Un’interessante intervista di Sveva Sagramola al neurologo Piero Barbanti.
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Gli effetti della preghiera secondo la scienza
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 20/11/2018
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Un’energia di 34.000.000.000.000.000.000.000 di Watt!
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 11/04/2018
Da uno studio scientifico dell’ENEA (l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile), sono emerse delle informazioni sorprendenti sulla Sacra Sindone.
Chi volesse leggere il rapporto tecnico integrale dal sito dell’ENEA, può cliccare QUI.
In sintesi, ciò cha la ricerca ha scoperto è che ci vorrebbero 34 mila miliardi di watt per ottenere un’immagine come quella della sindone su un telo di lino.
Per farsi un’idea, i più potenti laser oggi disponibili al mondo sono decine di migliaia di volte meno potenti e si tratta di un’energia paragonabile a quella prodotta attualmente in un giorno da tutto il mondo, concentrata in pochi secondi e sulla superficie di un telo.
Siamo in tempo di Pasqua, tempo in cui noi strani-cattolici-caparbi-che-ci-credono-davvero, celebriamo la resurrezione di Cristo.
Le prove non servono per chi crede e non bastano a chi non crede, ma risultati del genere, incredibilmente interessanti, non possono non interrogare chi non crede e non rafforzare chi ha fede nell’evento più rivoluzionario della storia dell’umanità.
Un’energia immensa alla fonte della resurrezione… Pensate all’immensità dell’Amore che sta alla fonte di tutto questo evento…
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«Quando mangiate la pizza state masticando un concentrato di spazio-tempo, ecco perché il “materialismo scientifico” fa a pugni con la scienza.»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 04/04/2018
Se volete capire questa affermazione prendetevi del tempo e gustatevi questo video interessante del Professor Antonino Zichichi in cui controbatte con rara eleganza, le critiche che gli vengono mosse per essere scienziato e credente e per dirlo in pubblico senza complessi.
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Per sorridere (e riflettere) su scienza e fede
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 06/02/2018
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«Nel tè di mia moglie ci sono due cose ben distinte»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 05/02/2018
Condivido con gioia parti di un articolo appena letto che – come sempre quando leggo di scienziati credenti – mi è stato di edificazione e insegnamento aggiungendo un utile tassello per guidare la ragione verso la verità.
«Una goccia d’acqua ha mille miliardi di molecole. Non è facile credere a ciò ma è così! Se si volessero contare le molecole contenute in una goccia d’acqua, sommandole una al secondo, sarebbero necessari trentamila miliardi di anni! E in cielo c’è un numero di stelle paragonabile al numero di molecole presenti in un bicchiere d’acqua!»
Vincenzo Balzani ha la calma e la mitezza straordinarie di uno scienziato italiano che ha sfiorato il Nobel – nel 2016 tre scienziati stranieri lo hanno vinto per la chimica servendosi generosamente delle sue ricerche (n.d.r.) – con l’entusiasmo di una matricola al primo anno di università (…) che non si è mai chiuso nella torre delle sue ricerche:
«Credo di essere un uomo di fede: credo, ma so dal Vangelo che appena uno dice “credo” deve subito aggiungere: “Signore, aiutami nella mia incredulità”. Sono nato in una famiglia cattolica tradizionale e ho vissuto la Messa e le iniziative parrocchiali fin da ragazzo. Molti anni fa, mia moglie e io abbiamo conosciuto un sacerdote molto bravo, don Giovanni Nicolini, e abbiamo iniziato a frequentare a Crevalcore, non lontano da Bologna, la Famiglia della Visitazione, una comunità composta anche da persone consacrate».
Il rapporto tra scienza e fede.
«Il punto di partenza è quanto disse il cardinale Martini: c’è la scrittura dell’uomo che è la scienza che si occupa dei fatti, dei fenomeni, delle teorie, e cerca di rispondere alla domanda “come?”; la scrittura di Dio, invece, trova le risposte non a questioni scientifiche, ma a interrogativi che ognuno ha dentro di sé, trova risposte ai “perché?“, i quali possono risolvere le domande che nascono nella vita dell’uomo: perché sono al mondo, che senso ha la mia vita, perché c’è il mistero del male.
Qui la scienza non può spiegare nulla.
C’è un aspetto materiale e uno spirituale. Un esempio: sto lavorando ma sono stanco, vado in cucina, mia moglie si accorge della mia stanchezza e mi prepara del tè. Nel tè di mia moglie ci sono due cose ben distinte: la prima è l’azione materiale del farmi il tè, la seconda è l’amore che mia moglie mi manifesta facendomi il tè, che la scienza non può descrivere e spiegare se non come una mera azione spirituale».
(…) Io mi occupo di atomi e molecole, oggetti piccolissimi che hanno forme e proprietà ben definite. Il chimico oggi può costruire macchine utili anche al mondo della medicina. Siamo delle creature meravigliose, ma fragili, non onnipotenti. Dobbiamo ricordarci che c’è il male, un mistero grande, e che il male è più forte di noi. Non possiamo vincerlo, possiamo solo chiedere al Signore che ci protegga.
D’altra parte l’uomo deve chiedere aiuto. Se l’uomo non dovesse chiedere aiuto, penserebbe di essere un dio. Alcuni scienziati dicono che arriverà una teoria che spiegherà tutto, anche Dio, per cui sarà più grande di Lui! Altri dicono che è possibile la dimostrazione scientifica di Dio. Ma Dio non è dimostrabile scientificamente».
«Sappiamo che tutto è iniziato con una grande esplosione, il Big Bang, (…) ma non sappiamo com’è stato l’inizio, non sappiamo cosa ci sia stato prima del Big Bang. Ed è proprio lì che c’è Dio».
(Tratto da: Credere, la gioia della fede, n. 1, Gennaio 2018, Pag. 50)
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«La causa (dell’universo) deve essere trascendente, come l’idea cristiana di Dio»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 15/01/2018
«Sono convinto che la fede cristiana sia una credenza ragionevole e non vi sia alcun conflitto tra le scoperte scientifiche e il cristianesimo. Ritengo che il Creatore dell’universo sia il Dio della Bibbia».
Così si è presentato Michael G. Strauss, fisico delle particelle del CERN di Ginevra e docente presso l’Università dell’Oklahoma.
Poche settimane fa ha infatti aperto il suo sito web personale (www.michaelgstrauss.com), motivandolo così: «Da qualche tempo ho l’opportunità di parlare nelle università, nelle scuole e nelle chiese circa l’intersezione tra la scienza e la fede cristiana. Spesso capita che la gente mi chieda se ho scritto qualcosa su questo per esplorare il tema in modo più dettagliato».
Così è nata l’idea di uno spazio virtuale, decisione insolita per un ricercatore di un certo peso: apprezziamo molto dato che tale tematica sul web è solitamente, e purtroppo, inflazionata per la gran parte da avvocati del creazionismo biblico e scienziati dell’ateismo militante.
Esperto dell’interazione tra quark e gluoni e attualmente impegnato sulle proprietà del bosone di Higgs, Strauss ha scritto che «come scienziato professionista e come cristiano posso
avere qualcosa da offrire alla discussione concernente il rapporto tra cristianesimo, la scienza e pensiero oggettivo».
I suoi primi due articoli sono stati dedicati alla teoria del Big Bang, riflettendo sulla «ripugnanza che questa idea ha generato» fin dall’inizio in certi ambienti positivisti, la quale «è stata alla fine accettata solo perché le prove a suo favore sono schiaccianti e indiscutibili». E’ interessante la sua precisazione: «Quando si sente dire che gli scienziati discutono se il Big Bang si sia davvero verificato, in realtà stanno solo mettendo in discussione ciò che è accaduto nei primi 10 -35 secondi o giù di lì, non se vi è stato un inizio effettivo. Nessuno ha dubbi sul fatto che l’universo visibile era molto piccolo, caldo e denso, circa 13,8 miliardi di anni fa ed è da allora in uno stato di espansione».
Il problema è che a molti «non piace l’implicazione teologica e filosofica di un universo che ha avuto un inizio effettivo e continuano a cercare scappatoie. Eppure tutte le osservazioni che abbiamo, tutti i calcoli teorici, e anche alcuni calcoli proiettivi come il teorema di Borde-Guth-Vilenkin, danno credito alla conclusione che tutto lo spazio, il tempo, la materia e l’energia di questo universo ha avuto un inizio.
Il Big Bang è un termine improprio perché non c’è stata una sorta di esplosione dato che non c’era nulla che esisteva che potesse esplodere. È l’origine dell’universo. Quindi, se questo universo ha avuto un inizio, allora la causa dell’universo non può essere una parte dell’universo. La causa deve essere trascendente, come l’idea cristiana di Dio».
Fa bene il prof. Strauss a non parlare di “prova di Dio”, non è saggio mischiare i piani. Ha probabilmente ragione anche quando scrive: «I teisti non avrebbero potuto delineare uno scenario migliore per sostenere il teismo». Lo stesso pensiero del fisico americano è condiviso da altri colleghi, anche importanti premi Nobel, come ad esempio Arno Penzias, Leon Max Lederman e Antony Hewish. Abbiamo raccolto le loro parole in questo dossier.
Strauss ha promesso altri articoli in cui discuterà degli scenari alternativi all’origine del nostro universo che non richiederebbero un inizio effettivo di esso, entrando dunque nel vivo del grande dibattito scientifico e filosofico su questa tematica. Buon lavoro!
(Fonte: http://www.uccronline.it pubblicato il 15/2/2017)
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«Vi è abbastanza luce per coloro che desiderano vedere, ed abbastanza oscurità per quelli che sono in una disposizione contraria»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 20/03/2017
Prendetevi del tempo per gustarvi la storia struggente e forte di Takashi Nagai, padre di famiglia e medico giapponese convertito al cattolicesimo, sopravvissuto alla bomba atomica di Nagasaki, morto in odore di santità per le conseguenze delle radiazioni.
Takashi Nagai nacque nel febbraio del 1908 a Isumo (vicino a Nagasaki) in Giappone, in una famiglia di cinque figli di religione scintoista. Dimostrando una spiccata attitudine per gli studi, il padre, esperto di medicina orientale, gli trasmette la passione per questa disciplina e, nel 1928, Takashi si iscrive alla Facoltà di Medicina.
Racconta nel suo diario: «fin dagli studi liceali ero diventato prigioniero del materialismo […]; alla Facoltà di medicina mi fecero sezionare cadaveri: la struttura meravigliosa del corpo, l’organizzazione minuziosa delle sue minime parti, tutto ciò provocava in me ammirazione. L’anima? Un fantasma inventato da impostori per ingannare la gente semplice».Nel 1930 sua madre subisce un colpo apoplettico e, senza poter parlare, gli rivolge un ultimo sguardo: per Takashi l’addio della madre segna una svolta determinante nella sua vita. «Quella donna —scrive Nagai— che non si era mai concessa un istante di tregua nel suo amore per me, negli ultimi istanti di vita mi parlò molto chiaramente. Il suo sguardo mi diceva che lo spirito umano continua a vivere dopo la morte. Tutto ciò era un’intuizione, un’intuizione che aveva il sapore della verità».
Il futuro medico giapponese inizia così a leggere Pascal e rimane colpito dalla sua fede di scienziato: decide di provare a conoscere la religione cattolica, allo stesso modo con cui normalmente si verificano in laboratorio le ipotesi. Cerca e trova una famiglia cattolica che lo ospiti durante gli studi: i coniugi Moriyama, umili fattori, famiglia cattolica da 250 anni, che hanno una figlia, Midori. Tutti e tre i componenti della famiglia iniziano subito a pregare per la sua conversione.
Nel 1932 il giovane studente, colpito da un’otite, diventa sordo dall’orecchio destro: deve dire addio alla medicina ordinaria, non può più usare lo stetoscopio. Si rivolge allora con entusiasmo alla radiologia, agli esordi nel suo paese, e intuisce subito che questa nuova scienza sarà fondamentale per la diagnostica. Lo stesso anno, la notte di Natale del 1932 è invitato dal sig. Moriyama a partecipare alla S. Messa di mezzanotte in cattedrale: «Non potrà mai credere, se non verrà a pregare in chiesa».
La sua conversione e il battesimo con il nome di Paolo (in onore di San Paolo Miki), avverranno però solo nel giugno del 1934, dopo altre vicende che segneranno la sua vita: salva la vita a Midori, colpita da appendicite acuta e in pericolo di vita, viene reclutato nell’esercito e inviato in Manchuria (Cina) a combattere: porta però con sé un piccolo catechismo regalatogli Midori.
Torna in Giappone, provato e sconvolto dalla guerra. Entrato per la seconda volta nella cattedrale di Nagasaki, incontra un sacerdote giapponese che lo ascolta per lungo tempo e lo conforta. Legge di nuovo Pascal e si sofferma su un pensiero: «vi è abbastanza luce per coloro che desiderano vedere, ed abbastanza oscurità per quelli che sono in una disposizione contraria». Adesso Takashi non ha più dubbi sulla sua chiamata al cattolicesimo.
Sposa Midori nel settembre del 1934 e la rende consapevole dei rischi corsi nella sua attività medica (i radiologi dell’epoca non avevano i mezzi per proteggersi dai raggi X adeguatamente); la moglie lo sostiene e condivide tutte le sue scelte. «Il compito del medico —scrive il dott. Nagai— è quello di soffrire e di rallegrarsi con i suoi pazienti, di sforzarsi di diminuire le loro sofferenze, come se fossero le sue proprie […]. In fin dei conti, non è il medico che guarisce l’ammalato, ma la volontà di Dio. Una volta che si è capito questo, la diagnosi medica ingenera la preghiera».
Dal giugno del 1937 al marzo del 1940 Nagai è di nuovo coinvolto nella guerra cino-giapponese. È un medico militare eroico: la sua abnegazione è totale ed è per tutti: soldati giapponesi e cinesi, uomini, donne, bambini e anziani, vittime di carneficine orribili. Rientrato in Giappone scopre da solo sulle sue mani i primi segni di una malattia derivata dalle esposizioni ai raggi X.
Lavora sempre di più (negli ultimi tempi trascorre giorno e notte facendo radiografie ai feriti dei bombardamenti e salvando in questo modo molte vite umane, senza mai tirarsi indietro); è sovente spossato e, solo quando è sfinito, si chiude nel suo ufficio, recita il rosario guardando la statua della Vergine Maria, ritrovando così la sua pace interiore.
Nel giugno del 1945 si fa un’auto diagnosi: leucemia con ipertrofia della milza: durata della vita 3 anni. «Signore —così accoglie la notizia della sua malattia— non sono che un servo inutile. Proteggi Midori e i nostri due figli. Avvenga di me quello che Tu vuoi». La mattina dopo, ricevuto il sostegno della moglie, è al lavoro come sempre, pieno di nuova forza e con il sorriso che lo accompagnerà e lo distinguerà sempre.
Il 9 agosto del 1945 è una giornata con un cielo perfettamente nitido; ma siamo ormai ai drammatici esiti finali della Seconda guerra mondiale: improvvisamente esplode la bomba atomica sul quartiere cattolico a nord di Nagasaki, Urakami. Muiono 8000 cristiani. La cattedrale, affollata di fedeli, è distrutta. Era la comunità cattolica più importate e numerosa dell’Estremo Oriente.
Nagai, Preside della Facoltà di medicina, lavora nel suo laboratorio a 700 metri dal centro dell’esplosione: è una visione apocalittica. È ferito, ma lavora senza sosta per soccorrere i feriti, non si ferma nemmeno un attimo. L’11 agosto ritrova la sua casa ridotta in cenere, recupera i resti carbonizzati della moglie (i due figli erano in montagna con la nonna al sicuro); nelle ossa della mano destra della moglie trova intatto il suo rosario, che brilla nella polvere: «Dio mio —prega il marito tra le lacrime— ti ringrazio di averle permesso di morire pregando. Maria, madre del dolore, ti ringrazio di averla accompagnata nell’ora della morte».
Moribondo a settembre, perché le radiazioni della bomba atomica hanno aggravato il suo male, Takashi si affida al Signore. Gli viene portata dall’acqua di Lourdes e prega Massimiliano Kolbe (proclamato beato nel 1971 e santo nel 1982). Esce dal semicoma la mattina dopo. Il protarsi di 6 anni di vita, nonostante la diagnosi di morte sicura della sua malattia, verrà attribuita da Takashi all’intercessione di Massimiliano Kolbe.
Il medico radiologo diventa un “esempio vivente”: invita a perdonare immediatamente e incoraggia tutti a credere nella Provvidenza Divina che trae sempre il bene dal male; torna per primo a vivere nel quartiere distrutto, costruendosi una capanna con delle lamiere nel luogo una volta c’era casa sua, e lì ritrova il Crocifisso di famiglia: «mi è stato tolto tutto, dice; ho ritrovato solo questo crocifisso».
In occasione di una Messa da Requiem gli viene chiesto di prendere la parola: «Nagasaki — dice ai suoi concittadini — non era forse la vittima scelta, l’agnello immolato, olocausto offerto sull’altare del sacrificio, morta per i peccati di tutte le nazioni, durante la seconda guerra mondiale? Siamo riconoscenti che Nagasaki sia stata scelta per tale olocausto! Siamo riconoscenti perchè, attraverso questo sacrificio, la pace è stata data al mondo e la libertà religiosa al Giappone».
Nella primavera del 1947 Nagai si aggrava e deve mettersi a letto. Lascia la professione, ma decide di mettersi a scrivere: «la mia testa funziona ancora», si dice. «Gli occhi, le mani e le dita sono ancora in buono stato». Il primo scritto è per i suoi figli, ancora piccoli: «Miei cari figli, amate il vostro prossimo come voi stessi. Ecco il motto che vi lascio. Con esso comincerò questo scritto, probabilmente lo finirò con esso e sempre con esso riassumerò».
Pubblica in quattro anni quindici volumi; scrive di notte perché fin dalla mattina riceve visitatori: «mi disturbano — scrive nel suo diario — ma poiché hanno al gentilezza di venire, non devo provare a versare un po’ di gioia nel loro cuore e a parlar loro della nostra speranza cattolica? Non posso mandarli via»; ma allo stesso tempo afferma che «anche i malati devono lavorare con tutta la loro forza».
Nei suoi libri offre un resoconto di quanto accaduto nell’esplosione atomica, attraverso la sua esperienza e la sua competenza. Considera ormai la sua vocazione quella di propagare il messaggio cristiano attraverso il quale soltanto si può trovare ed instaurare una pace duratura. I suoi libri dal 1948 si leggono ovunque in Giappone e hanno contribuito notevolmente all’educazione sociale e all’evangelizzazione del suo paese.
Nel best seller “Le campane di Nagasaki” (da cui è stato tratto un film), si chiede: «l’umanità sarà felice nell’era atomica, oppure misera? Di quest’arma a doppio taglio nascosta da Dio nell’universo ed ora scoperta dall’uomo, che farne? Un buon uso farebbe progredire a grandi passi la civiltà; un cattivo uso distruggerebbe il mondo. La decisione sta nel libero volere dell’uomo. Egli tiene in mano il proprio destino. Pensandoci, ci si sente assaliti dal terrore e, per conto mio, credo che un vero spirito religioso sia l’unica garanzia in questo campo… In ginocchio nella cenere del deserto atomico, preghiamo perchè Urakami sia l’ultima vittima della bomba. La campana suona… O Maria concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te».
Nel marzo del 1951 il suo stato di salute si fa preoccupante ma non gli fa perdere il suo buonumore. Nell’aprile di quello stesso anno Nagai riesce a terminare il suo ultimo libro. Il 1° maggio, il primo giorno del mese dedicato a Maria, Takashi Paolo muore a 43 anni per un’emorragia celebrale, tenendo in mano il Crocifisso di famiglia. Al suo funerale accorre una folla immensa, in un corteo che dalla cattedrale (ricostruita) si muove con molta difficoltà per raggiungere il cimitero. L’anno dopo è già inaugurato il “Nagai Memorial Museum”, visitato ogni anno da 150 mila persone.
Maestro di “spiritualità della pace”, definito il “Gandhi giapponese”, Takashi (che in giapponese significa “nobiltà”) ha vissuto l’ideale cristiano dell’amore verso il prossimo annullando davvero se stesso.
Il “santo di Urakami” o il “santo di Nagasaki”, come era già chiamato in vita, fu esempio di umiltà nella ricerca appassionata della verità, di abnegazione e di spirito di sacrificio. Ha voluto porre come epitaffio sulla sua tomba la frase evangelica che forse sintetizza al meglio il suo atteggiamento nella vita: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quel che dovevamo fare» (Lc 17,10).
Fonte Portate DISF – Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede – http://disf.org/
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Io non cercavo Dio e non sapevo che Dio cercasse me
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 10/10/2015
Un imprevedibile e imprevisto incontro con Dio da parte di un ateo, educato da genitori non credenti, lettore di Diderot e degli illuministi del Settecento.
Eric-Emmanuel Schmitt, classe 1960, filosofo di formazione, drammaturgo di nascita, romanziere prolifico, regista, è una delle personalità della cultura transalpina più conosciute a livello internazionale. Ha deciso di raccontare ad Avvenire (6 ottobre) la storia della sua conversione, che nasce una notte del 1989 nel deserto dell’Hoggar, Sahara.
IL DONO STRAORDINARIO DI DIO
Schmitt perde la sua comitiva e passa la notte da solo. E’ lì che si consuma l’incontro con Dio. «Dire che una persona è convertita significa dire che ha compiuto una scelta attiva e volontaria. Devo ammettere che questo non rappresenta esattamente quanto ho vissuto in quella notte nel deserto. Piuttosto, ho ricevuto una grazia e un dono straordinario. E ho lasciato in me tutto il posto e lo spazio possibile per quel dono. Così, se mi chiamano convertito, preferisco essere definito come uno che ha ricevuto una rivelazione».
“HO RICEVUTO UNA RIVELAZIONE”
Più che convertito, “che ha ricevuto una rivelazione” è «l’espressione che meglio mi caratterizza, perché racconta la sorpresa del dono che ho ricevuto. Io non cercavo Dio e non sapevo che Dio cercasse me. Ho avuto in dono qualcosa che non cercavo. Questa rivelazione è stata per me solo l’inizio».
LO STUDIO DEL VANGELO
Infatti, tornato in Francia il drammaturgo si è dedicato alla lettura di vari poeti mistici delle diverse religioni. «Dopo quella rivelazione ho compiuto un cammino alla scoperta del Vangelo. E lì c’è stato un lavoro molto attivo da parte mia, proprio per comprendere questo testo pieno di contraddizioni. In questo posso dire di aver vissuto una conversione. Quindi, in sintesi: nel deserto, una rivelazione; con il Vangelo, una conversione».
SULLE ORME DI DE FOUCAULD
Sarà stato un caso, ma la storia di questa rivelazione è molto simile a quella dell’esploratore francese Charles de Foucauld, altro convertito famoso, dopo l’incontro con Dio nel cuore del Sahara. Da quel momento, de Foucauld, divenuto eremita, ha avviato una grande opera di evangelizzazione di quelle terre. «La sua forza – spiega Schmitt – non è che ha cercato di cristianizzare a forza quei popoli, ma di testimoniare il Vangelo con l’esempio della vita. Proprio come ha fatto Cristo al suo tempo».
(Fonte: http://it.aleteia.org/)
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“Credo in Dio come sul fatto che cinque per otto fa quaranta”
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 22/09/2015
Il 26 settembre 1968, mentre il corteo funebre di Padre Pio raggiungeva il municipio di San Giovanni Rotondo per poi tornare in convento, il Professor Enrico Medi commentava i misteri del Rosario per i fedeli rimasti sul sagrato.
Il fisico, originario di Macerata, profondamente religioso, divenne devoto e amico del cappuccino dal 1946. Fu anche deputato dell’Assemblea Costituente.
Vedeva nel prezioso progetto dell’universo, l’assoluto disegno della mano di Dio, per nulla in contrasto con la scienza anzi, come dimostrazione palese che nulla era stato lasciato da Lui al caso.
A chi gli domandava se ci fosse contrasto tra scienza e fede lui rispondeva:
«È come se tu mi domandassi se c’è contrasto tra i piedi e la testa. I piedi camminano, la testa li guida sulla via da percorrere. I piedi sorreggono la testa e la testa guida nella luce il cammino tentennante dell’uomo»
Ogni giorno leggeva e meditava la Sacra Scrittura e vi trovava Gesù, vivo, ogni giorno andava a Messa e l’Eucarestia quotidiana era l’Amico divino insostituibile, l’intimo della sua vita, la passione ardente della sua anima, Colui che lo spingeva ad amare e a donarsi senza tregua in posti di alta responsabilità.
A chi osservava che forse il suo era un atteggiamento da fanatico rispondeva:
«Credo in Dio come sul fatto che cinque per otto fa quaranta. Allo stesso modo credo nella legge di Ohm: quando vedo un filo staccato, so che la corrente non passa né potrà passare mai finché non si riattacca il filo. Se questo è fanatismo religioso, sì, io sono un fanatico»
Meraviglioso il suo inno alla creazione che più che una poesia è una preghiera intrisa di sapienza frutto di una vita di preghiera:
INNO ALLA CREAZIONE
“… Oh voi misteriose galassie, voi mandate luce ma non intendete;
voi mandate bagliori di bellezza ma bellezza non possedete;
voi avete immensità di grandezza ma grandezza non calcolata.
Io vi vedo,
vi calcolo,
vi intendo,
vi studio e vi scopro,
vi penetro e vi raccolgo.
Da voi io prendo la luce e ne faccio scienza,
prendo il moto e ne fo sapienza,
prendo lo sfavillio dei colori e ne fo poesia;
io prendo voi oh stelle nelle mie mani
e tremando nell’unità dell’essere mio
vi alzo al di sopra di voi stesse
e in preghiera vi porgo a quel Creatore
che solo per mio mezzo voi stelle potete adorare”
Se vi ha affascinato questa personalità della scienza e della fede vissute in unità e armonia, trovate maggiori informazioni sul sito dedicato alla sua causa di beatificazione: http://www.enricomedi.it/
Posted in Fede e ragione | Contrassegnato da tag: #23settembre, #sanpiodapietrelcina, 23 settembre san Pio da Pietrelcina, CERN, creazione, Enrico Medi, Euratom, fede e ragione, figlio spirituale di Padre Pio, fisica e fede, fisica nucleare, fisica quantistica, inno alla creazione, Padre Pio da Pietrelcina, san Pio da Pietrelcina, scienza, scienza e fede, scienziati e fede, stelle | 1 Comment »
“Sacerdoti, (…) siete grandi, siete creature immense…”
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 27/05/2015
Lettera aperta ai sacerdoti di Enrico Medi.
Sacerdoti,
io non sono un Prete e non sono mai stato degno neppure di fare il chierichetto.
Sappiate che mi sono sempre chiesto come fate voi a vivere dopo aver detto Messa.
Ogni giorno avete DIO tra le vostre mani. Come diceva il gran re San Luigi di Francia, avete «nelle vostre mani il re dei Cieli, ai vostri piedi il re della terra».
Ogni giorno avete una potenza che Michele Arcangelo non ha.
Con le vostre parole trasformate la sostanza di un pezzo di pane in quella del Corpo di Gesù Cristo in persona. VOI OBBLIGATE DIO A SCENDERE IN TERRA! SIETE GRANDI! SIETE CREATURE IMMENSE! LE PIU’ POTENTI CHE POSSANO ESISTERE. Chi dice che avete energie angeliche, in un certo senso, si può dire che sbaglia per difetto.
Sacerdoti, vi scongiuriamo: SIATE SANTI! Se siete santi voi, noi siamo salvi. Se non siete santi voi, noi siamo perduti!
Sacerdoti, noi vi vogliamo ai piedi dell’Altare. A costruire opere, fabbriche, giornali, lavoro, a correre qua e là in Lambretta o in Millecento, siamo capaci noi. Ma a rendere Cristo presente ed a rimettere i peccati, siete capaci SOLO VOI!
Siate accanto all’Altare. Andate a tenere compagnia al SIGNORE. La vostra giornata sia: preghiera e Tabernacolo, Tabernacolo e preghiera. Di questo abbiamo bisogno. Nostro Signore è solo, è abbandonato.
Le chiese si riempiono [si fa per dire] soltanto per la Messa. Ma Gesù sta là 24 su 24 e chiama le anime. A tutti, anche a noi, ma in particolare a te, sacerdote, dice di continuo: «Tienimi compagnia. Dimmi una parola. Dammi un sorriso. Ricordati che t’amo. Dimmi soltanto “Amore mio, ti voglio bene”: ti coprirò di ogni consolazione e di ogni conforto».
Sacerdoti, parlateci di DIO!
Come ne parlavano Gesù, Paolo Apostolo, Benedetto da Norcia, Francesco Saverio, Santa Teresina.
IL MONDO HA BISOGNO DI DIO! DIO, DIO, DIO Vogliamo. E non se ne parla. Si ha paura a parlare di DIO.
Si parla di problemi sociali, del pane. Ve lo dice uno scienziato: nel mondo C’E’ PANE! CI SONO RISORSE CHE, se ben distribuite, possono garantire una vita, forse modesta, ma CERTAMENTE PIU’ CHE DIGNITOSA A 100 MILIARDI DI UOMINI! L’UOMO HA FAME DI DIO! E si uccide per disperazione. Dobbiamo credere, ecco il compito delle Missioni: donare DIO al mondo!
Suore, scusate se vi parlo così: tornate ad abituarvi al silenzio!
Bello tutto, la preghiera collettiva è potentissima davanti al Signore. Ricordatevi, però, che si può fare una preghiera insieme anche lontani 100.000 km. La vicinanza è nel cuore di DIO, non nel contatto dei gomiti. Anzi, anche a contatto di gomiti, perché noi non disprezziamo le realtà concrete, visibili e materiali. Ma attenti a non esagerare. Chi volesse dire solitudine soltanto sbaglia, ma chi dice solo appiccicamento di cuore sbaglia. Sbagliano l’uno e l’altro.
Enrico Medi, laureatosi insieme a Enrico Fermi, docente di Fisica all’università di Palermo e poi di Roma, Deputato dal 1946, nel 1953 rinuncia alla politica per dedicarsi interamente alla scienza e all’apostolato.
Nel 1958 viene nominato vice presidente dell’EURATOM, nel 1965 si dimette per gravi motivi di coscienza.
Nel 1966 viene nominato dalla Santa Sede membro della Consulta dei Laici per lo Stato Città del Vaticano. Muore il 26 maggio 1974.
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