.” (San Giovanni Paolo II, Mysterium Fidei)

10. Se Gesù fosse visibile nella Chiesa, chiunque correrebbe ad accoglierlo, ma resta nascosto nell’Ostia santa sotto l’apparenza del pane, perché ci chiama alla fede, affinché molti vengano a lui in umiltà.
“Il Santissimo Sacramento è un ‘Cuore vivente’ in ognichiesa ed è nostro dolcissimo dovere adorare l’Ostia Santa, che i nostro occhi vedono, la Parola incarnata, che noi non possiamo vedere.” (San Giovanni Paolo II, Credo del popolo di Dio)

11. Con la trasformazione della misericordia, Gesù rende i nostri cuori un tutt’uno con lui.
“Egli propone il suo esempio a coloro che vengono a lui, affinché tutti imparino a essere come lui, mite ed umile di cuore, e a non cercare il proprio interesse ma quello di Dio.” (San Giovanni Paolo II, Mysterium Fidei)

12. Se il Papa in persona vi invitasse personalmente in Vaticano, questo onore sarebbe un nulla di fronte all’onore e alla dignità che Gesù stesso ci conferisce con l’invito a passare un’ora con lui nel Santissimo Sacramento. “La divina Eucaristia conferisce al popolo cristiano una dignità incomparabile” (San Giovanni Paolo II, Mysterium Fidei)

(Tradotto da: https://www.catholicnewsagency.com/resources/prayers/adoration-to-the-holy-sacrament/24-reasons-for-spending-a-holy-hour-before-the-blessed-sacrament)

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«Il miracolo dei miracoli che abbiamo la grazia di avere in ogni chiesa.»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 26/06/2018

Regla_01Riprendo con gioia a scrivere sul blog, dopo una sosta in cui la riflessione e il riposo mi hanno permesso di riordinare le idee.

Ho trascorso due settimane a Cuba, da cari amici e fratelli nella fede; quei fratelli e sorelle che ti il Signore ti dona come promesso, e che è giusto custodire come tesori cari, anche se abitano in fondo al mondo. Tra le tante realtà che grazie a loro ho scoperto in queste due settimane, c’è un santuario, Nuestra Señora de la Regla.

Da qui copio preciso preciso dal mio taccuino di viaggio.

Nuestra Señora de la Regla, la protettrice dei neri dell’Avana.

Per i bianchi c’è un’apposita Madonna bianca che si occupa di loro al di qua della baia. Nostra Signora mi perdonerà l’ironia a cui ho vilmente ceduto, Lei sa quanto l’abbia nel cuore, quanto la ami, ma oggi non riesco a sfilarmi di dosso questo sguardo saccente da occidentale, per lo meno per ora. Comunque, al di là, dalla Madonnina nera, ti ci porta un vaporetto arrugginito degli anni sessanta che per un CUC (pari a un dollaro americano), in dieci minuti ti porta da una parte all’altra dell’enorme e bellissima baia habanera.

Regla_03Fuori dal santuario in stile coloniale che ho ammirato stamattina, alcune donne vestite di bianco offrivano non so quali riti chiedendo un’offerta da mettere in bussolotti accanto a delle bamboline raffiguranti inquietanti “santi” della santeria cubana.

Dentro la chiesa, gruppuscoli di donne di colore sedevano rivolte all’altar maggiore, privo del tabernacolo su cui troneggiava Nuestra Señora avvolta da un bellissimo manto color carta da zucchero. Dopo un po’ che pregavo davanti alla suggestiva immagine mi è venuto spontaneo cercare il “padrone di casa”, la Presenza più importante.

Di lato, una cappellina con un’altra statua della patrona, pullulava di pellegrine che accendevano candele. Mi sentivo più alieno del solito perché oltre a essere l’unico bianco insieme alla mia famiglia e alla nostra amica, ero anche l’unico uomo nel santuario, scrutato da centinaia di occhi sospettosi come quelli delle vecchiette del paese molisano ogni volta che ci torno in estate.

Sulla destra di questa cappellina laterale ecco finalmente Lui, nel tabernacolo, solo, ignorato, tra due angeli il cui sguardo rivolto verso il cielo mi sembrava più una reazione rassegnata a tanta devozione popolare che, tra superstizione e magia, dimenticava di contemplare il miracolo dei miracoli che abbiamo la grazia di avere in ogni chiesa.

Regla_02Ho realizzato che anche qua, con modalità diverse rispetto a noi, la gente tende a privilegiare la via più facile, quella più immediata che appaga i sensi, perdendosi – forse perché nessuno li ha portati a scoprirle – le profondità e la pace e la gioia vere che si sperimentano nella preghiera profonda.

Noi abbiamo il benessere, il corri corri, le pseudo spiritualità alternative che fanno tanto figo; cose che imbavagliano la nostra sete di assoluto con altrettanta facilità. Coi bisogni satollati dal tutto-e-subito-sempre-a-disposizione, ci sembra di non aver bisogno di altro, e le nostre anime assetate di assoluto (e lo sono tutte che lo ammettiamo o meno) rimangono all’asciutto.

Qui all’Avana, senza mezzi, la superstizione e antichi riti duri da estirpare, rassicurano, ma lasciano anch’essi la sete di Assoluto che ha ogni anima e che può colmare solo Dio, che piaccia o no. Nel migliore dei casi lasciano a bocca asciutta, quando non fanno danni di cui poi ci si pentirà.

E così gli uomini, sia quelli nati nella parte “giusta” che quelli nati nella parte “sbagliata” del pianeta, si accontentano, limitandosi a volare basso, o si espongono a pericoli spirituali più grandi di loro.

Regla_04Forse perché chi avrebbe potuto (a partire anche da noi) non ha insegnato loro a volare alto?

Con questi pensieri – che non sono altro che pensieri di un cristiano tra i tanti – parto da Cuba col cuore allagato da sensazioni forti e contrastanti, nuove e bellissime, e con una preghiera.

Che questo popolo povero ma autentico, sbandato ma fiero, indolente ma bello, estroverso e sospettoso allo stesso tempo possa ricominciare da Qui, dall’Amore degli amori che tutto accoglie e tutto ricrea.

Ma vale per tutti noi…

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«Venni toccato proprio in quelle viscere straziate dagli stupri che avevo subìto, scoprii la potenza sanante dell’Eucaristia»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 16/02/2018

Fabio Salvatore riceve migliaia di lettere da quando, nel 2008, è stato pubblicato il suo primo romanzo best seller “Cancro non mi fai paura”.

Molti suoi lettori, che condividevano le fatiche quotidiane del dolore e del male, hanno scelto di raccontarsi a lui, condividendo con coraggio e onestà l’inferno vissuto e la rinascita, grazie all’intervento di Dio nella propria vita.

Tra questi “fattacci” raddrizzati dalla Grazia di Dio ricevuti dall’autore del libro, una brutta storia di violenza e di perdono mi ha particolarmente colpito e la vorrei condividere con voi.

«Come ogni anno eravamo in vacanza: mamma, papà e io, a Fregene, ma quell’anno erano venuti con noi anche gli zii e mio cugino Andrea. Dai miei otto anni non ancora compiuti vedevo come un adulto quel ragazzone alto un metro e ottanta, ma scoprii presto che non era grande come me lo immaginavo.

Dopo le mattinate al mare e il pranzo tutti insieme, i nostri genitori, approfittando dei ritmi rallentati della vacanza, andavano a dormire; e io, che di dormire non ne volevo sapere come tutti i bambini, restavo a leggere e a giocherellare in attesa che tutti si svegliassero per la passeggiata pomeridiana.

In quelle ore di siesta non speravo mai che mio cugino “adulto” mi coinvolgesse in qualche cosa. Gli anni che ci separavano erano come una generazione per noi, in realtà erano praticamente una generazione, ma la cosa mi sembrava del tutto normale. Mi meravigliai infatti quando mi invitò nella sua camera per vedere certi giochi che non conoscevo.

Di fronte alla assoluta novità, non venni minimamente sfiorato dal pensiero di essere in pericolo: era mio cugino. Si, era sempre stato un po’ strano (…) ma era un adulto (almeno ai miei occhi) e io ero tranquillo, nonostante mi stesse mostrando un gioco che non capivo.

Non ne capivo il perché, non capivo dove fosse il divertimento; ne ero così all’oscuro che ricordo come fosse ieri quando gli domandai: “Ma quella roba lì che esce, che cos’è? E come si forma?”. La risposta dell'”adulto” fu: “Col cibo”, e mi chiese di aiutarlo in quel gioco.

Lui era l’adulto, il parente di cui mi fidavo, e mi ritrovai a partecipare a quello strano gioco che non capivo. Continuavo a non capire dove fosse il divertimento. Il giorno dopo e quello dopo ancora mi ripropose quel “gioco” dicendomi che era il nostro segreto; io continuavo a partecipare con tutta l’ingenuità dei miei otto anni non ancora compiuti.

Ogni giorno quel gioco rivelava nuovi aspetti, fino al pomeriggio in cui quello che mi venne chiesto e fatto – il dolore, il disagio, assieme alla delusione e al senso di tradimento, e ancora il dolore, quel dolore fisico e quel disagio interiore che permaneva per giorni e giorni – mi portò alla consapevolezza che non era un bel gioco quello a cui venivo invitato ogni pomeriggio, che non era un gioco affatto.

Ma io tacqui. Tacqui per un anno, sotterrando quella sensazione indecifrabile e indicibile nel silenzio di un bambino solare che aveva cambiato carattere, che cominciava a soffrire di mal di testa e disturbi intestinali pur non avendo alcuna patologia.

Il gastroenterologo e l’internista non capivano che il dolore che avevo sotterrato, come in un vulcano attivo, si scavava delle camere magmatiche attraverso il mio fisico.

L’estate successiva, quei giochi si ripeterono per quindici giorni di seguito, con la partecipazione di un altro cugino che si era unito al gruppo per divertirsi con “quello sciocco che non si rendeva conto di niente”.

Passato qualche mese, il giorno in cui papà mi diede delle risposte sulla sessualità, capii di botto quello che mi era capitato. Ricordo solo che qualche minuto dopo, mentre ero solo in salotto, ebbi un giramento di testa e mi ritrovai sdraiato, ai piedi del divano, e che rimasi in quella posizione, imbambolato, paralizzato (non svenuto, perché ne ricordo perfettamente ogni minuto) per un paio d’ore.

Quando mi ripresi, cominciai a mangiare e mangiare, e mangiai quanto due, ttre, quattro uomini adulti per vomitare tutto e, sfinito, provare finalmente sollievo.

Da quel giorno non permisi più a nessuno di toccarmi per nessun motivo; nemmeno ai miei genitori, che rispettarono questo mio atteggiamento credendo che facesse parte del mio carattere e non sospettando che avrebbe solo amplificato la sofferenza inestricabile e indicibile che sotterravo e congelavo dietro a quei miei sorrisi e al mio carattere apparentemente aperto e gioviale.

Sorridevo, mi comportavo bene, ma mi sentivo strappare dentro, sempre.

La mia vita sociale e famigliare andava avanti come quella di tanti bambini; gli esami di quinta, le medie, un tentativo di suicidio non andato a buon fine, le superiori, i successi scolastici…

Leggevo molto, mangiavo di più e vomitavo ancora di più. Mangiavo, vomitavo e leggevo, e più leggevo e più capivo, ma quel dolore indicibile era stato tacitato per così tanto tempo che pensavo (o forse speravo) di averlo dimenticato.

Pensavo.

Fino a quel giorno in cui venne fuori come un’eruzione dell’Etna. Grazie a Dio, in quei miei travagliati diciannove anni avevo accettato l’invito a partecipare a un gruppo di preghiera del Rinnovamento nello Spirito. Lì accadde quello che pensavo impossibile. Venni toccato proprio in quelle viscere straziate dagli stupri che avevo subìto, scoprii la potenza sanante dell’Eucaristia.

Una psicoterapeuta cristiana – benedetto il giorno in cui l’ho incontrata – oltre a offrirmi un accompagnamento psicologico, mi consigliò di riposare davanti al Santissimo Sacramento e alla Messa quotidiana. Ogni giorno, Eucaristia dopo Eucaristia, il contatto del mio corpo e della mia anima devastati dal male col Corpo e la divinità del Risorto che era passato per la Croce mi portava fuori dal mio sepolcro: Gesù mi prendeva per mano e, ogni giorno, mi tirava fuori di un millimetro, un millimetro fuori dal mio sepolcro, fino al giorno in cui mi ritrovai completamente libero.

E da fuori riordinai la mia vita. Quel giorno capii che per completare il percorso avrei dovuto pregare per i miei abusatori, sebbene rimasi e resto tuttora ben lontano da certe persone che sono per loro natura “urticanti”.

Questa fu la decisione più difficile, che feci in obbedienza al mio direttore spirituale, anche se sentivo solo risentimento, rabbia e frustrazione. Dopo qualche anno mi ritrovai a pregare per loro senza più provare collera.

Ora ho una famiglia meravigliosa, un lavoro invidiabile, e nella misura in cui mi apro alla Grazia, vivo nella pace.

Ancora soffro, vengo ancora colto da attacchi di panico notturni e, se qualcuno allunga una mano per toccarmi, mi prende un colpo, nonostante abbia passato da un po’ i quaranta; ma, dopo una battuta con cui mi scuso dicendo che ero sovrappensiero, prendo la mano del Signore, scavalco le mie paure e non temo più di essere toccato dall’umanità.»

(Tratto da: Buio e Luce, di Fabio Salvatore, San Paolo, 2018, Pagg 67-72, col gentile permesso dell’autore)

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«La sera dopo il lavoro inizio ad andare in questa chiesa e inizio il mio dialogo con Dio…»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 30/06/2017

Condivido con gioia la testimonianza con Gesù nel Santissimo Sacramento, di una cara amica e sorella nella fede che ho il piacere di conoscere da 25 anni.

La mia esperienza viva con Dio !

Sono una donna di 42 anni felicemente sposata e provengo da una famiglia cattolica. La mia mamma è sempre stata una donna di preghiera e mio papà un uomo che crede nella provvidenza di Dio. Sono dunque cresciuta insieme a mio fratello, in un buon terreno, tra famiglia e oratorio delle Suore di Maria Ausiliatrice. I miei biglietti di bambina dell’elementari spesso erano rivolti a Gesù, proprio come fosse un amico a cui confidare i segreti di bimba.

Poi nella crescita, specialmente verso i 18 anni, dopo aver lasciato l’oratorio dove praticavo anche sport, ho iniziato ad allontanarmi un po’ dalla Chiesa e dalla Messa domenicale. Per fortuna questa profonda assenza di Dio è durata poco, perché lui in un modo misterioso stava già preparando il terreno affinché io potessi incontrarlo, ma in un modo tutto nuovo, come un Dio vivo e presente nella mia vita.

Così arriviamo ai miei 19 anni, pieni di inquietudine e di piccole e grandi ribellioni, anche di contestazioni ai saggi consigli dei miei genitori. Inevitabilmente in questo contesto il mio cuore soffriva molto, ma non sapeva perché.

Inizio nel frattempo a lavorare in un piccolo quotidiano con la prospettiva di svolgere il praticantato giornalistico che mi avrebbe portato poi alla professione di giornalista. Ma anche qui non ero pronta a passare da un oratorio a un contesto lavorativo peraltro particolare.

Così l’inquietudine aumentava e io, che spesso avevo sentito quella profonda solitudine… che altro non è se non assenza di Dio, tentavo di riempire il vuoto con gli affetti umani che nulla potevano rispetto al mio profondo e infinito buco d’amore. Un mio amico si ammala di tumore e questo dolore si aggiunge al mio profondo disagio di quegli anni. Ma ecco che imprevista arriva la mano di Dio che in modo del tutto creativo ha sempre un piano straordinario per manifestarsi nella nostra storia.

Avevo una gran voglia di piangere ma non volevo che gli altri mi vedessero, tanto meno i miei genitori, non volevo farli soffrire né deluderli.

Così qualcuno, non ricordo neanche chi, ma oggi dico un angelo disceso dal cielo, mi dice che in centro la sera c’era una chiesa aperta fino alle 23. E siccome io uscivo dal giornale intorno alle 22:00 per me era un posto perfetto dove andare a piangere e sfogarmi, senza che nessun conoscente mi potesse vedere e riconoscere.

Era l’89 e veramente poche chiese esponevano l’Eucarestia per l’adorazione eucaristica. E infatti io non conoscevo affatto questa pratica religiosa. Inizia così la mia esperienza con Dio, in modo imprevisto e originale.

La sera dopo il lavoro inizio ad andare in questa chiesa e inizio il mio dialogo con Dio o meglio con suo figlio, con il quale sembravo sentirmi più a mio agio. Iniziano così i miei dialoghi con Lui in modo molto spontaneo.

Ricordo che dicevo a Gesù, con lo stupore di chi non aveva abitudine all’adorazione eucaristica: “Guarda quando ero piccola mi hanno detto che in quel pezzo di pane ci sei tu, ora perché sei lì non lo so (nell’ostensorio intendevo), ma io ho bisogno che mi stai a sentire perché sto male e tu hai detto che sei un Padre buono”. E così andavo lì più o meno tutte le sere e gli raccontavo le mie giornate, le mie preoccupazioni e i miei progetti, sempre convinta che Lui fosse in cielo e che prima o poi, a modo suo, mi avrebbe dato qualche risposta, o comunque un aiuto dall’Alto.

Accadeva però qualcosa di straordinario che avrei capito solo molto più tardi: più andavo in quella Chiesa, a Via del Corso, e stavo alla sua presenza davanti all’Eucarestia, più ricevevo una pace che nessuno al mondo era in grado di darmi.

Così il mio desiderio di quella visita cresceva, fino a diventare la mia quotidiana abitudine. Anche nel weekend quando uscivo con le amiche e gli davo appuntamento al centro, prima passavo a fare un salutino a Gesù in quella chiesa.

Trascorrono tre anni in questo modo e ormai Gesù era diventato il mio migliore amico, perché non c’era davvero nessuno a cui raccontavo ogni giorno tutte le mie cose, anche le paure e i segreti del mio cuore.

E arriviamo così a quello che io chiamo il tesoro della mia vita: la mia esperienza di Dio vivo presente qui in terra, e non solo in cielo come io avevo sempre creduto.

Cappella del Santissimo Sacramento nella Basilica di San Pietro in Vaticano

E’ l’epifania del ’92 e io non sapevo a quel tempo che Epifania significasse Manifestazione del Signore. Una mattina vado vicino San Pietro per incontrare un mio amico sacerdote per andarmi a confessare da lui. Appena lo incontro lui mi dice che aveva un appuntamento nella basilica e che se lo avessi accompagnato dopo questo incontro mi avrebbe confessata.

Così vado con lui e quando entriamo in Basilica mi indica una tenda celeste sulla destra, poco più avanti della pietà di Michelangelo e mi dice di aspettarlo lì. Io che ignoravo ci fosse la cappella del Santissimo Sacramento a San Pietro, incuriosita di vedere cosa ci fosse dietro quella tenda entro e, con mio grande stupore, nel vedere il Santissimo esposto esclamo: “Oh tu guarda chi si vede, non sapevo che tu stessi anche qui!”.

In verità io nell’ostensorio lo avevo visto solo in quella Chiesa al centro e dunque lo stupore nel vederlo lì era totale. Ma siccome era diventato il mio migliore amico, senza esitazioni gli parlavo con molta confidenza, come si fa con un vero amico.

E come ero solita fare ogni volta che lo visitavo mi inginocchio, ma quella volta le cose andarono diversamente dal solito. Non ho visto nulla, non ho udito nulla con le mie orecchie, ma il mio cuore ha udito parole che non dimenticherà mai.

Non so spiegarvi…è come un’intuizione in cui improvvisamente comprendi quello che fino ad allora non avevi capito.

Sento come se il Signore, davanti a me, mi dicesse: “Maria Rita, io sono il tuo medico per eccellenza!” (In effetti in quel periodo io ero molto preoccupata per la mia salute) e ancora… “Sei venuta tante volte a trovarmi e non mi conoscevi ma hai creduto e oggi ti faccio capire che io sono proprio qui davanti a te!”

Non so raccontarvi quello che ho provato, mi sono sentita circondata dalla Sua Presenza, invasa da una pace immensa e ho iniziato a piangere, non so neanche per quanto tempo ho pianto. Io che ero convinta che quel Gesù che andavo a visitare ogni giorno fosse in cielo…ora comprendevo che era proprio li davanti a me, presente e vivo nell’eucarestia!

Ho messo un po’ di tempo per riacquistare il mio equilibrio dopo quell’esperienza stravolgente. Mi chiedevo, ora che sapevo che Lui era vivo, se dovessi fare la suora di clausura come la mia zia benedettina a Firenze, o la volontaria in Africa, o la giornalista di Dio gridando al mondo che lui è vivo davvero nell’eucarestia.

Poi ovviamente, il Signore pian piano ha messo in ordine un po’ di cose, anche attraverso i sacerdoti e le persone che mi hanno accompagnato nel mio percorso di fede.

Oggi sono felicemente sposata con un uomo che è un vero dono di Dio per me e insieme camminiamo lungo la via che il Signore ci indica, pieni di amici che con noi condividono la bellezza e la felicità di avere scoperto un Tesoro prezioso… Quel Dio vivo, che è presente in mezzo a noi e ci accompagna con la Sua Parola lungo il cammino della vita, dandoci le chiavi per l’eternità.

Con immensa gratitudine al Signore Dio che mi ha creata e chiamata alla Verità.

Maria Rita

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«Sosto davanti a un Tu speciale…»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 29/06/2017

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«Decisi di rimanere fuori [dalla chiesa] in santa pace… In quell’istante successe un fatto incredibile»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 22/05/2017

Sono cattolica dalla nascita, andavo a Messa ma più per abitudine e mi annoiavo. Mio marito era di origine indù, tuttavia avevamo deciso di comune accordo che i nostri tre figli venissero educati alla religione cattolica, con Messa domenicale obbligatoria, scuole cattoliche ecc.

Pensavo di esaurisse lì il mio dovere di mdre. Non avendo io stessa un forte senso religioso e non capendo nulla di preghiera, non avevo mai parlato di Dio con i miei figli, né mai avevamo pregato insieme. Avevo una fede solo esteriore che non partiva dal cuore! In realtà ero aperta un po’ a tutto ciò che potesse ostacolare la fede, sia per ignoranza che per pigrizia spirituale.

Un giorno, un cristiano protestante mi aveva detto che nell’ostia non c’era Gesù e che credere alla presenza reale di Cristo nell’Eucaristia fosse ridicolo, al punto che finii per dubitare. Durante la Messa pensavo a tutto tranne che a Dio e speravo finisse al più presto.

Una mia cara amica mi aveva invitato più volte a Medjugorje e alla fine, nel maggio 1997, riuscì a convincermi, mio malgrado. Organizzò il viaggio con un gruppo di sei persone, ma per me era piuttosto un’occasione per stare con loro, per scambiare quattro chiacchiere e per godere un po’ di sole e di natura… Meraviglioso! Neanche per un secondo pensai che si potesse andare a Medjugorje per pregare.

I primi giorni del pellegrinaggio furono molto belli: il cibo mi piaceva molto, l’aria pura, i raggi caldi del sole sulla mia pelle… Erano proprio le vacanze ideali! Il terzo giorno, la nostra guida irlandese ci portò fuori del villaggio con una vecchia camionetta sgangherata, per assistere alla Messa di un certo padre Jozo, che si trovava a Široki Brijeg, luogo in cui, durante la seconda guerra mondiale, furono martirizzati trenta francescani. Tutti erano agitati come se dovessimo incontrare il Papa in persona, io invece ero completamente disinteressata all’evento.

Al nostro arrivo la chiesa era già piena, nonostante fosse molto grande. Le panche erano tutte occupate ed era impossibile passare nei corridoi intasati dai pellegrini. Approfittando di questa situazione per me provvidenziale, decisi di rimanere fuori in santa pace alla larga dal caos e di godermi quel tiepido sole!

In quell’istante successe un fatto incredibile: un uomo, uno sconosciuto, mi prese la mano con gentilezza e mi condusse sul sorridoio principale, attraversando la folla senza alcuna difficoltà, come se il passaggio si aprisse davanti a lui. L’uomo mi fece sedere sui gradini dell’altare, di fronte al sacerdote che stava per celebrare la Messa.

Poi improvvisamente l’uomo che mi aveva accompagnato sparì e io mi ritrovai seduta nel posto migliore. Pensai di sognare, tutto era surreale ma allo stesso tempo sembrava perfettamente normale.

Non ricordo molto dell’inizio della Messa, ma al momento della consacrazione, quando il sacerdote sollevò l’ostia, vidi questa ingigantirsi e al centro apparve Gesù nostro Signore vivo. Aveva gli occhi rivolti verso l’alto. Cominciai a piangere ininterrottamente per tutta la durata del pellegrinaggio. Da allora la mia vita cambiò continuamente.

Tornata a casa, cominciai ad andare a Messa ogni giorno e l’Eucaristia divenne la fonte della mia gioia e tutta la mia forza. Non ebbi più alcuna visione, ma Gesù rimane oggi il mio unico cibo.

Mio marito ascoltò quanto mi era accaduto con molto rispetto, ma purtroppo, nonostante il mio profondo cambiamento, tutto ciò non sembrò scalfirlo.

D’altra parte io non avevo mai cercato di convincerlo ad abbracciare la mia fede, tanto più che mi lasciava libera di praticarla. Non era ancora giunto il suo momento e io aspettavo con serenità, pregando per lui e supplicando Dio di toccare anche il suo cuore.

Alcuni anni dopo, una mattina come tante altre, stavo andando a Messa e mi disse: “Vengo con te!”. Da quel momento prese l’abitudine di venire con me in chiesa senza darmi spiegazioni. Anch’io non gli dicevo nulla, sapendo che la scintilla non sarebbe potuta scoccare che dall’alto. Per farla breve, il Signore aveva lavorato nel segreto del suo cuore in modo misterioso.

Oggi mio marito ha ricevuto il Battesimo e condividiamo la stessa fede in Gesù. Lui solo ha potuto realizzare tutto questo al momento opportuno!

Come vorrei ricominciare la mia vita da capo e vivere con Gesù gli anni della mia giovinezza! Come rimpiango il tempo perduto! Non passa giorno in cui io non renda grazie a Dio di essersi rivelato a me e a mio marito. Oggi prego incessantemente per tutti i cattolici che sono tiepidi nella loro fede, come lo ero io allora!

Che la Madonna possa toccare molte, molte anime e condurle a Gesù vivo!

(Tratto da: “La pace avrà l’ultima parola” di suor Emmanuel Maillard, Sugarco Edizioni, pag. 53-55)

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“Di fronte a Gesù Eucaristia… non mi interessava più il palcoscenico, tutto era cambiato…”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 10/01/2017

Dal palcoscenico al convento: la storia di frate Stefano Luca.

Dopo il diploma presso l’Accademia dei Filodrammatici di Milano lascia il palcoscenico per indossare il saio ed iniziare il cammino dei frati cappuccini. Oggi fa parte del “coordinamento nazionale teatro in carcere”, coordina e gestisce i laboratori di teatro sociale in Veneto e collabora con diverse associazioni, comunità di recupero e organismi socio-educativi.

In un ritiro il mio unico pensiero era cosa fare nell’immediato futuro; perché le cose giravano bene, con l’accademia, con il lavoro, mi chiedevo; finisco l’accademia o inizio a lavorare in maniera piena?

Invece alla sera, di notte, era la prima volta che mi capitava di fare adorazione eucaristica, non sapevo neanche cosa fosse, mi sono ritrovato in ginocchio di fronte a Gesù Eucaristia, e lì è stato un disastro, mi ricordo che mi sono messo a piangere, tutto era cambiato, tutto quello che avevo desiderato, tutto quello che avevo, non aveva più senso.

Non m’interessava più il palcoscenico, non m’interessava più recitare, non m’interessavano più alcune relazioni con le ‘morose’, niente, niente.

Un frate mi disse in maniera provocatoria: “Cosa vorresti fare? Mollare tutto e fare cosa? Intanto finisci l’accademia e la finisci bene e nel frattempo inizi un cammino di discernimento vocazionale, aperto a più stati di vita.

I miei genitori tutto si aspettavano fuorché questo. All’inizio mia madre diceva che ero in tournée e non con i frati. Adesso hanno accolto e mi azzardo a dire che sono quasi contenti.

Ora utilizzo il teatro come mezzo buono, come strumento coi tossicodipendenti e anche nelle carceri.

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“Se la religione significa qualcosa, l’uomo tutto – mente e corpo – hanno il dovere di adorare.”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 15/08/2016

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Una scena dei “Racconti di Padre Brown”, film del 1957

Alec Guinnes è considerato uno dei migliori attori del ventesimo secolo, per la sua abilità di interpretare un’ampia gamma di personaggi. Venne acclamato nel suo Amleto teatrale a Londra ed ebbe successo internazionale anche nel cinema.

Nel 1957 gli venne attribuito dall’accademia il premio come migliore attore per “Il ponte sul fiume Kwai; due anni dopo gli venne attribuito il titolo di Cavaliere dell’Ordine dell’Impero Britannico, dalla Regina Elisabetta. Nel 1962 era il primcipe Faiçal in Lawrence d’Arabia e nel 1977 divenne famoso per il ruolo di Ben Kenobi in Guerre Stellari.

Nella sua autobiografia Blessings in Disguise (Akadine Pr, 2001), Guinness attribuisce quasi maggiore importanza alla sua conversione alla Chiesa Cattolica che al suo successo cinematografico.

Ecco la storia della sua conversione fuori dal comune.

Guinnes nacque a Londra nel 1914 da Agnes Cuffe, una ragazza madre che si occupò di lui in modo disordinat; si rifiutò di rivelargli il nome del padre e lui per anni si chiedette il perché di quel nome, Guinness, sul suo certificato di nascita.

A sei anni spesso il bambino veniva lasciato da solo. Sua madre ebbe una relazione con un uomo brutale che Alex odiava e temeva. Il bambino vide un bagliore da quella povertà e negligenza solo con la scuola e, nell’adolescenza quando scoprì la passione per il teatro.

A sedici anni venne confermato nella fede anglicana ma in cuor suo si definiva ateo.

“Certi eventi o parole del Nuovo Testamento – scrirre più tardi – comunque mi imteressavano e, nonostante fossi ignorante di teologia, mantenevo un costante interesse per gli argomenti religiosi. Il più delle volte, però, tutto cedeva sotto al mio cinismo di adolescente”.

Scena tratta dal film "Il ponte sul fiume Kwai"

Scena tratta dal film “Il ponte sul fiume Kwai”

Questo “costante interesse per gli argomenti religiosi” portò il giovane Guinness a frequentare per un po’ i presbiteriani, ma non durò. Scrive nella sua autobiografia che non gli passò mai per la mente la possibilità di entrare nella Chiesa Cattolica. La sua tolleranza nei confronti dei cattolici si limitava a una visione di simpatia”.

A 18b anni lasciò la scuola per un lavoro in un’agenzia di pubblicità. Non pensava più alla religione ritenendo che era tutto sotto a una montagna di immondizia, uno schema maligno dell’establishment per mantenere il lavoratore al suo posto. Flirtò col comunismo, divulgando la letteratura marxista leninista, partecipò alle riunioni dei “quakers”, studiò il buddismo e arrivò a coinvolgersi con la tarologia.

Fallendo nella carriera di redattore tornò al teatro, realizzando un sogno che aveva fin dall’infanzia. Il successo non tardò ad arrivare.

Mentre interpretava Amleto a Londra, un prete anglicano gli fece notare come non facesse bene il segno della Croce mentre era inscena. Quell’incontro fece risvegliare in lui di nuovo l’interesse per il cristianesimo.

In una notte terribile durante la Seconda Guerra Mondiale, quando Londra si trovava sotto l’attacco della forza aerea tedesca (Deutsche Luftwaffe), Guinness si rifugiò nel vicariato del Reverendo Cyril Tomkinson. Era preoccupato per la moglie e per il figlio piccolo che si trovavano in un appartamentino affittato nella città di Stratford-upon-Avon. Tra un bicchiere di vino e un altro, il padre anglicano diede ad Alec una copia dell'”Introduzione alla vita devota” di San Francesco di Sales, avvertendolo di fare sempre una genuflessione davanti all’altare. Guinnes non aveva idea di cosa fosse quella “presenza reale” ma, tra le bombe che gli esplodevano intorno, quella non sembrava essere al momento, la conversazione più urgente da fare.
Guinness tornò alla fede anglicana e andava spesso in bicicletta, nelle buie matine invernali, per ricevere la comunione in una chiesa dell’interiore. La sua amicizia con Tomkinson fece diminuire il suo anticlericalismo, ma non la sua avversione alla Chiesa di Roma. Ma fu proprio Padre Brown a iniziare inlui questo processo.

Guinness_04Padre Brown è il brillante personaggio creato dallo scrittore cattolico G. K. Chesterton. Una delle più memorabili interpretazioni di Guinnes è stata proprio quella di questo umile chierico e detective, nel 1954. Il film veniva girato in un remoto paesino francese. Una notte Guinness, ancora in abito talare, stava tornando al suo alloggio. Un ragazzino, credendolo un vero prete, lo prese per mano fiducioso, facendogli compagnia.

Quell’episodio apparentemente insignificante marcò profondamente l’attore. “Continuando a camminare – disse Guinness – riflettei sul fatto che una Chiesa che riusciva a ispirare una tal fiducia in un bambino, non poteva essere tanto astuta e spaventevole come veniva spesso dipinta. I miei vecchi preconcetti cominciavano a vacillare”.

Poco tempo dopo, Matthew, il figlio undicenne di Guinness venne colpito dalla poliomielite e restò paralizzato dalla vita in giù. Il futuro del ragazzino appariva quantomeno incerto e, alla fine delle riprese quotidiane del film, Guinness cominciò a passare in una piccola chiesa cattolica che incontrava tornando a casa. Fece un patto con Dio: se lo avesse guarito, lui non si sarebbe opposto a che il figlio diventasse cattolico.

Matthew guarì completamente e Guinness e sua moglie lo iscrissero alla scuola dei Gesuiti. A 15 anni il ragazzo annunciò che voleva diventare cattolico. Mantenendo la sua promessa, il padre non si oppose.
Ma Dio voleva molto di più. Guinness cominciò a studiare la religione cattolica e faceva lunghe conversazioni con un sacerdote. Fece un ritiro in un monastero trappista e arrivò persino ad assistere a una messa cattolica con l’attrice Grace Kelly mentre giravano un film a Los Angeles. Certo argomenti come quello delle indulgenze e dell’infallibilità del Papa lo frenavano un apo’ fino a quando, un giorno, finalmente cedette.

“Non ebbi nessun turbamento emotivo, nessuna grande intuizione, nessun particolare interesse alle questioni teologiche; solo un senso della storia e delle proporzioni delle cose”.

Guinness_03Guinness venne accolto nella Chiesa Cattolica dal Vescovo di Porthsmouth e, mentre si trovava in Sri Lanka per girare “Il ponte sul fiume Kwai”, venne piacevolmente sorpreso dalla conversione di sua moglie.

Come spesso capita coi nuovi convertiti, Guinness sperimentò periodi di pace profonda e persino piaceri fisici. Raccontava spesso di come a volte corresse come un pazzo per stare alla presenza del Santissimo Sacramento in una piccola anonima chiesa.

Riflettendo su questi episodi scrisse: “Se la religione significa qualcosa, l’uomo tutto – mente e corpo – hanno il dovere di adorare. Mi sono sentito rassicurato quando venni a sapere che il buono, brillante e acutamente sensato Ronald Knox si era ritrovato come me a correre come un pazzo e in varie occasioni, per visitare il Santissimo Sacramento.”

Sir Alec Guinness mor nel 2000, a 86 anni, ringraziando il Padre Brown di Chesterton, che lo aveva condotto per mano fino alla Chiesa, e grato per il recupero di suo figlio, terminò il suo percorso altamente proficuo come attore, una vita di grazia, preludio dell’eternità.

Fonte: https://padrepauloricardo.org/

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