Fra Michele racconta la sua vita, dalla droga alla consacrazione a Cristo nella Comunità dei Figli del Divino Amre.
Posts Tagged ‘tossicodipendenza’
«L’unico obbiettivo della mia giornata era come trovare i soldi e come drogarmi.»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 26/04/2023
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«Eravamo complici nel male; ancora adesso la gente se ci incontra si spaventa e cambia strada…»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 14/08/2021
La commovente testimonianza di Luca e Davide, a Medjugorje.
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«Un percorso terapeutico con Maria»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 13/01/2021
Dopo abusi, percosse, alcol, droga incontra l’Amore nella comunità Nuovi Orizzonti e dopo un viaggio a Medjugorje inizia quello che definisce “un percorso terapeutico con Maria”.
«Se è vero che ci sei, io ti chiedo una famiglia dove si possa respirare il calore dell’amore»
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«Avevo sempre nascosto la verità di me stessa a me stessa.»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 27/08/2019
La storia di Valentina, una ragazza che ha ritrovato la vita in Gesù nella Comunità Cenacolo. Preghiamo per lei?
Quando sono entrata in comunità non sapevo di essere una ragazza ferita perché avevo sempre nascosto la verità di me stessa a me stessa; credevo, così, di essere forte quando in realtà ero bloccata e piena di paure.
Grazie all’aiuto delle sorelle ho iniziato ad aprirmi e così a far entrare Gesù nelle mie ferite. Una di queste è sicuramente legata a mia mamma, che si è ammalata di cancro quando avevo tredici anni. A casa non c’era dialogo e “schiacciavo” tutto quello che vivevo, facendo finta che tutto andasse bene; mi chiudevo nei miei silenzi e nella musica, creandomi così il mio mondo dove non lasciavo entrare nessuno per non soffrire.
Crescendo, iniziavo a frequentare amicizie sbagliate e, invece di essere matura e aiutare in casa, mi chiudevo sempre di più. Approfittavo della malattia di mia madre rubando le sue medicine per “divertirmi” e fare poi quello che volevo. Quando poi lei è morta, me ne sono andata via di casa, credendo così di essere libera e indipendente.
Oggi capisco che volevo solo scappare da me stessa e dai pesi e sensi di colpa che mi portavo dietro.
In poco tempo sono arrivata a essere dipendente dalla droga fino a perdere tutto: il lavoro, le amicizie e la mia dignità, finché un giorno, grazie ad un’amica, sono riuscita a chiedere aiuto ai miei fratelli, che mi hanno portato in comunità.
Qui l’amore della Madonna e di Gesù per me si è fatto concreto nella pazienza delle sorelle, che mi stanno aiutando ad abbracciare la mia storia e a credere che in quello che mi è successo c’è un disegno di Dio.
Ora so che è anche grazie a mia mamma che dal cielo ha pregato per me che sono arrivata qui, e sono felice di poter donare me stessa ogni giorno imparando ad amare chi mi sta vicino.
Ringrazio la comunità perché grazie alle lotte e ai superamenti quotidiani sto imparando ad aggrapparmi a Dio e a sentirmi figlia amata.
(Fonte: Periodico “Resurrezione”, Pagine d’incontro della Comunità Cenacolo – Saluzzo, Anno XXXIII, n. 2, Giugno 2018, Pagg. 14 e 15)
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«Ogni volta che ti avvicini alla luce, essa ti smaschera e proprio in questo sta il cammino comunitario: accogliere in noi il Signore e lasciarci raggiungere dalla sua luce.»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 28/06/2018
Prima di entrare a Nuovi Orizzonti stavo vivendo un periodo terribile della mia vita, ero proprio all’inferno già su questa terra, e ne avevo combinate di tutti i colori, ero nel buio più profondo. Mi sembrava di aver perso del tutto la dignità, di essere arrivato al fondo di tutto, e già il fatto che mi bucavo mi faceva sentire finito come persona. Ero in un mare di desolazione, una cosa brutta da spiegare, solo chi sta in questo baratro lo può capire. Avevo vigili, carabinieri, giudici, magistrati, polizia, tabaccai, fornai, che mi correvano dietro!
L’ultima volta che mi sono bucato ero a Roma e quel giorno stavo proprio nell’inferno, finché non ho incontrato Nuovi Orizzonti e lì ho sentito proprio che la Madonna mi ci aveva portato e che il Signore mi diceva: “Ecco, io ti metto dentro a questa casa e qui tu troverai pace”. Perché usando droga ho cominciato a fare avanti e indietro dal carcere, poi la vita del tossicodipendente è un inferno: devi lottare in continuazione per rimediare la dose giornaliera, devi sempre tradire tutti coloro che ti stanno vicino, insomma fregare il prossimo, quando in realtà non freghi il prossimo, ma te stesso, perché già nel momento in cui ti droghi, stai fuori dalla grazia di Dio.
E quindi son arrivato a Nuovi Orizzonti, dove mi hanno proposto innanzitutto la Parola di Dio. Quando Chiara, con quel viso d’angelo, mi ha detto: “Qui viviamo il Vangelo!”, io stavo con un piede fuori e uno dentro. Mi chiedo che fare. Se mi guardavo indietro ero finito. E io mi ricordo un particolare: quando ci riunivamo la mattina per la meditazione del Vangelo, ogni volta che lo leggevo mi prendeva un mal di stomaco proprio forte, terribile.
E poi col passare del tempo, ho capito che era il Signore che mi diceva “Ama il prossimo” e io questo prossimo non ce la facevo proprio ad amarlo, perché sembra impossibile amare il prossimo se non riesci nemmeno ad amare te stesso. Questo fratello andava amato! Però in giro avevo incontrato tanta indifferenza, come dice Nek nella canzone: “Hey Dio, avrei bisogno anch’io!”, avevo bisogno anch’io di Dio, del suo amore, di Dio come papà. La prima volta che ho visto mio padre era al manicomio con la camicia di forza. Questa cosa, elaborata nel tempo, mi ha fatto capire che questo papà con la camicia di forza lo proiettavo anche su Dio, ma ero io ad avere la camicia di forza e Dio non poteva fare nulla se non mi aprivo al suo amore.
Poi ho capito pian piano che il Signore stava operando dentro di me, stava cercando di risanare quelle ferite che mi ero fatto con l’eroina, la cocaina ed il carcere. La comunità ti aiuta proprio, insieme a tutti gli altri, a proseguire questo cammino di incontro con te stesso, per rinascere a nuova vita.
Certamente c’è una battaglia, quella che devi affrontare con te stesso: la grande sfida è quella di riuscire finalmente a dire sì alla vita, sì all’amore. La più grande lotta è quella con te stesso per riuscire ad amare.
Chiara Amirante
Oggi posso dire che sono un altro Paolo, oggi si! Certo, prima però ho dovuto fare un cammino, ho trovato un deserto davanti a me, con gli scorpioni, i serpenti, le vipere, la notte, la solitudine, tutte cose che io non sapevo neppure esistessero… perché se ti droghi, l’eroina copre tutto, quindi la tua giornata è già finita.
E io poi ho dovuto combattere con me stesso per risorgere, per venir fuori, ho dovuto combattere io, ma anche avere tanto aiuto delle persone che mi stavano vicine. Poi per me è stato ancora più difficile lasciarmi aiutare, venendo da una famiglia dove tutti e tre noi figli ci drogavamo.
Per me oggi Nuovi Orizzonti è una palestra per imparare ad amare, il che non è facile, è l’incontro-scontro ogni giorno con la Parola di Dio, che comunque ti lavora dentro. Io mi rendo conto che una cosa del genere, il tentare di vivere concretamente il Vangelo, in un mondo del tutto proiettato verso il consumismo e l’edonismo, può sembrare una cosa da extraterrestri. Invece il Signore ci dice: “Io vado e ti preparo un posto”. Il Signore va e prepara un posto per te, proprio per te, per me Paolo e, come per me, per tutti gli altri.
Io sono stato chiamato a fare questo, ad entrare dentro l’amore di Dio e della Madonna, mentre c’è magari chi deve aspettare, o sarà chiamato in un altro modo. Ognuno è diverso e il Signore sa come aiutarlo. L’amore di Dio in qualche modo arriva e non fa distinzioni, il suo Amore non guarda da dove arrivi.
Oggi io vivo dentro la comunità, con i ragazzi in programma: non faccio niente di speciale, però ci sto, e già questo significa tanto. Vivere in comunità per me vuol dire mettersi a nudo: noi ci nascondiamo dietro a cento mila maschere. Camminare in comunità significa allora mettere a nudo quella parte di te che non vuoi vedere e non vedresti mai, per farti incontrare con te stesso. La comunità intesa come Vangelo vissuto, perché la comunità è Vangelo incarnato, non altro.
La vita spirituale consiste nell’avvicinarsi alla luce: se ci avviciniamo a Dio, vediamo quanto ancora siamo sporchi. Ogni volta che ti avvicini alla luce, essa ti smaschera e proprio in questo sta il cammino comunitario: accogliere in noi il Signore e lasciarci raggiungere dalla sua luce.
Noi ci alziamo la mattina e abbiamo come dei tiranni che ci parlano intorno, dicendoci: “Fai questo, vai là, di’ questo a quello, di’ quella cosa a quell’altro”. Ti vorresti imbellettare tutto, no? Ma questo è il progetto che hai fatto tu, mentre ci sta il progetto che ha fatto Dio, e se tu lasci il tuo progetto, Lui ti mostra il suo, altrimenti non lo potrai mai scoprire.
Ringrazio Dio perché mi ha fatto incontrare Nuovi Orizzonti, Chiara, Loredana, Tonino, che mi hanno sopportato. Materassi per terra, partite di calcio con Tonino… era questo lo spirito di Nuovi Orizzonti. Oggi, vedendo tutte le meraviglie del Signore, non riesco più a parlare della parte negativa di me. La conferma che il progetto di Dio va avanti sono tutti quelli che hanno deciso di seguire questo carisma. L’amore di Dio passa attraverso i fratelli. Uniamo il nostro amore finito col suo amore che è infinito.
(Fonte: http://www.nuoviorizzonti.org/)
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«Non preoccuparti, mamma, tuo figlio ce la farà: la tua fede l’ha salvato!»
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 06/12/2017
Sono Andrea e ho trent’anni. Quando sono nato a Perugia mia madre aveva diciannove anni, e per occuparsi di me smise di studiare. Dopo due anni scoprì che mio padre la tradiva e che era tossicodipendente; tuttavia, io ero un bambino sereno, stavo spesso con i nonni perché mia madre lavorava.
A cinque anni mia madre incontrò un altro uomo: per stare con lui e allontanarci dai problemi siamo andati a vivere a Marsiglia, in Francia. Essendo piccolo non capivo questo cambiamento, non avevo punti di riferimento e tutto era nuovo sia per me che per mia madre; ricordo che a volte piangevo perché volevo ritornare in Italia.
Dopo due anni nacque mia sorella: tutte le attenzioni erano orientate su di lei e io mi sentivo solo e trascurato. Dentro di me sentivo crescere fortemente il rifiuto verso mio padre a causa del suo abbandono, e anche questo mi ha portato ad essere sempre più irrequieto e bugiardo. Nonostante questo mondo interiore già sofferente, a scuola sapevo farmi accettare da tutti.
Quando la sorella minore di mia madre morì a causa della droga avevo dieci anni: ero il suo primo nipote e l’amavo tanto. Per la mia sensibilità non riuscii ad accettare la sua morte e iniziai a ribellarmi in famiglia, litigando spesso con mia madre che ritenevo responsabile di tutti i miei problemi.
A tredici anni iniziai a frequentare ragazzi più vecchi di me che mi portarono a fare le prime esperienze con l’alcool, la droga… Per non sentirmi inferiore a loro, anzi, per sentirmi più forte ho iniziai a rubare e a spacciare. La mia voglia di indipendenza mi faceva spesso cambiare scuola e lavoro perché rifiutavo qualsiasi forma di autorità.
Dopo una forte delusione affettiva iniziai con le droghe pesanti: non credevo più nell’amore. Tradivo chiunque mi desse fiducia, diventando violento e falso, mentendo anche a me stesso. Ebbi problemi con la polizia che mi arrestò per spaccio. Decisi così di tornare in Italia per “girare pagina”.
Mio nonno cercava di aiutarmi facendomi fare dei colloqui in varie comunità, nonostante io non volessi. Dopo diversi anni, ritrovai un giorno per strada mio padre in pessime condizioni. Confrontandomi con lui, capii che ciò che avevo cercato in quegli anni nelle false amicizie e nelle cose del mondo era quello che non avevo avuto da lui: il suo amore. Mi ritrovai a vivere una vita fatta di illusioni, schiavo di una sostanza e pieno di paure.
Pensando a mia zia in cielo, gridai a Dio per chiedergli aiuto.
Tornai da mia madre che nel frattempo si era convertita; lei mi fece conoscere un sacerdote che mi indicò la Comunità Cenacolo come mia unica speranza. Fin dai colloqui e dalle giornate “di prova” sentii che avevo trovato il mio posto, grazie ai sorrisi dei ragazzi e all’amore di un’anziana suora, suor Piera, che a mia madre disse: «Non preoccuparti, mamma, tuo figlio ce la farà: la tua fede l’ha salvato!».
Sono entrato nella fraternità “Pastorelli di Fatima” a Pagno. Il primo anno è stato molto difficile, ma il sostegno dei fratelli mi ha dato la forza di andare avanti. Piano piano mi sentivo sempre meglio. Iniziavo a riaprire gli occhi accorgendomi delle cose belle della vita. I fratelli, con la loro amicizia, mi hanno insegnato a non scappare più davanti alle difficoltà, ma a mettermi in ginocchio affidando tutto a Dio.
Attraverso i nostri sacerdoti nel sacramento della Confessione ho incontrato la Misericordia del Signore ed il Suo perdono.
Dopo un anno sono stato trasferito a Lourdes, dove sono rimasto per più di tre anni “vicino” alla Madonna. In questo luogo benedetto, attraverso i vari impegni quotidiani, la vita di fraternità e l’amore di Maria, ho trovato finalmente il senso della mia vita. Ho capito che per essere felice dovevo donarmi agli altri. Facendo l’“angelo custode”, aiutando i ragazzi giovani a ritrovare una vita piena di speranza e di gioia, ho imparato anch’io a portare la mia croce ogni giorno con il sorriso. Alla grotta di Massabielle ho sempre trovato la pace nei momenti di lotta, l’amore e la consolazione di una buona Madre che mi ha fatto sentire di essere un figlio suo amato.
In questi anni ci sono stati tanti miracoli: uno dei più grandi è stata l’esperienza con mia madre, nella quale abbiamo potuto condividere tutto il nostro passato; l’altro miracolo è stato aver ricevuto una lettera da parte di mio padre in cui mi chiedeva perdono. E poi, la possibilità di poter passare una giornata in Comunità insieme a lui, dandogli quell’abbraccio di perdono che Madre Elvira ci ha insegnato.
Ringrazio Madre Elvira per il suo sì che mi ha ridonato la gioia di vivere e tanti desideri puliti. Qui ho imparato ad accogliere la croce, abbracciando la mia vita e quella di chi vive con me.
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“Mi sentivo una pedina fuori gioco – Io non avuto coraggio, è stato Dio che ha avuto coraggio e ha guardato verso di me”
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 16/10/2015
L’incredibile storia del cantante Shoek che ha cambiato la sua vita grazie alla fede
Sono nato a San Patrignano perché i miei genitori erano tutti e due con problemi di droga. Mamma non volle abortire perché sia papà che lei videro in me una speranza.
Avevo tre anni, mia madre decise di abbandonarmi, quando vide che da me non ricavava soldi, mi lasciò in mezzo a una strada. Chiamò mio padre dicendogli di venirmi a prendere perché per lei ero diventato un peso.
Mio papà non aveva mai ricevuto amore dai suoi… Il suo modo per dimostrarmi amore era di portarmi nei locali. Per me era normale vedere spogliarelli, risse…
Mi facevo grande a scuola: io non vedo i cartoni animati ma le ragazze che si spogliano. In realtà volevo dormire a casa dell’amichetto, guardare il cartone animato…
Mi sentivo una pedina fuori gioco, mi sentivo che non servivo a niente in questa vita.
Crescendo… Ero un ragazzo insopportabile, odiavo me stesso. La vita mi faceva letteralmente schifo.
Iniziai a cercare Dio: OK, se esisti veramente, ho bisogno di capire perché ho una mamma così e perché mio papà per la droga è malato e può morire da un momento all’altro? Se veramente esisti dove sei? Avevo quattordici anni.
Mia madre mi offriva la droga. Quello che mi dava non era quello che desideravo ma mi sembrava che io avessi una mamma. Facevo finta che per un attimo potevo stare bene.
Mi cercavo la vita nella strada, dormivo di là, di qua, vivevo con una ragazza finché non mi sbatteva fuori… Amici veri non ne avevo.
Continuavo a sfidare Dio. Andavo nelle chiese e bestemmiavo, fino a che il prete non mi sbatteva fuori. In quel preciso momento Dio ascoltò, o meglio, io ascoltai. Una ragazzina credente, sul pulman,ogni giorno mi guardava. Stavo leggendo un libro di Marilyn Manson. Lei mi disse: “Ma lo sai che Gesù ti ama?”
Insisteva ogni giorno… Le dicevo si smetterla… Lei mi diede un biglietto! Se non posso parlòarti comincerò a scriverti che Gesù ti ama.
Leggevo la Bibbia. Quando non capivo chiedevo a lei, lei spiegava e toccava il mio cuore, fino a quando lessi Matteo 9, Gesù che si sedeva coi pubblicani e i peccatori – io sono venuto per i malati… Sentii l’abbraccio di Dio e un amore che non avevo mai sentito.
Signore, io voglio lavorare per te ma non so predicare, so fare musica…e così canto che no è finita, che c’è ancora una speranza, i problemi ci sono ma Dio è più grande dei nostri problemi.
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“Chi di voi vuole diventare un ragazzo buono?”
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 05/09/2014
Storia di Ivan che grazie alla Comunità Cenacolo e alla Misericordia di Dio si è liberato dalla dipendenza della droga e ora è sacerdote
Sono contento purché posso testimoniare a voi tutti la “risurrezione” della mia vita. Tante volte, quando si parla di Gesù vivo, Gesù che si può toccare con le mani, che cambia le nostre vite, i nostri cuori sembra tutto così lontano, nelle nuvole, ma io posso testimoniare che ho sperimentato tutto questo e che l’ho visto realizzarsi anche nella vita di tanti, tanti ragazzi. Ho vissuto per molto tempo, circa 10 anni, prigioniero della droga, nella solitudine, nell’emarginazione, immerso nel male. Iniziai ad assumere marijuana quando avevo solo quindici anni. Tutto cominciò con la mia ribellione verso tutto e tutti, dalla musica che ascoltavo che mi spingeva verso una libertà sbagliata, iniziai facendo, ogni tanto, una canna, poi passai all’eroina, infine all’ago! Dopo la scuola superiore non riuscendo a studiare a Varazdin, Croazia, andai in Germania senza un obiettivo ben preciso. Iniziai a vivere a Francoforte dove lavoravo come muratore, ma ero insoddisfatto, desideravo di più, desideravo essere qualcuno, avere molti soldi. Cominciai a spacciare eroina. I soldi iniziarono a riempire le mie tasche, vivevo una vita di classe, avevo tutto: macchine, ragazze, bei momenti – il classico sogno americano.
Intanto, l’eroina si impossessava sempre di più di me e mi spingeva sempre più in basso, verso l’abisso. Facevo un sacco di cose per denaro, rubavo, mentivo, ingannavo. In quell’ultimo anno trascorso in Germania, vivevo letteralmente per le strade, dormivo nelle stazioni dei treni, fuggivo dalla polizia, che ormai mi stava cercando. Affamato com’ero entravo nei negozi, afferravo pane e salame e mentre scappavo mangiavo. Dirvi che nessun cassiere mi bloccava più e’ sufficiente per farvi capire che aspetto io potessi avere. Avevo solo 25 anni, ma ero così stanco della vita, della mia vita, che desideravo solo morire. Nel 1994 fuggii dalla Germania, ritornai in Croazia, in queste condizioni mi trovarono i miei genitori. I miei fratelli mi hanno subito aiutato ad entrare in Comunità, prima a Ugljane vicino a Sinji e poi a Medjugorje. Io, stanco di tutto e desideroso solo di riposarmi un po’, sono entrato, con tutti i miei bei progetti su quando uscire.
Non dimenticherò mai il giorno in cui, per la prima volta, ho incontrato Madre Elvira: avevo tre mesi di Comunità e mi trovavo a Medjugorje. Parlando in cappella a noi ragazzi, all’improvviso ci ha rivolto questa domanda: “Chi di voi vuole diventare un ragazzo buono?” Tutti attorno a me hanno alzato la mano con gioia nei loro occhi, sui volti. Io invece ero triste, arrabbiato, avevo già i miei progetti in testa che non avevano nulla a che fare col diventare buono. Quella notte però non riuscii a dormire, sentivo un grande peso dentro di me, ricordo di aver pianto di nascosto nei bagni ed al mattino, durante la preghiera del rosario, ho capito di voler diventare buono anch’io. Lo Spirito del Signore aveva toccato il mio cuore in profondità, grazie a quelle semplici parole pronunciate da Madre Elvira. All’inizio del cammino comunitario ho sofferto tanto a causa del mio orgoglio, non volevo accettare di essere un fallito.
Una sera, nella fraternità di Ugljane, dopo aver raccontato molte bugie sulla mia vita passata per apparire diverso da come ero realmente, con sofferenza ho capito quanto male mi fosse entrato nel sangue, vivendo tanti anni nel mondo della droga. Ero arrivato al punto che non sapevo nemmeno più quando dicevo la verità e quando mentivo! Per la prima volta nella mia vita, seppur a fatica, ho abbassato l’orgoglio, ho chiesto scusa ai fratelli e subito dopo ho provato una grande gioia per essermi liberato dal male. Gli altri non mi hanno giudicato, anzi, mi hanno voluto ancora più bene; ho sentito “fame” di questi momenti di liberazione e di guarigione e ho cominciato ad alzarmi la notte per pregare, a chiedere a Gesù la forza di vincere le mie paure, ma soprattutto di donarmi il coraggio di condividere con gli altri le mie povertà, i miei stati d’animo ed i miei sentimenti. Lì davanti a Gesù Eucarestia la verità ha iniziato a farsi strada dentro di me: il desiderio profondo di essere diverso, di essere amico di Gesù. Oggi ho scoperto quanto è grande e bello il dono di una amicizia vera, bella, pulita, trasparente; ho lottato per riuscire ad accettare i fratelli così come erano, con i loro difetti, accoglierli nella pace e perdonarli. Ogni notte chiedevo e chiedo a Gesù di insegnarmi ad amare come Lui ama.
Ho trascorso tanti anni nella Comunità di Livorno, in Toscana, li, in quella casa, ebbi modo di incontrare tante volte Gesù e di andare più in profondità nella conoscenza di me stesso. In quel periodo, inoltre, soffrii molto: i miei fratelli, cugini, amici erano in guerra, mi sentivo colpevole per tutto quello che avevo fatto alla mia famiglia, per tutte le sofferenze arrecate, per il fatto che io me ne stavo in Comunità e loro in guerra. Inoltre mia madre, in quel periodo, si ammalò e mi chiese di ritornare a casa. Fu una scelta molto combattuta, sapevo cosa stava passando mia madre, ma nello stesso tempo sapevo, che per me uscire dalla Comunità sarebbe stato un rischio, era troppo presto e sarei stato un peso grosso per i miei. Pregaii per notti intere, chiedevo al Signore di fare capire a mia madre che io non ero solo suo, ma anche dei ragazzi con i quali vivevo. Il Signore ha fatto il miracolo, mia madre ha compreso e oggi lei e tutta la mia famiglia sono molto contenti della mia scelta.
Passati quattro anni di Comunità, era arrivato il momento di decidere che cosa fare della mia vita. Mi sentivo sempre più innamorato di Dio, della vita, della Comunità, dei ragazzi con cui condividevo le mie giornate. All’inizio, pensai di studiare psicologia, ma più mi avvicinavo a questi studi, più le mie paure aumentavano, avevo bisogno di andare al fondamento, alla essenzialità della vita. Decisi, allora, di studiare teologia, tutte le mie paure sparivano, mi sentivo sempre più riconoscente verso la Comunità, verso Dio per tutte le volte che mi e’ venuto incontro, per avermi strappato dalla morte e avermi risuscitato, per avermi ripulito, vestito, per avermi fatto indossare il vestito della festa. Più procedevo negli studi, più la mia ‘chiamata’ diventava chiara, forte, si radicava dentro di me: volevo diventare sacerdote! Desideravo donare la mia vita al Signore, servire la Chiesa dentro la Comunità Cenacolo, aiutare i ragazzi. Il 17 luglio 2004 sono stato ordinato sacerdote.
(Per ogni approfondimento http://www.comunitacenacolo.it/)
In questo video don Ivan racconta la sua storia a TV2000
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Fra Daniele, dalla droga a Cristo, risanato dopo aver toccato… Gesù
Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 11/04/2014
Dalla droga a Cristo, dopo aver sperimentato la guarigione dalla tossicodipendenza durante un’adorazione eucaristica.
La bella storia di fede, guarigione e vocazionale di frate Daniele
Una vita segnata dalla sofferenza, una sofferenza che però nella nostra famiglia si è rivelata pedagogica, non fine a se stessa ma una sofferenza che accolta nella fede ha preparato i nostri cuori ad accogliere il mistero.
Maria ha riportato mia madre a Gesù. E Gesù le ha dato la forza di stare nella situazione in cui si trovava.
Iniziai a bere, a fare uso di sostanze stupefacenti leggere, fino a finire con le droghe pesanti e a diventare tossicodipendente.
Mia madre anziché detestarmi, mi incoraggiò, mi amò così come ero e lei, che aveva fatto esperienza di Gesù che salva, che ha l’ultima parola sulla morte, mi invitò a chiedere aiuto a lui e anche ad andare al SERT e assumere farmaci per l’astinenza.
Il 25 novembre del 2006, ero a una due giorni di convegno del Rinnovamento nello Spirito, era la solennità di Cristo Re dell’Universo. MEsi prima mia madre mi aveva invitato a chiedere a Gesù di farsi conoscere da me.
“Il male che oggi attrae i giovani e che propone felicità apparenti” era il tema delle catechesi del convegno. Rimasi colpito dalle parole di un frate, sembrava che gli avessi raccontato la mia storia, rileggeva il mio vissuto.
Le attrattive del mondo danno una felicità apaprente ma poi conducono a sperimentare nel cuore una grande amarezza. Il potere, la droga, il sesso, l’alcol. Il male mira a distruggere il nostro corpo che è il luogo abitato da Dio e attraverso cui possiamo fare esperienza di Dio nella profondità del nostro cuore.
Io, l’orgoglioso, sentii l’esigenza di umiliarmi.
Un padre pregò su di me, mi benedisse e tornai al mio posto. ALl’adorazione, un padre con Gesù Eucarestia passò in mezzo alla folla che era di 600 persone. Gesù mi passò accanto, alle spalle, poi stava tornando verso l’altare, io sentii dentro di me il desiderio di andare a toccarlo. Andai, da dietro lo toccai e tornai al mio posto.
Il giorno dopo non presi il metadone e mi resi conto di non avere più crisi di astinenza, mi resi conto di essere stato guarito da quella Parola…Perché?
Come l’emorroissa toccò il mantello di Gesù… E’ un po’ quello che ho vissuto io, risanato dopo aver toccato Gesù.
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