FERMENTI CATTOLICI VIVI

"Andate controcorrente. Di quanti messaggi, soprattutto attraverso i mass media, voi siete destinatari! Siate vigilanti! Siate critici!" Benedetto XVI

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Posts Tagged ‘sopravvivere’

Uscire dall’illusione dell’autosufficienza

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 14/06/2019

«Convertirsi a Cristo, credere al Vangelo, significa in fondo proprio questo: uscire dall’illusione dell’autosufficienza per scoprire e accettare la propria indigenza – indigenza degli altri e di Dio, esigenza del suo perdono e della sua amicizia.

Si capisce allora come la fede sia tutt’altro che un fatto naturale, comodo, ovvio: occorre umiltà per accettare di aver bisogno che un Altro mi liberi del “mio”, per darmi gratuitamente il “suo”.

Grazie all’azione di Cristo, noi possiamo entrare nella giustizia “più grande”, che è quella dell’amore, la giustizia di chi si sente in ogni caso sempre più debitore che creditore, perché ha ricevuto più di quanto si possa aspettare.»

Benedetto XVI

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“All’inizio volevo dirgliene quattro (…) poi ho capito che Lui ‘carica’ la croce su chi può sopportarla”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 08/10/2014

Filippo02
La storia è semplice e drammatica. Filippo, 30 anni, sposato con Anna, in attesa di un bambino, impegnato nelle Sentinelle del Mattino, attivissimo nell’Oratorio, se ne va in un mese per un tumore fulminante all’addome.

“Una storia drammatica, emozionante, sconvolgente” scrive nella sua prefazione il vescovo Franco Brambilla. Una storia che Ilaria Nava ha ricostruito attraverso le voci, gli SMS, i messaggi su Facebook dei protagonisti: i parenti, gli amici, i ragazzi che Filippo seguiva e di cui era confidente e sostegno; e soprattutto Anna, la moglie di Filippo, che ha dato alla luce Luca un mese dopo che Filippo se ne era andato.

Filippo01“La prima volta che sono arrivata a Verbania, inviata dal settimanale Credere, che mi aveva chiesto di scrivere un articolo su questa storia avevo un po’ di timore di incontrarti” scrive l’autrice nei ringraziamenti. “Mai mi sarei aspettata di trovare una persona così sorridente e accogliente, ti sei subito aperta con me, una perfetta sconosciuta anche se ti costava”.

Credo sia difficile leggere questo libro (“Volevo dirgliene quattro…” , San Paolo, 120 pag. € 10.00) senza commuoversi. Chi scrive non c’è riuscito. Perché sono toccanti l’eroismo, la fede, la semplicità dell’accettazione di un evento così apparentemente ingiusto e crudele. Mi sono venuti in mente i versi di Ada Negrini “Atto d’amore”:

“Or Dio – che sempre amai – t’amo sapendo di amarti;
e l’ineffabile certezza che tutto fu giustizia,
anche il dolore,
tutto fu bene, anche il mio male,
tutto tu fosti e sei per me,
mi fa tremante di una gioia più grande della morte”.

Un’accettazione dolorosa, un abbandono totale.

Filippo03All’inizio non fu così. In ospedale Filippo ricevette la visita di don Fabrizio, sacerdote e amico. Gli portò l’ostia; ma la lasciò sul comodino, affinché Filippo potesse fare l’adorazione eucaristica. E poi gli chiese, via messaggio: “Come è andata la chiacchierata con il capo?”. La risposta è il titolo del libro: “All’inizio volevo dirgliene quattro…”. Il messaggio continua: “Poi ho capito che Lui ‘carica’ la croce su chi può sopportarla (anche se ne facevo a meno :-)). Quindi gli ho affidato tutto me, il piccolo e Anna”.

E c’è un’altra mail, misteriosa, in questa storia. La trova Anna, tornando a casa una sera dall’ospedale; e la stampa e la porta a Filippo la mattina seguente.

“Chiedervi il perché di quello che vi sta succedendo il più delle volte vi farà impazzire. Non avrete mai una risposta ai vostri perché, almeno finché siete su questa terra. Alcune cose sono più grandi di noi. Quello che vi consiglio è di chiedere a Dio di accettare e di accogliere nella vostra vita questo cammino che avete davanti, ovunque vi porterà, e io pregherò per voi perché riusciate a compiere questo passo”.

Filippo e Anna decidono di seguire il consiglio, e cominciano a pregare insieme, in ospedale, come facevano prima del ricovero. “Anna non riesce ancora oggi a ricordare chi sia stato il mittente di quella mail. Non troverà mai più il foglio su cui l’aveva stampata, né riuscirà a rintracciarne il testo cercando nella sua casella di posta elettronica”, scrive Ilaria Nava.

Un storia semplice, di una santità estrema, vissuta come diceva Benedetto XVI: “I santi semplici, cioè le persone buone che vedo nella mia vita, non saranno mai canonizzate, sono persone normali, per così dire, senza eroismo visibile, ma nella loro bontà di ogni giorno vedo la verità della fede”.

(di M. Tosatti)

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Sorda, cieca, paralizzata, dettava lettere di speranza per chi soffriva

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 14/03/2014

A uno sguardo superficiale può sembrare una storia triste. In realtà è una breve vita di un’anima bella e luminosa, che ha lasciato dietro di sé una scia di santità che ancora di vede e si sente…

Benedetta Bianchi Porro


In 2 minuti le uniche immagini video di Benedetta Bianchi Porro e alcune testimonianze della venerabile

Benedetta

Vi invito a consultare il suo sito http://www.benedetta.it dove si possono scaricare le sue meravigliose lettere.

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*NUMERI DA DIGITARE IN CASO DI PERICOLO*

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 23/01/2014

Numeri_01Puoi immaginare cosa succederebbe se noi trattassimo la Bibbia nel modo in cui trattiamo il nostro telefonino?

… se noi trasportassimo la Bibbia nella nostra 24 ore, nella borsetta, appesa alla cintura, o nel taschino della nostra giacca?
… se le dessimo un colpo d’occhio più volte nella nostra giornata?
… se tornassimo sui nostri passi per cercarla, dopo averla dimenticata a casa o in ufficio?
… se l’utilizzassimo per mandare dei messaggi ai nostri amici?
… se la trattassimo come se non potessimo vivere senza di lei?
… se la regalassimo ai nostri figli, per essere sempre in contatto con loro?
… se la portassimo con noi in viaggio, nel caso in cui avessimo bisogno di aiuto?
… se la aprissimo immediatamente in caso di pericolo?

Contrariamente al cellulare la Bibbia ha sempre ‘campo’. Possiamo connetterci ed essere in contatto con Dio, in qualsiasi luogo (persino in alta montagna o in mare aperto).

Non dobbiamo preoccuparci della mancanza di credito, perché Gesù ha già pagato per sempre la ricarica, e i crediti sono illimitati.

Ancora meglio: la comunicazione non viene mai interrotta, e la batteria è caricata per tutta una vita.

*NUMERI DA DIGITARE in caso di PERICOLO*:

Numeri_02• Se sei triste componi * Giovanni 14 *
Se la gente mormora contro di te componi * Salmo 27 *
• Se sei innervosito o stressato componi * Salmo 51 *
• Se sei ansioso componi * Matteo 6,19-24 *
• Se sei in pericolo componi * Salmo 63 *
• Se la tua vita ha bisogno di essere fortificata componi * Ebrei 11 *
• Se ti senti solo e hai paura componi * Salmo 22 *
• Se sei duro e critico componi * 1 Corinzi 13 *
• Per conoscere il segreto della felicità componi * Colossesi 3, 12-17 *
• Se ti senti triste e solo componi * Romani 8, 31-39 *
• Se desideri la pace e il riposo componi * Matteo 11, 25-30 *
• Se il mondo ti sembra più grande di Dio componi * Salmo 90 *

Annota questi numeri nella tua agenda (magari in quella del tuo cellulare!)

Forse, se ne farai uso, saranno importanti in alcuni momenti della tua vita!

Ci sono momenti in cui è meglio avere un numero biblico da comporre (per trovare l’aiuto di Dio) che avere un numero di telefono (per tovare l’aiuto degli uomini)!

Sei speciale per Dio!

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Avere a che fare con un bambino significa SCENDERE, noi adulti invece lottiamo per salire!

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 24/12/2013

Suor_Donatella_01Suor Donatella Lessio, suora padovana da nove anni impegnata al Caritas Baby Hospital di Betlemme, unico ospedale pediatrico della città in cui è nato Gesù, condivide la sua esperienza.

Quando sono arrivata al Caritas Baby Hospital non avevo nessuna esperienza con i bambini. Ne avevo tanta con gli adulti. Anni di lavoro in Ospedale con loro mi hanno reso esperta e sapevo come “muovermi” senza sentirmi a disagio. Ma arrivata qui a Betlemme mi sono sentita persa, mi sono trovata e dover ri-vedere e ri-disegnare una modalità di approccio che mi era estranea.

Il bambino ha un mondo tutto suo che noi adulti facciamo fatica a capire, pur essendo stati bambini anche noi, ma con il passare degli anni ci si dimentica e si costruiscono delle sovrastrutture mentali che offuscano anche gli occhi del cuore.

Ho avuto bisogno di parecchio tempo prima di riuscire a sintonizzarmi nella lunghezza d’onda dei piccoli, nel cercare di guardare il mondo, la vita dal loro orizzonte, secondo i loro occhi, il battito del loro cuore, ed e’ stata ed e’ un’esperienza meravigliosa.

Suor_Donatella_02Avere a che fare con un bambino significa SCENDERE, noi adulti invece lottiamo per salire!

Scendere fino al suo livello, fino ad incrociare i suoi occhietti. A volte si e’ costretti ad “accucciarsi”, (non trovo un termine più adatto per dire il movimento che un bambino ci costringe a fare) per poter essere faccia a faccia con lui, o addirittura strisciare per terra per incontrarlo.

E quando si riesce ad incontrare un piccolo, non si scende solo fisicamente ma si arriva a perdere le categorie artefatte dell’adultità (le sovrastrutture) per guardare il mondo da una prospettiva diversa, più vera, più naturale, più umana, meno ingarbugliata dei nostri ragionamenti senza fine, piu’ autentica ed aperta ad un’accoglienza che non fa differenze, che non calcola, piu’ leale e spontanea, piu’ gioiosa, dove tutto e’ scoperta positiva.

Scendere per incontrare un bambino allora non e’ perdere ma imparare una lezione di vita che solo loro, i piccoli possono insegnarci. E la fragilità di un bambino diventa fortezza perchè mi fa vedere la mia fragilita’, quanto io, uomo/donna adulto sono lontano dalla mia chiamata iniziale, quella dell’essere, pensato da Dio nell’atto della creazione “e vide che era cosa molto buona” e così le parti si invertono, i ruoli si scambiano; loro i piccoli che consideriamo fragili, vulnerabili diventano invece i nostri accusatori ma anche i nostri modelli “se non diventerete come bambini non avete accesso al Regno dei cieli”.

Suor_Donatella_03Lavorando poi qui al Caritas Baby Hospital oltre a scendere ho capito che un bambino, specie se malato, mi costringe a non rimanere nella superficie ma andare in profondità per trovare una risposta, qualora ci sia davvero, alle mille domande che lavorando in un ospedale pediatrico ci si pone con l’aggiunta di altre dettate dalla situazione di Betlemme. Scendere fino al nucleo all’essenza della propria esistenza.

Come dicevo ho lavorato con adulti ma il bambino ti scaraventa giù con violenza verso un apparente abisso che non ha nessun appiglio per fermare la caduta. Perché la malattia di un bambino? Perché il dolore innocente? Perché la morte, quella dovuta alla patologia infausta e/o quella dovuta ad una lastra di cemento che non ha permesso al bambino di andare in un ospedale chirurgico?

Non e’ facile trovare una risposta, ammesso che ci sia e proprio questa difficoltà ti costringe a rivedere il tuo concetto di vita e di morte, di dolore e di sofferenza, di male e di bene, di paura di quella fragilità che ci accompagna fin dalla nascita ma che, con il passare del tempo rivestiamo di solidità, di potenza, di fortezza, di coraggio! E se guardo a come un bambino guarda a queste realtà, o vive queste dimensioni per noi adulti apparentemente in perdita, ancora una volta mi e’ maestro, ancora una volta mi da’ lezioni di vita che non si trovano scritte in nessun libro.

Suor_Donatella_04Ancora una volta la fragilità/potenza dei piccoli diventa opportunità di guardare all’esistenza e ai suoi “accidenti” con occhi di chi affronta queste situazioni come parte integrante della creazione che “è cosa molto buona”, come realtà che fanno parte di un gioco, di un gioco che però nonostante tutto porta a vincere.

È questo il messaggio che ricevo ogni giorno dai “miei” piccoli che poi è lo stesso messaggio del bambino Gesù che ha fatto della sua fragilità nella Grotta di Betlemme una forza d’amore dalla croce nel Calvario.

Suor Donatella Lessio

[Fonte: http://www.unattimodipace.it]

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“Tu puoi trovare Calcutta ovunque nel mondo se hai occhi per vedere”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 09/12/2013

Calcutta01

La peggiore malattia dell’Occidente oggi non è la tubercolosi o la lebbra, ma è il non sentirsi desiderati né amati, il sentirsi abbandonati.

La medicina può guarire le malattie del corpo, ma l’unica cura per la solitudine, la disperazione e la mancanza di prospettiva è l’amore.

Vi sono molte persone al mondo che muoiono per un pezzo di pane, ma un numero ancora maggiore muore per mancanza d’amore.

E la povertà in Occidente assume forme nuove: non è solo solitudine, ma è anche povertà spirituale. Vi è fame d’amore e vi è fame di Dio.

Trova perciò il tempo di fare la carità; è la chiave del Paradiso.

Non permettere mai che qualcuno venga a te e vada via senza essere migliore e più contento.

Calcuttai02Sii l’espressione della bontà di Dio, Bontà sul tuo volto e nei tuoi occhi, bontà nel tuo sorriso e nel tuo saluto.

Regala a qualcuno il tuo sorriso, fagli una breve visita, leggigli qualcosa, regala calore dove regna il gelo.

UNA TESTIMONIANZA

Un uomo alcolizzato giaceva sull’orlo della strada e nessuno lo toccava; allora le suore lo raccolsero e lo portarono alla “Casa della Compassione”, la nostra fondazione. Qui lo circondarono di affetto e si presero cura di lui.

Calcutta04Un giorno, dopo sedici lunghi anni, egli disse: “Sorelle, vado a casa e non berrò mai più. Grazie al modo con cui mi avete amato e vi siete prese cura di me, ho capito improvvisamente che Dio mi ama“.

Andò a casa, ma ritornò con il suo primo stipendio: “Sorelle – disse – ecco il mio primo stipendio. Fate ad altri ciò che avete fatto a me”.

[Tratto da: “Vivi davvero!”, da Madre Teresa parole di saggezza a cura di L. Guglielmoni e F. Negri, Ed. Paoline, Milano 2003, pag. 83, 84]

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A 16 anni, parla quattro lingue, suona il violino, tiene conferenze, va a Messa: ‘doveva’ essere abortito perché Down

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 14/10/2013

Ha 16 anni, parla inglese e spagnolo alla perfezione ma se la cava anche col francese e il latino. E’ un adolescente con un’incredibile capacità di suonare bene il violino e si è già esibito in concerti con orchestre sinfoniche. Tiene anche conferenze per gli Stati Uniti e nel resto del mondo.

Emmanuel01Si chiama Emmaunel Joseph Bishop e guardando alla sua storia si può dire senza esagerare che è alcune spanne al di sopra degli adolescenti della sua età. Questo giovanotto talentuoso ha la sindrome di Down; in alcuni paesi la legge permette di abortirlo prima della nascita, solo perché Down.

La sua storia è così impressionante che sta girando il mondo attraverso i social network.

E’ difficile trovare un talento come quello di Emmanuel in giro per il mondo magari perché non li hanno lasciati nascere per il solo fatto di essere affetti dalla sindrome di Down; questo per il fatto di non avere i requisiti che la società occidentale afferma che si debbano avere, per essere degni di questa vita. E tutto questo protetti dalla legge.

Tuttavia, la storia di Emmanuel appare come una tempesta che distrugge tutti questi sofismi per giustificare l’aborto di decine di migliaia di bambini che non sono considerati adatti. Questo adolescente statunitense ha smontato tutti gli argomenti a favore dell’aborto dei Down, mostrando al mondo di cosa sia capace.

Un cattolico devoto.

Emmanuel è anche un cattolico molto devoto, lo afferma orgoglioso, facendo le sue preghiere anche in latino, dirigendo la preghiera del Rosario e altre preghiere comunitarie in molte occasioni.

Emmanuel02In questo senso, questo ragazzo, intende usare il dono che Dio gli ha fatto, per un fine più grande. I suoi sforzi sono per mostrare che i disabili sono uguali agli altri, che hanno i propri doni e abilità da mostrare al mondo. I definitiva, convincere il mondo che sono utili, proprio il contrario che quotidianamente il mondo insegna.

Un talento precoce.

Emmanuel è nato il 21 Dicembre del 1996 nella città statunitense di Grafton. Coominciò subito a sorprendere tutti: a due anni già cominciava a leggere e a tre era capace di leggere parole in francese.

A soli sei anni lesse il discorso di benvenuto dell’Associazione Nazionale Sindrome di Down, e lo fece in tre lingue per una platea di più di seicento persone. A questa età cominciò ad apprendere a suonare il violino, uno dei suoi maggiori interessi.

La vita di Emmanuel prosegue a questa velocità vertiginosa. A otto anni andava in bicicletta e vinceva medaglie alle paralimpiadi degli USA, gareggiando anche nel golf e nel nuoto in cui vinse medaglie nei 200 e 400 metri in stile libero.

Il violino, la sua arma, il suo scudo.

Un anno dopo faceva il chierichetto in parrocchia e l’anno successivo riceveva il sacramento della Cresima. Nel 2010 corona un altro suo sogno, suonando alla Giornata Mondiale per la Sindrome di Down in Turchia, insieme a un’orchestra sinfonicaA 12 anni suona il violino inun recital inIrlanda in occasione del Decimo Congresso Mondiale della Sindrome di Down.

Emmanuel03

Il suo obbiettivo: aiutare altri bambini.

Emmanuel è stato educato da genitori che non hanno mai dubitato delle sue capacità. Con sforzo e perseveranza questo ragazzo ha potuto superare la sua disabilità.

Nelle sue presentazioni parla della sua vita di adolescente con Sindrome di Down, che ha interesi, che ama gli sport, la musica, che nuota, che va in bicicletta.

I suoi obbiettivi si riassumono in quattro punti:

  1. Evidenziare le competenze, talenti, doni e le potenzialità dei bambini con questa disabilità.
  2. Contrastare le basse aspettative nella sindrome di Down.
  3. Dimostrare che la gioia di vivere non si oppone a queste persone.
  4. Attenuare la prevalenza di tutto ciò detto o scritto sulla sindrome di Down proviene principalmente da persone senza questa disabilità.

Un esempio per tutti.

A Dicembre 2012, a Houston, in occasione della riunione annuale della trisomia 21, Emmanuel sorprende tutti raccontando le sue avventure e viaggi intorno al mondo, i loro studi e anche del suo violino. Parla anche un po’ in francese e delle opere d’arte che aveva visitato durante il suo soggiorno a Parigi. Risponde alle domande sulla sua vita e di dubbi che altre persone possono avere.

La sua formazione in casa ha dimostrato l’importanza dell’alfabetizzazione precoce.

La sua testimonianza, più per la sua capacità di superamento che per le sue abilità concrete, è uno stimolo e un impulso per molti bambini con Sindrome di Down e le loro famiglie. Non sono sole e sono utili molto più di quanto possano immaginare.

[Tradotto da: http://www.religionenlibertad.com/articulo.asp?idarticulo=31458%5D

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Il luogo dove io ritrovo mia figlia è durante la Messa, là io sento veramente la comunione con lei e con tutti gli abitanti del cielo

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 30/09/2013

Sara Mariucci alla Vita in Diretta testimonia come la fede aiuti a vivere senza disperazione anche il dolore più grande, quello della perdita di una figlia, la piccola Sara, tre anni e mezzo, morta folgorata da una scossa elettrica in una giostra, il 5 Agosto 2006.

La piccola, il giorno prima, disse qualcosa di incredibile… Vi invito a guardare il video per capire questa bella storia di dolore, amore, e incredibile dialogo e collaborazione tra cielo e terra

Non eravamo persone particolarmente credenti... Sara sarà entrata in Chiesa si e no due o tre volte in vita sua…

Mio marito scopre su internet che la Madonna con il titolo di Mamma Morena viene venerata in Bolivia e la sua festa ufficiale è proprio il 5 Agosto, il giorno in cui Sara è nata in cielo.

In questa sofferenza non sono stata mai nel buio perché ho sentito subito che Sara non aveva smesso di esistere.

Non è soltanto un sentire, ma abbiamo un nome e una data che Sara ci ha detto… cose tangibili… Le “Dio-incidenze” sono state tante

Maria che si è presentata a Sara ci ha condotto comunque a Gesù… Il luogo dove io ritrovo mia figlia è durante la Messa, là io sento veramente la comunione con lei e con tutti gli abitanti del cielo, e questa è una grazia che il Signore mi ha fatto.

E in questa sofferenza, noi due, io e mio marito, non siamo disperati, siamo sofferenti, ripeto, ma non c’è disperazione. La disperazione c’è quando un qualcosa finisce, non c’è più, e invece non è così perché noi sappiamo che la vita di Sara continua, è una vita piena e lei lassù è una bambina che lavora… Io in questo mi sento veramente una mamma fortunata, nonostante la sofferenza.

Abbiamo altri quattro figli (…) qualcuno avrà potuto pensare che è una forma di compensazione, io in tre anni ho avuto tre figli, però non è così perché questi tre figli nati dopo sono veramente frutto di questa fede che abbiamo ricevuto.

Ovvero, se io non avessi avuto la fede che ho oggi non avrei mai pensato di mettere al mondo altri figli, anche perché, a cosa li consegno? Alla morte? Al niente? Io so che li consegno al Paradiso che aspetta comunque tutti noi. Io ho avuto la forza e il coraggio, la fede per metterne al mondo altri, accettando la sfida, perché è una sfida crescerli, anche il rischio di soffrire ancora.

La sofferenza va accettata ma non ci deve essere disperazione. Ci dev’essere sempre questa speranza che noi li ritroveremo, ci ritroveremo.

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Geova mi ha delusa, non Dio. Intervista a Marta

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 19/09/2013

Tutta la mia vita, i miei pensieri, le mie azioni, le mie scelte non deludessero Geova, questa figura così oppressiva nella mia vita che non esiste e non ha nulla a che vedere con Dio.

Vittime di vittime. Significa che chi è testimone è vittima di un sistema del cui funzionamento nemmeno si rende conto. Sei vittima di condizionamenti, di pensieri che tu sei convinto essere tuoi ma in realtà non lo sono.

Cose che tutti diamo per scontate come la scelta della scuola non sono possibili. Ho fatto una scuole che non mi è piaciuta…

Non mi era possibile scegliere i libri da leggere, quali compagnie frequentare… persino la scelta del coniuge.

Il mio matrimonio sono stati otto anni e mezzo di violenze psicologiche e fisiche. Mia figlia ha subìto abusi da parte del nonno… Mio marito e mio suocero non erano quello che erano in quanto TdG ma essendo TdG, c’era una fortissima omertà. Era così importante passare come perfetti che per loro questi problemi non esistevano, venivano negati.

Il senso di colpa… E’ una corsa al massacro per essere come questo Geova in teoria vorrebbe e non ci si rende conto che sono imposizioni di uomini che ti impediscono di vivere una vera spiritualità.

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Aspetti un bambino?

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 16/08/2013

Tu che vivi la maternità inaspettata nella solitudine, come un evento drammatico, e ne senti tutto il peso…

Tu che nel futuro intravvedi solo incertezze e pensi di rifiutare chi porti in grembo…

Tu che sei stata lasciata sola a decidere e programmare il futuro per te e per la vita che porti in grembo…

Tu che senti il peso di minacce altrui e stai per cedere alle loro sollecitazioni…

Tu che pensi di essere troppo giovane e impreparata per accogliere una nuova vita…

Tu che ritieni che una nuova maternità porterà disagi e povertà alla tua famiglia…

Tu che hai detto di no alla vita che fioriva nel tuo grembo e vivi nel rimorso dei tuo rifiuto

VIENI AL CAV E TROVERAI SOSTEGNO, AIUTO, COMPRENSIONE.

CAV01

CAV02

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