FERMENTI CATTOLICI VIVI

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Posts Tagged ‘suore di clausura’

«Siamo arrivate il 24 dicembre 2011, c’erano 30 gradi sotto zero. Ho subito capito che era lì che dovevo essere»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 24/10/2020

Storia di un monastero oltre il circolo polare artico.

Lannavaara, cento abitanti nella Lapponia svedese, 250 chilometri oltre il Circolo polare artico. Da due anni suor Amada e suor Karla vivono qui per pregare, nel silenzio di questo “deserto”. «Presto saremo tre, perché una nuova sorella sta per arrivare dalla Norvegia», è la prima cosa che racconta entusiasta Amada Mobergh, svedese, 56 anni.

Una storia carica di amore per Dio, scoperto a vent’anni. «Sono una convertita, cresciuta a Stoccolma, una vita estremamente secolarizzata. Quando ho trovato Gesù ho anche scoperto la mia vocazione». Nei trent’anni vissuti nel Regno Unito, nella congregazione delle Missionarie della carità, il desiderio di una vita più contemplativa diventa irresistibile. «Avevo molta paura ed ero triste perché amavo la mia congregazione, ero grata per tutti gli anni vissuti insieme. Ma dovevo capire se quel desiderio fosse volontà di Dio, un capriccio, una tentazione».

Miracoli. È il 2011. «Quando il vescovo di Stoccolma mi ha dato il permesso di tornare in Svezia per cominciare questa nuova vita, mi ha detto che era contento, ma che non avrebbe potuto sostenermi in nulla», perché la chiesa svedese è piccola e povera. Così suor Amada passa un mese a visitare quattro monasteri del sud della Svezia per capire come muoversi, «senza soldi, né casa, senza conoscere più niente».

Per quelle casualità che la religiosa chiama «miracoli», una telefonata arriva dal profondo nord proprio alla fine di quel soggiorno: c’era una casa in affitto. «Le sorelle mi diedero i soldi per il treno e partii subito per il nord». La casa in realtà si rivelò non adatta, ma i miracoli si inanellarono fino a portare suor Amada a trovare una prima sistemazione per sé e suor Karla.

«Siamo arrivate il 24 dicembre 2011, c’erano 30 gradi sotto zero. Ho subito capito che era lì che dovevo essere». Dopo qualche mese vedono la vecchia scuola di Lannavaara, «immersa nella natura più selvaggia», perfetta, inutilizzata da anni, costosa. Altri prodigi: «Ci siamo trasferite lì, anche se non avevamo i soldi per comprarla; abbiamo lavorato giorno e notte per renderla vivibile. Un giorno è passato un signore dalla Norvegia, entusiasta della nostra esperienza, perché non si era mai sentito parlare di un monastero così al nord». E dopo poche settimane è arrivata la cifra esatta per comprare la scuola. «Ogni giorno Dio ci aiuta ad andare avanti con la sua provvidenza, il suo miracolo quotidiano, ciò che ci basta per continuare».

Vite per Dio. «Silenzio, solitudine, preghiera» scandiscono le giornate di Amada e Karla. «Preghiamo insieme e poi al pasto serale ci parliamo. Sarà così anche quando saremo tre». «La mia sofferenza è vedere che in Svezia non ci sono sacramenti, c’è povertà spirituale, lontananza da Dio e dalla chiesa». E questo è il senso della vita qui al monastero San Giuseppe: «Pregare e offrire la vita a Dio, seguendo l’esempio di Maria, per la conversione delle anime, soprattutto degli scandinavi e la chiesa cattolica in Svezia». L’esperienza del buio che qui dura quasi per sette mesi l’anno aiuta a «pregare meglio per chi vive il buio dentro di sé, perché trovi la luce di Gesù».

Il quotidiano. Oltre alla preghiera ci sono il lavoro e l’accoglienza. Suor Karla è straordinaria nello scolpire il legno; le suore coltivano e vendono anche erbe aromatiche e candele. «Non usciamo mai», ma la notizia che lì abitano due suore gira di bocca in bocca. Solo per il primo Natale a Lannavaara «abbiamo fatto dei piccoli presepi e siamo passati in ogni casa del villaggio per regalarli e far vedere che siamo esseri umani, cristiani».

L’accoglienza è stata ottima e adesso sono le persone che vanno al monastero, per bere un caffè, pregare, meditare la Parola. Un altro grande dono di Dio è il prete inglese che vive sei mesi l’anno nel monastero. Quando lui non c’è, viene un sacerdote della parrocchia a celebrare l’eucarestia, oppure sono le suore ad andare là: 430 chilometri di strada. «D’inverno è buissimo, ghiacciato, c’è neve, vento e renne, daini, ogni genere di animali ti attraversa la strada. È molto rischioso, ma ti abitui. Devi solo pregare e andare».

Futuro. Il 1° maggio 2015 le suore hanno ottenuto il riconoscimento diocesano come Congregazione degli Agnelli di Maria. Difficoltà? Solitudine? «Sì, a volte sentiamo che forse nessuno si preoccupa se siamo vive o morte, ma non c’è scoraggiamento». La solitudine è parte dell’esperienza umana, «ovunque siamo nel mondo, dentro o fuori la chiesa». Del resto «ho ricevuto tantissime grazie da Dio e dalla chiesa per potermi lamentare o sentirmi scoraggiata. E voglio offrire la mia vita in ringraziamento per questo». Ora il desiderio è di rendere la vecchia scuola un vero e proprio monastero. Un architetto inglese ha regalato il progetto; il comune l’ha approvato. Un nuovo miracolo arriverà.

(Fonte: https://www.difesapopolo.it/Archivio/Speciali/L-anno-della-vita-consacrata/Oltre-il-Circolo-polare-artico-vita-da-suora-fra-preghiera-e-lavoro)

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“Moro perché non moro”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 01/11/2015

Moro_02
A chi pensa che le suore di clausura vivano fuori dal mondo, immerse solo in silenzio, preghiera e contemplazione farebbe bene un avvicinamento, per quanto possibile, a un monastero, per cogliere, respirare, vivere qualcosa delle giornate delle monache e rendersi conto di persona di come queste religiose abbiano il polso del mondo, ne conoscano la temperatura.

Un esempio? A Milano, nella febbrile metropoli lombarda, dove tutto è corsa, nel convento delle Carmelitane Scalze, per sottolineare i 500 anni dalla nascita di Santa Tereas d’Avila, la grande riformatrice di quest’ordine all’insegna dell’austerità, si è organizzato nientemeno che un concerto che al tempo stesso è stato un gesto di affetto e di memoria per una “carmelitana d’amore”, come si definiva Giuni Russo, una cantante speciale morta dieci anni fa.

A volere l’evento è stata la priora del monastero Madre Emanuela, che ha chiamato la cantante Dulce Pontes, icona del fado, la quale ha interpretato, tra gli altri motivi Ondeia, Ave Maria Sagrada, e soprattutto Nada te turbe su musica di Giuni Russo e testo della stessa santa di Avila.

Il concerto è stata occasione per Madre Emanuela di ripercorrere il rapporto speciale di spiritualità e amicizia che legava la cantante al monastero e alle Carmelitane che vi vivono.

Moro_01A metà degli anni novanta – ha ricordato la Priora – Giuni Russo telefonò per avere il testo esatto della poesia “Desiderio del Cielo” di Santa Teresa, da cui fu poi tratto il motivo “Moro perché nun moro”, che fece ascoltare alle monache.

Giuni era una persona che cercava l’essenziale, il legame con Dio, Gesù e la Vergine ed era in perfetta sintonia con lo spirito della Santa spagnola.

Sapeva trasmettere con le canzoni il suo messaggio di speranza, sempre ad oltranza, unito alla fede e alla carità.

Le sue interpretazioni non lasciavano addosso solo emozioni ma erano permeate dal sapore della grazia, della sensibilità verso quanti fanno fatica e soffrono, della forza della serenità anche quando si vive l’angoscia di un tumore che, nel suo caso, sapeva non dare scampo.

Giuni, carmelitana dentro, nella sua interiorità, è sepolta nel cimitero delle monache.

(Articolo di Daniele Giglio pubblicato su “Frate Indovino”, Giugno 2015)

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“Mi accorgevo che mancava sempre un pezzo. Il cuore delle persone lo raggiunge solo Cristo”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 06/06/2015

Non sprizzano gioia e serenità da tutti i pori? Come Maria hanno scelto la parte migliore…

<<Lavoravo con persone che avevano perso la vista durante la guerra. Il cuore di queste persone, il loro bisogno affettivo che dimostravano e mostravano era una cosa che non riuscivo a colmare.

Un bel giorno sono venuta ad Assisi da turista. Ero ospite di un monastero di clausura, delle clarisse. Perché stanno qui? Come fanno ad amare? Cos’è il loro modo di amare e come fanno ad essere presenti nella vita delle persone?

Sono tornata a casa. Per quanto cercassi di aiutare queste persone mi accorgevo che mancava sempre un pezzo. Il cuore delle persone lo raggiunge solo Cristo.>>

 

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“E’ Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate!”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 14/01/2015

Suor Fulvia, monaca di clausura che ha ascoltato la sete di felicità che Gesù mette nel cuore di molti giovani, accogliendo l’invito di un Papa santo.

<<Io credo di aver solo intuito che dietro questa forma di vita si racchiudeva un segreto, una possibilità di una vita piena, un po’ come le acque dei fiumi che vengono raccolte dagli argini, se sono lasciate disperse non hanno potenza; le acque raccolte fluiscono con maggior forze.

Papa-Wojtila-Giornata-mondiale-della-gioventùLa vita claustrale è un generatore di energia per la vita della Chiesa.

La Giornata Mondiale della Gioventù del 2000 a Tor Vergata, Giovanni Paolo II, vecchio e stanco, e che comunque mi è sempre sembrato un uomo felice, felice della sua vita, un testimone verace, parlando a questa folla sterminata che eravamo noi disse:

“In realtà è Gesù che cercate, è Gesù che cercate quando sognate di felicità.

E’ Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate.

E’ Lui la bellezza che tanto vi attrae.

E’ Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso.”

E io gli ho creduto, profondamente ho capito che tra quei due milioni di persone stava parlando a me.>>

 

 

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