FERMENTI CATTOLICI VIVI

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Come uscire dall’incantesimo

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 05/05/2018

 

Oggi ho preso la metropolitana, per tre fermate, un breve tragitto, ma mi è bastato per capire due cose.

All’andata ero seduto su un sedile di una fila di quattro e avevo di fronte a me altre quattro persone. Un gruppetto di otto viaggiatori ed ero l’unico che non aveva uno smartphone tra le mani, l’unico.

Ero un alieno, anzi, un alieno tra gli alieni visto che non leggevo un libro ma ero così “sovversivo” da sgranare un Rosario.

Qualunque cosa facessero quei passeggeri, era probabilmente buona, ma in un attimo mi sono sembrati tutti, come se fossero vittime di un incantesimo che dà l’illusione di una libertà fittizia, incantesimo in cui sono preso anch’io, ma in quelle tre fermate, avevo deciso di starne fuori.

Nel tragitto di ritorno la scena era simile, solo che appena entrato nel vagone, tra tanti passeggeri, tutti da un’altra parte grazie al immancabile smartphone, uno ha attirato la mia attenzione.

Un uomo tra i 45 e i 50 anni, con un caschetto brizzolato, vestito casual, dignitoso, suonava benissimo e cantava ancora meglio canzoni di De Gregori, Bennato, Venditti.

Di musica me ne intendo quantomeno per capire se un musicista è bravo e questo manifestava talento, curato con una certa tecnica, risultando gradevole e simpatico. Non chiedeva nulla ma ogni tanto qualcuno usciva dal torpore dell’incantesimo che ci tiene incollati ai nostri “device” per premiare i due minuti di gioia donata facendo cadere una moneta nel fodero rigido della bella chitarra acustica dell’artista.

La massa continuava indifferente (o fingeva di esserlo perché era davvero bravo); ma vedere che almeno tre o quattro persone avevano messo lo smartphone in tasca mi ha fatto capire due cose.

Condividere sul serio, soluzione alla solitudine di questi tempi.

La prima. Siamo tutti vittime di un incantesimo che, illudendoci di essere liberi permettendoci comunicazioni un tempo impensabili, alla fine ci rende dipendenti da una tavoletta che ha il potere di alienarci dall’ambiente circostante (che senza di noi peggiora, si svuota di noi) e gli uni dagli altri (che solitudine…).

La seconda. Se ne esce condividendo, come ha fatto oggi il musicista col caschetto brizzolato. Lo osservavo e, senza cellulare, facendo ciò che amava in libertà, riceveva il giusto compenso per averlo condiviso, ed era decisamente la persona più libera in quel vagone, insieme a chi si era lasciato catturare dalle sue canzoni.

Quel cantante condivideva il suo talento. Faceva quello che oggi non facciamo più.

E se ogni tanto spegnessimo il cellulare per condividere sul serio quello che siamo e che abbiamo? Oppure – e azzardo l’«eresia» – per pregare?

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