FERMENTI CATTOLICI VIVI

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Posts Tagged ‘vocazione al sacerdozio’

«La fede mi fa godere di più la mia vita. Per questo ne parlo. W la fede!»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 02/11/2021

Ricordate don Alberto Ravagnani? Il giovane sacerdote che affermava che il Rosario non è roba da vecchiette ma una cosa molto cool?

Don Alberto Ravagnani, Busto Arsizio, 28 anni, detto anche Don Rava, vive in oratorio, insegna a scuola, ogni tanto fa cose sul web e sui social media. Sua madre pensava che avrebbe fatto il cuoco, perché da piccolo amava giocare con le pentole, in realtà ha fatto tutt’altro.

In questo video racconta la sua storia e com’è nata la sua vocazione.

Vale la pena guardarlo e ascoltarlo fino in fondo, soprattutto alla fine.

«I giovani non vanno in chiesa perché siamo troppo noiosi secondo me; non sappiamo intercettare il loro vissuto.»

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Se vuoi avere una vita bellissima…

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 09/05/2021

Eh beh… devi guardare il video per sapere il resto della frase. 

Non barare, lo devi guardare fino alla fine. 

Non vale andare avanti… 😉

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«Gesù è la gioia! E tu me parle de resurrezione e staie accussì?»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 08/02/2019

«Se avessimo avuto una vita diversa ci saremmo persi la parte migliore: Dio!»

Fulvio, Claudio e Aldo Festa, tre fratelli accomunati dal sangue e dalla stessa vocazione, raccontano con gioia e letizia irresistibili ma con intensità, la loro storia.

Un video che vale la pena guardare fino in fondo.

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«Un'”uniforme” diversa e un “capo” molto più misericordioso»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 15/03/2017

Don Ernesto Piraino che si è raccontato ai microfoni di Padre Pio Tv in una lunga intervista. A http://www.infooggi.it ha risposto a qualche domanda.

Diciotto lunghi anni nella Polizia di Stato.Cosa è significato per te essere un poliziotto?

Essere stato poliziotto rappresenta oggi, nel mio nuovo stato di vita, certamente un valore aggiunto. Aver potuto servire la gente indossando una divisa ha contribuito ad accrescere il mio bagaglio esperienziale dal punto di vista umano e perché no, anche spirituale.

La giustizia umana spesso può e deve coincidere con quella divina, pertanto la missione continua, con una “uniforme” diversa e un “capo” molto più misericordioso!

Quando hai avvertito le prime avvisaglie della vocazione?

Oggi, col senno di poi, posso dire che le prime avvisaglie si manifestarono sin dall’età infantile e poi adolescenziale. Nel 2006 , con l’inizio dell’adorazione Eucaristica perpetua nella mia parrocchia di allora, a Scilla in provincia di Reggio Calabria, il Signore iniziò a parlare al mio cuore in maniera sempre più chiara.

Eri fidanzato. L’amore per il Signore, però richiedeva l’esclusiva…

Dopo il secondo anno di fidanzamento, la mia ragazza, iniziando a notare in me una certa predisposizione alla vita spirituale, cominciò a fare delle battute sempre più insistenti, “se ti vuoi fare prete dimmelo chiaro!”.

Dopo un certo tempo, per poter andare di tanto in tanto in chiesa a pregare, fui costretto ad utilizzare l’alibi della palestra. Non sentivo la chiamata al sacerdozio, semplicemente desideravo ricavarmi dei tempi di silenzio e meditazione. Oggi so che quelle battute erano in realtà delle profezie.

Quando hai preso la decisione di abbandonare tutto e seguire Gesù?

Una sera di febbraio, siamo nel 2010, mentre mi trovavo nella cappella del seminario, dove di tanto in tanto mi recavo per preparare degli esami con alcuni seminaristi, miei colleghi di facoltà, avvertii forte il desiderio di lasciare tutto per donare la mia vita al Signore nel sacerdozio.

Il giorno dopo andai immediatamente dal mio padre spirituale.

Dal primo tuo si al Signore, tutto si è stravolto nella tua vita…

Le difficoltà non sono mancate, il Signore però ha fatto sì che diventassero dei trampolini di lancio. Oggi vivo il dono del sacerdozio anche grazie a quelle difficoltà iniziali, che hanno rafforzato la chiamata e il desiderio di non mollare.

Cosa ti senti di dire ai giovani che avvertono la vocazione?

Dico ai giovani che dovessero avvertire la chiamata del Signore, di non avere paura, di aprire le porte del loro cuore con fiducia.

Il Padre desidera la felicità per ciascuno dei Suoi figli, e vi assicuro donare la vita a Lui riempie il cuore di gioia, quella vera!

Fonte: https://www.infooggi.it/

In questo video, un bel servizio su Padre Pio TV

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“Vorrei dire ai giovani che è bello consacrare la propria vita a Gesù”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 30/11/2014

I mass-media tendono a parlare dei sacerdoti solo quando fanno notizia per errori, cadute, scandali.

“Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce” recita un aforisma attribuito al filosofo cinese Lao Tzu. E’ per questo che quando mi capitano testimonianze delle migliaia di preti che compongono la meravigliosa foresta in crescita che è Chiesa, le condivido volentieri.

don francesco_01Sono tante le testimonianze che si possono trovare, come quella che ho ricevuto qualche giorno fa da un giovane sacerdote don Francesco Cristofaro. Ci seguiamo a vicenda su Twitter, ci conosciamo (via web) solo da pochi giorni ma sono bastati per capire che la sua storia potrà toccare molti cuori…

Eccola qua. Un po’ lunghetta rispetto ai post che solitamente pubblico ma vale la pena prendersi del tempo e leggerla fino in fondo.

Ogni essere vivente, ad un certo punto della sua esistenza è spinto da un bisogno interiore a domandarsi: “cosa voglio fare della mia vita?”, “dove voglio andare?”, “chi voglio essere?”, ma anche “cosa voglio essere?”. È dimostrato che non fare ciò che si desidera rende, spesso, persone infelici e tristi. Avere, invece, la certezza che quella strada intrapresa e il percorso giusto, ci fa persone felici e realizzate.

Quella che segue è l’esperienza di un giovane che come tanti altri giovani si è trovato ad un certo punto della sua vita a porsi questo stesso interrogativo: “cosa voglio fare della mia vita?”

Facciamo un passo indietro nel tempo. Come avviene in tante coppie di sposi, volendo formare una famiglia, avendo già avuto un figlio, i due genitori decidono di riprovare ancora una volta la gioia della paternità e della maternità. Ed ecco l’annuncio della seconda gravidanza. Scorrono i giorni e vanno in avanti i mesi. Giunti al settimo mese di gestazione, qualcosa comincia a non andare più bene. Ed ecco che avanza l’ipotesi di un parto prematuro e così fu. Con due mesi di anticipo viene alla luce il piccolo e gracile Francesco. Non si prospetta una vita facile né per lui né per i suoi genitori.

don francesco_02Quando si suole chiedere ad una donna incinta: “cosa desideri? Vuoi un maschietto o una femminuccia?” a volte si risponde manifestando il proprio desiderio, il più delle volte, ci si sente dire: “non ha importanza il sesso ma che nasca sano”.

Francesco non era nato sano. Francesco era nato con una paresi alle gambe. Fino a tre anni di vita non ha mai mosso un passo. Sempre tra le braccia della madre, o del padre, della nonna o di qualche zia.

Inizia così un lungo calvario, visite mediche, viaggi della speranza, viaggi da falsi cristi e profeti, spilla denari. Nulla di nuovo, nulla di più. Il problema c’è, il problema rimane. Le scuole, una vita sociale secondo uno stile di vita a lui più consono, ma tra tutte spicca di più la vita spirituale, religiosa, l’avvicinamento alla Chiesa fin da piccolo e alla conoscenza e alla frequenza pian piano della spiritualità del Movimento Apostolico.

Gli anni dell’adolescenza per Francesco sono molto tristi. Lacrime, amarezze, delusioni, speranze miste a preghiere. Ogni giorno la stessa preghiera: “voglio guarire!”, “voglio essere come tutti gli altri” e per questo motivo si alternavano novene a questo piuttosto che ad un altro santo o alla Madonna.

Si decide su consiglio dei medici che alla maggiore età si intervenisse per allungare i tendini, prima ad una gamba e poi all’altra. Un altro lungo e doloroso calvario che porta ad un miglioramento ma non alla guarigione tanto desiderata e sperata.

Ma occorre fare un passo indietro.

don francesco_03Due anni prima dell’intervento, Francesco inizia a sentire nel suo cuore qualcosa di nuovo, di diverso. Sempre la sua preghiera per la guarigione, ma un altro desiderio stava prendendo piede nel suo cuore. Una parola cominciava a risuonare forte, forte per tramite di una donna che spesso la ricordava e che faceva così: “La Messe è molta e gli operai sono pochi…” e poi ancora: “vieni ti farò pescatore di uomini”.

Un giorno Francesco, sulla veranda della sua casa, ha in mano un libricino della prima comunione con il rito della Santa Messa. Alle parole: “prendete questo è il mio corpo”, Francesco avverte la sua vita tremare. Si ferma e subito chiede al Signore: “cosa vuoi da me o Signore. Sia fatta la tua volontà”. Il confronto con il padre spirituale. Il si al sacerdozio.

Ed ecco le prime tentazioni. “non sono degno Signore”…., “ma cosa te ne fai di uno come me?… cosa ti posso dare io con le mie gambe fragili” e mille altri interrogativi.

Un giorno successe che mentre si celebravano le prime comunioni nella sua parrocchia al momento più solenne, il sacerdote gli chiede di tenere il calice per la distribuzione della comunione. Il povero Francesco perde l’equilibrio e cade con il calice in mano senza far cadere una sola goccia del sangue di Gesù. Certo si rialza, qualcuno sdrammatizza, qualcuno ride, ma su Francesco crolla il mondo addosso. Si convince che il Signore non ha bisogno di uno come lui.

Il padre spirituale lo aiuta molto e lui si tranquillizza. Due momenti importanti. Gli interventi e l’ingresso in seminario. Poiché la riabilitazione è più lunga del previsto, l’ingresso in seminario salta di un anno.

Francesco parte per la gioia dei suoi genitori e parte sapendo nel suo cuore che non sarebbe cambiato nulla ma non vuole spegnere la speranza di mamma e papà. Francesco aveva ragione. Gli interventi avevano cambiato ben poco.

don francesco_04Ma il cammino di seminario inizia ed è una vera grazia di Dio. Da quel giorno Francesco ha la pace nel cuore, la gioia, la serenità. Da quel giorno Francesco non ha più fatto una sola preghiera di guarigione. Lui era guarito nel cuore e nella mente. Lui era guarito perché il Signore aveva guardato nel suo cuore e ne all’apparenza o alla bellezza.

Oggi Francesco è felice pieno di vitalità ed energia che lotta e si impegna per annunciare il vangelo e vuole dire questo: il Signore parla in ogni momento e in ogni situazione. Se noi siamo superbi lui ci fa cadere perché diventiamo umili. Anche Francesco pensava in quel giorno di comunioni di poter fare le cose perfette ma così non fu.

L’umiltà è la più grande virtù perché se tu ti affidi al Signore lui ti mette le ali per farti volare dove tu non puoi. Le gambe di Francesco oggi non sono guarite, ma sono forti e salde per annunciare il vangelo e recare gioia ai cuori affranti.

Oggi che ha detto si al Signore, Francesco è il vero Francesco, non perfetto, non santo ma uno che deve al Signore tanto e che è consapevole che tutto quello che di buono c’è in lui viene dall’Onnipotente.

Oggi Don Francesco non è più quel ragazzo che fino all’età di 18 anni non aveva il sorriso sulle labbra. Oggi sorridere sempre a tutto e a tutti. Non importa il passato. Importa l’oggi. Ciò che sei e, soprattutto, ciò che puoi e devi fare. Gesù ti chiama come sei per farti diventare come vuole lui. Io voglio essere come vuole lui. Noi siamo la gloria del Dio vivente, noi siamo i suoi strumenti in mezzo al mondo.

Vorrei fare tanto.

Vorrei mostrare ogni giorno il volto di Gesù.

Vorrei che l’uomo si avvicinasse alla grazia di Dio. Vorrei dire che il pensiero di Dio è diverso da quello dell’uomo, che il cuore di Gesù è diverso dal cuore dell’uomo. Per grazia di Dio sono quello che sono e per il suo amore infinito e grande oggi posso elevare in alto il calice della salvezza e sfamare i cuori della grazia sanante del Signore.

lampadaVorrei dire all’uomo di credere sempre nel domani, di non scoraggiarsi mai, di essere forte.

Vorrei dire all’ammalato di rifugiarsi nel cuore amabile della Madre Santa.

Vorrei regalare a tutti il mio sorriso quello bello che solo il Signore ti sa regalare da un contatto quotidiano con lui. L’avermi voluto sacerdote è il dono più bello e prezioso che il Signore mi poteva concedere ma, allo stesso tempo, è una missione che puoi assolvere solo se possiedi gli occhi di Gesù, la sua bocca e, soprattutto il suo stesso cuore.

Vorrei dire ai giovani che è bello consacrare la propria vita a Gesù e il sacerdote è una vera ricchezza nella povertà di questo mondo.

Vorrei vivere e morire sempre con Gesù nel mio cuore e sulle mie labbra perché questo è il miracolo che Gesù ha fatto alla mia vita e della mia vita.

Vorrei dire credere sempre, arrendersi mai! Vorrei che con tutti i mezzi, chi può parli della bellezza e della grandezza della vita. Non possiamo fare differenze di persone. Non possiamo fare in modo che passi il messaggio che c’è qualcuno che “non serve”. Abbattiamo le barriere e ogni forma di isolamento e discriminazione.

C’è una cosa che non ho mai amato: il pietismo e il sentirmi dire “poverino”.

Don Francesco Cristofaro

Volete conoscerlo meglio?

Lo trovate spesso su Padre Pio TV (Canale 145 del digitale terrestre oppure 852 di Sky).

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