FERMENTI CATTOLICI VIVI

"Andate controcorrente. Di quanti messaggi, soprattutto attraverso i mass media, voi siete destinatari! Siate vigilanti! Siate critici!" Benedetto XVI

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Archive for the ‘Vocazioni’ Category

«Ho lasciato tutto per Dio»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 23/06/2023

La storia di Ève Lavalliere l’attrice di successo della belle époque che trovò senso solo in Dio.

La vita di Ève Lavalliere è divisa in tre parti: la sua gioventù difficile, la sua vita da attrice di successo e la sua vita religiosa.

Ève nasce a Tolone, col nome di Eugenia Fenoglio, da genitori di origine italiana. Studia in una scuola privata, ma il 16 marzo 1884 Ève assiste a una violenta lite dei genitori, conclusasi tragicamente con l’uccisione della madre ed il suicidio del padre.

Dopo questa tragedia, viene accolta dapprima da una zia, poi in un collegio e successivamente frequenta a Parigi una scuola di danza, canto e recitazione.

Attrice di successo

Nel 1892 viene presentata a Eugène Bertrand il direttore del Théâtre des Variétés, che la ingaggia per i primi spettacoli.

Esordisce ne La Belle Hélène di Jacques Offenbach, e all’età di venticinque anni assume il nome d’arte di Ève Lavallière.

Ève ha una bella voce, è molto bella, e in breve tempo diviene una famosa attrice teatrale della “belle époque” esibendosi nei “café chantant” a Montparnasse e nei migliori teatri parigini, fino al 1917.

Tra le più acclamate interpreti di operette e di commedie leggere, idolo di tutte le classi sociali, viene acclamata dalla gente comune come da ricchi borghesi, nobili e re.

La grande attrice Sarah Bernhardt, arriva a dire di lei:

«Quello che fai è innato: tu crei – non copi i personaggi. Li fai nascere da dentro te stessa. È molto bello.» (Sarah Bernhardt, 1908)

Ève ha una relazione con il direttore del Théâtre des Variétés, Fernand Samuel, ma nonostante la fama, il denaro e il successo popolare, soffre di conflitti interiori, che in un primo tempo cerca di attenuare mediante la magia e lo spiritismo, che a nulla le servono se non a peggiorare il suo senso di insoddisfazione.

La vita religiosa

Nel 1917, durante la prima guerra mondiale, dopo l’ultima esibizione al Théâtre Michel di Parigi, Ève Lavallière si ammala. Si reca a Tours per un periodo di convalescenza e riposo. Lì incontra l’Abate Chasteignier di Chanceaux che le dona un libro su Maria Maddalena.

La lettura del libro fornisce a Ève una chiave di lettura nuova della sua intera vita che comincia a prendere quel senso che cercava e non era mai riuscita a trovare.

In questa vita rallentata e lontana dai riflettori, scopre la meditazione. Dopo una lotta interna e una forte esperienza della presenza di Gesù, prende la decisione di ritirarsi dal mondo dello spettacolo, di non aspirare più ai beni e alle soddisfazioni terrene e di mirare soltanto al Cielo.

Il 19 giugno 1917 si converte al cattolicesimo. Inizia una serie di fruttuosi pellegrinaggi a Lourdes dove soggiorna ripetutamente presso le Suore dell’Immacolata Concezione.

A chi le propone di tornare alla vita precedente lei risponde:

«Ora sono così felice! Ho scoperto l’amore di Dio, non sono mai stata tanto felice come dal momento in cui ho conosciuto Dio.» (Ève Lavallière, 1918)

«Una sola cosa mi rimette a posto: l’abbandono totale nell’amore. Allora dimentico tutto: il passato, il presente, gli scrupoli fuggono e io sono inondata da una gioia profonda fatta di pace e di fiducia.» (Ève Lavallière, 1922)

Il 19 settembre 1920 entra nell’Ordine francescano secolare diventando suor Marie-Eve del Sacro Cuore di Gesù,in un convento parigino, dove si occupa della portineria e della cucina, oltre che di penitenza, di preghiera, di servizio e di carità.

Dal 1921 al 1923 soggiorna frequentemente in Tunisia, per poter assistere in un lebbrosario i più poveri tra i poveri.

Negli ultimi anni suor Marie-Eve del Sacro Cuore di Gesù si ammala e muore a Thuillières il 10 luglio 1929 colma di amore e di speranza.

Tra le sue ultime parole:

«Ho sete di giungere in Cielo e vedere Gesù.» (Ève Lavallière, 1929)

Sulla sua lapide al cimitero di Thuillieres si leggono le parole di Ève Lavallière, che descrivono esaurientemente la sua conversione:

«Ho lasciato tutto per Dio. Lui è solo sufficiente per me. Tu che mi hai creato, abbi pietà di me.» (Ève Lavallière, lapide)

Giovanni Paolo II proclamerà suor Marie-Eve Serva di Dio nel 1996.

(Fonti liberamente tratte da www.wikipedia.org e http://www.preghiereperlafamiglia.it/m/_giugno/23-giugno.htm)

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«Non è un no all’amore ma un sì più grande!»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 31/01/2022

Frati e suore: non c’è un sacramento a parte per questa scelta di vita, ma cos’è allora che li distingue?

Don Tommaso della parrocchia Natività NSGC di Roma, cerca di spiegare le caratteristiche della vita consacrata prendendo spunto dalla festa del 2 febbraio, la Presentazione di Gesù al Tempio.

Vale la pena guardare tutti i quattro minuti e ventisei secondi di video…

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«La fede mi fa godere di più la mia vita. Per questo ne parlo. W la fede!»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 02/11/2021

Ricordate don Alberto Ravagnani? Il giovane sacerdote che affermava che il Rosario non è roba da vecchiette ma una cosa molto cool?

Don Alberto Ravagnani, Busto Arsizio, 28 anni, detto anche Don Rava, vive in oratorio, insegna a scuola, ogni tanto fa cose sul web e sui social media. Sua madre pensava che avrebbe fatto il cuoco, perché da piccolo amava giocare con le pentole, in realtà ha fatto tutt’altro.

In questo video racconta la sua storia e com’è nata la sua vocazione.

Vale la pena guardarlo e ascoltarlo fino in fondo, soprattutto alla fine.

«I giovani non vanno in chiesa perché siamo troppo noiosi secondo me; non sappiamo intercettare il loro vissuto.»

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«Il mondo lo si cambia riparandolo.»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 02/07/2021

Fra Roberto, dall’intelligenza artificiale alla vita consacrata.

«Fin da piccolo mi addormentavo la sera immaginando di addormentarmi in una piccola navicella spaziale per esplorare i confini dell’universo.

E da questo gioco sono nate le domande esistenziali più grandi: la nostra vita verso dove va? Quali confini ammette? O invece quali confini deve oltrepassare?

Per me lo studio della matematica mi ha preparato a pormi le domande più grandi.

Verso i ventidue anni ho ricominciato a leggere il Vangelo in metropolitana… Appena ho cominciato a leggere quelle parole che conoscevo a memoria e avevo anche rifiutato, considerato poco pertinenti al mio percorso, improvvisamente mi parlavano.

Per tornare a essere creature è sufficiente fare un’esperienza di libertà intensa per accorgersi che i limiti ci sono ed è molto difficile onorarli nel modo giusto. Per cui se la vita è vissuta con intensità e sincerità, ci ricolloca nella posizione di creature.

Come diceva san Francesco, il mondo lo si cambia riparandolo.»

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Se vuoi avere una vita bellissima…

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 09/05/2021

Eh beh… devi guardare il video per sapere il resto della frase. 

Non barare, lo devi guardare fino alla fine. 

Non vale andare avanti… 😉

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«La Vergine della Rivelazione…, mi ha arruolato lei adesso.»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 16/02/2021

Suor Maria Micaela, dopo aver indossato la divisa dell’Esercito, dall’Aeronautica e dei Carabinieri, a Medjugorje sente una chiamata nella chiamata e accoglie la vocazione alla vita consacrata.

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«Siamo arrivate il 24 dicembre 2011, c’erano 30 gradi sotto zero. Ho subito capito che era lì che dovevo essere»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 24/10/2020

Storia di un monastero oltre il circolo polare artico.

Lannavaara, cento abitanti nella Lapponia svedese, 250 chilometri oltre il Circolo polare artico. Da due anni suor Amada e suor Karla vivono qui per pregare, nel silenzio di questo “deserto”. «Presto saremo tre, perché una nuova sorella sta per arrivare dalla Norvegia», è la prima cosa che racconta entusiasta Amada Mobergh, svedese, 56 anni.

Una storia carica di amore per Dio, scoperto a vent’anni. «Sono una convertita, cresciuta a Stoccolma, una vita estremamente secolarizzata. Quando ho trovato Gesù ho anche scoperto la mia vocazione». Nei trent’anni vissuti nel Regno Unito, nella congregazione delle Missionarie della carità, il desiderio di una vita più contemplativa diventa irresistibile. «Avevo molta paura ed ero triste perché amavo la mia congregazione, ero grata per tutti gli anni vissuti insieme. Ma dovevo capire se quel desiderio fosse volontà di Dio, un capriccio, una tentazione».

Miracoli. È il 2011. «Quando il vescovo di Stoccolma mi ha dato il permesso di tornare in Svezia per cominciare questa nuova vita, mi ha detto che era contento, ma che non avrebbe potuto sostenermi in nulla», perché la chiesa svedese è piccola e povera. Così suor Amada passa un mese a visitare quattro monasteri del sud della Svezia per capire come muoversi, «senza soldi, né casa, senza conoscere più niente».

Per quelle casualità che la religiosa chiama «miracoli», una telefonata arriva dal profondo nord proprio alla fine di quel soggiorno: c’era una casa in affitto. «Le sorelle mi diedero i soldi per il treno e partii subito per il nord». La casa in realtà si rivelò non adatta, ma i miracoli si inanellarono fino a portare suor Amada a trovare una prima sistemazione per sé e suor Karla.

«Siamo arrivate il 24 dicembre 2011, c’erano 30 gradi sotto zero. Ho subito capito che era lì che dovevo essere». Dopo qualche mese vedono la vecchia scuola di Lannavaara, «immersa nella natura più selvaggia», perfetta, inutilizzata da anni, costosa. Altri prodigi: «Ci siamo trasferite lì, anche se non avevamo i soldi per comprarla; abbiamo lavorato giorno e notte per renderla vivibile. Un giorno è passato un signore dalla Norvegia, entusiasta della nostra esperienza, perché non si era mai sentito parlare di un monastero così al nord». E dopo poche settimane è arrivata la cifra esatta per comprare la scuola. «Ogni giorno Dio ci aiuta ad andare avanti con la sua provvidenza, il suo miracolo quotidiano, ciò che ci basta per continuare».

Vite per Dio. «Silenzio, solitudine, preghiera» scandiscono le giornate di Amada e Karla. «Preghiamo insieme e poi al pasto serale ci parliamo. Sarà così anche quando saremo tre». «La mia sofferenza è vedere che in Svezia non ci sono sacramenti, c’è povertà spirituale, lontananza da Dio e dalla chiesa». E questo è il senso della vita qui al monastero San Giuseppe: «Pregare e offrire la vita a Dio, seguendo l’esempio di Maria, per la conversione delle anime, soprattutto degli scandinavi e la chiesa cattolica in Svezia». L’esperienza del buio che qui dura quasi per sette mesi l’anno aiuta a «pregare meglio per chi vive il buio dentro di sé, perché trovi la luce di Gesù».

Il quotidiano. Oltre alla preghiera ci sono il lavoro e l’accoglienza. Suor Karla è straordinaria nello scolpire il legno; le suore coltivano e vendono anche erbe aromatiche e candele. «Non usciamo mai», ma la notizia che lì abitano due suore gira di bocca in bocca. Solo per il primo Natale a Lannavaara «abbiamo fatto dei piccoli presepi e siamo passati in ogni casa del villaggio per regalarli e far vedere che siamo esseri umani, cristiani».

L’accoglienza è stata ottima e adesso sono le persone che vanno al monastero, per bere un caffè, pregare, meditare la Parola. Un altro grande dono di Dio è il prete inglese che vive sei mesi l’anno nel monastero. Quando lui non c’è, viene un sacerdote della parrocchia a celebrare l’eucarestia, oppure sono le suore ad andare là: 430 chilometri di strada. «D’inverno è buissimo, ghiacciato, c’è neve, vento e renne, daini, ogni genere di animali ti attraversa la strada. È molto rischioso, ma ti abitui. Devi solo pregare e andare».

Futuro. Il 1° maggio 2015 le suore hanno ottenuto il riconoscimento diocesano come Congregazione degli Agnelli di Maria. Difficoltà? Solitudine? «Sì, a volte sentiamo che forse nessuno si preoccupa se siamo vive o morte, ma non c’è scoraggiamento». La solitudine è parte dell’esperienza umana, «ovunque siamo nel mondo, dentro o fuori la chiesa». Del resto «ho ricevuto tantissime grazie da Dio e dalla chiesa per potermi lamentare o sentirmi scoraggiata. E voglio offrire la mia vita in ringraziamento per questo». Ora il desiderio è di rendere la vecchia scuola un vero e proprio monastero. Un architetto inglese ha regalato il progetto; il comune l’ha approvato. Un nuovo miracolo arriverà.

(Fonte: https://www.difesapopolo.it/Archivio/Speciali/L-anno-della-vita-consacrata/Oltre-il-Circolo-polare-artico-vita-da-suora-fra-preghiera-e-lavoro)

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«Se vivessi in funzione del successo sarei infelice: la mia felicità sta principalmente in Gesù e nella preghiera»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 05/07/2018

Sono passati quattro anni dalla vittoria di suor Cristina Scuccia del talent The Voice. Ricordo gli incoraggiamenti, lo stupore e le critiche di cui la suore erano oggetto soprattutto sui social.

Le dedicai un post che, evitando facili entusiami come rigidi pregiudizi, terminava con un augurio e una preghiera.

«Noi di Fermenti Cattolici Vivi, consapevoli del fatto che Dio dia i talenti per usarli e non per nasconderli, facciamo il tifo per suor Cristina, con un’avvertenza e una richiesta che giriamo ai lettori. Nella speranza che non venga inghiottita dalle esigenze di audience del reality e che non venga strumentalizzata, svalutata o ridotta a macchietta, preghiamo per lei invitando i lettori a fare altrettanto affinché lo Spirito Santo la usi come strumento di Dio e la mantenga tale

Suor Cristina in gioiosa ubbidienza alla Chiesa, e alla sua bella vocazione, ha proseguito il suo cammino con saggezza, e Dio è stato fedele, come possiamo leggere nell’intervista rilasciata dalla suora a Famiglia Cristiana.

«Papa Francesco chiede una Chiesa in uscita», dice [Suor Cristina].

E lei lo ha preso in parola. Ha cantato a Tokyo, Buenos Aires, New York, a Cracovia per la Gmg…

«Se un giorno qualcuno mi avesse detto che avrei girato il mondo, l’avrei preso per matto. Ma il Signore ha scelto me per questa missione folle».

Papa Francesco è contento?

«L’ho incontrato tre volte. Nel 2014 per consegnargli il primo disco e poi a dicembre scorso ha ricevuto gli artisti del Concerto di Natale. Il vescovo che era accanto a lui ha detto: “Questa è la suora che canta”. Lui mi ha riconosciuto subito e ha risposto: “Avanti, avanti così suora”. Il 17 marzo scorso ero a San Giovanni Rotondo. Quando è passato con la papamobile una mamma gli ha dato il suo bimbo, lui lo ha baciato e lei si è messa a piangere. Commovente».

Francesco ha detto che la vita cristiana non è “mi piace”, ma “mi dono”.

«Ha un linguaggio semplice, diretto ed efficace. Può cambiare tanti cuori».

Che brano dell’album gli dedicherebbe?

«Quello sulla bellezza. Lui fa scoccare la scintilla della bellezza anche nella miseria. Mi ha scosso il cuore vederlo abbracciare i bimbi malati di Casa Sollievo della sofferenza».

Cos’è per lei la felicità?

«Se vivessi in funzione del successo sarei infelice. La mia felicità sta principalmente in Gesù e nella preghiera ma soprattutto nelle piccole cose semplici di ogni giorno. Per esempio, lavare i piatti».

Tocca sempre a lei farlo?

«Siamo solo in quattro, abbiamo tante attività, quando mancano le nostre collaboratrici diamo una mano».

Il brano più autobiografico?

«L’ombra che non ho più parla di me: “Non ci sono percorsi che non posso tracciare insieme a te, l’argento degli occhi tuoi sarà la mia forza. Sono quello che ho scelto, ogni giorno mi specchio dentro di te, nel buio si perderà l’ombra che non ho più”».

Dopo The Voice com’è cambiata la sua vita?

«Quella vittoria è stato un terremoto. Dopo sono maturata tanto artisticamente e nella fede. In questi quattro anni non mi sono mai fermata ma la vita religiosa mi ha protetta molto».

In che senso?

«Come succede a tanti ragazzi che vincono un talent show, il successo ti porta alle stelle, poi finisci nel dimenticatoio e vai in depressione. È fondamentale essere coscienti che il tuo valore non è dato dalla fama».

Com’è la sua giornata?

«Sveglia alle 6.30, lodi mattutine, Messa e poi inizio a lavorare. Abbiamo la scuola d’infanzia con 80 bambini, il pensionato universitario con 40 studentesse. Non è affatto un convento silenzioso. Poi ci sono le attività della parrocchia San Leone Magno. Alle 18.30 i vespri, la cena e la compieta».

Dove trova il tempo per la musica?

«I miei collaboratori cercano di adattarsi ai miei ritmi, evitano di farmi fare troppo tardi la sera e quando viaggiamo “organizzano” la Messa quotidiana».

È vero che la Congregazione ha detto no alla sua partecipazione al Festival di Sanremo 2015?

«No. I giornali ne scrivono tante».

Ai tempi di The Voice molti l’hanno pure criticata bollando la sua partecipazione al talent come “un’operazione commerciale furbetta”.

«A me le critiche non arrivavano, appena entravo in convento le suore mi nascondevano i giornali. Credo che la Congregazione abbia fatto bene a rischiare e mandarmi in Tv».

Rifarebbe l’invito a recitare il Padre nostro in diretta Tv?

«Penso di sì, avevo ottenuto un grande successo e mi sembrava giusto rimandare tutto a Colui che aveva creato una cosa così grande. Il Padre Nostro fu la ciliegina sulla torta, come a dire: è tutto merito Suo. Anche la scelta del coach, J-Ax, fu spontanea perché volevo arrivare ai giovani che, si sa, amano il rap».

Che rapporti ci sono con J-Ax?

«Ci sentiamo ogni tanto. La Madre generale dell’epoca, suor Carmela Distefano, lo adora. A The Voice era molto premuroso con lei, si confidava e lei lo ha preso quasi come un figlio da custodire nelle preghiere. Lo aspetto in convento».

Com’è il suo rapporto con i fan?

«Attraverso i social tutti i giorni mi arrivano tanti messaggi, anche drammatici: chi chiede preghiere, ragazzi che scrivono che vogliono suicidarsi. Cerco di dare loro dei consigli, parlargli, è la mia missione. C’è una famiglia che ho incontrato perché il loro figlio, 16 anni, era mio fan. Si è ammalato di cancro ed è morto nel giro di pochi mesi. Sono stata vicina a loro e ho pregato tanto».

(Fonte della citazione: http://www.famigliacristiana.it/)

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«Ero caduta nella trappola della tentazione di Adamo: quando l’uomo si mette al posto di Dio!»

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 20/02/2018

La prima volta che conobbi le Clarisse di Borgo era l’estate del 2016. Un’amica, laica consacrata, stava cercando un monastero dove poter fare il suo periodo di esercizi spirituali personali e mi chiese se ne conoscessi uno in montagna: così mi ricordai che un giovane sacerdote Trentino mi aveva raccontato che a Borgo Valsugana vivevano delle monache: e fu così che grazie alla mia amica, scoprii il monastero!

Quell’estate stavo proprio cercando uno spazio e un tempo per pregare, ma le realtà che mi erano state indicate non andavano bene per i miei impegni di lavoro. Così lessi la locandina degli esercizi di Agosto e il periodo si incastrava alla perfezione! C´era una bella raffigurazione antica del volto di Santa Chiara, ma ciò che più mi colpì fu il titolo del ritiro: Chiara, donna libera!

Ne fui attratta: mi dava un senso di gioia e di pienezza…di vita realizzata! Da poco avevo concluso una relazione amorosa e desideravo approfondire la ricerca di me stessa come creatura femminile, donna, voluta e amata da Dio. Pensavo: se Dio Padre mi ha creata perché avessi la gioia – …e in abbondanza! -, come si immaginava una vita piena per Benedetta, come donna? Chiara poteva essere per me modello femminile secondo il desiderio di Dio Padre?

Così chiamai in monastero per presentarmi e motivare la mia iscrizione al ritiro e conobbi al telefono, il calore e l’accoglienza delle sorelle. Mi fece sentire subito di casa! Sr. Emmanuela mi inviò le indicazioni stradali del monastero spiegate molto bene (aveva ragione, il navigatore mi avrebbe fatto sbagliare strada!) e partii.

Là incontrai le mie prime amiche di cammino: “Lucia grande” e “Lucia piccola” e, proseguendo con i ritiri, queste amiche sono sempre aumentate, tutte diverse per età, origine, esperienze, ma accomunate dal desiderio e dalla gioia di camminare insieme.

Rimasi colpita subito dall’ospitalità delle Clarisse: dalle camerette preparate con cura, al cibo sempre abbondante e delizioso, alla puntualità del servizio e dal ricco materiale preparato per il ritiro. All’inizio, mi fu un po’ difficile abituarmi alla cadenza della preghiera comunitaria, ma presto gustai questo nuovo ritmo che mi permetteva di rallentare i pensieri e ascoltarmi nel profondo del cuore.

Quel primo ritiro fu per me un momento di grazia straordinario: il Signore agì in modo forte su di me facendomi capire improvvisamente, come se mi avesse tolto un velo dagli occhi, che stavo vivendo un´illusione pericolosa pensando che la mia libertà fosse un bene da gestire a mio piacimento sulla base dei miei soli desideri, senza particolari regole.

Ero caduta nella trappola della tentazione di Adamo: quando l’uomo si mette al posto di Dio! Piansi lacrime amare…le lacrime di Pietro. Ma le sorelle e le amiche di cammino mi consolarono e così ricominciai piano piano un nuovo cammino (difficile!! e che continua…), di conversione, ma soprattutto di misericordia.

Da quel primo ritiro, ne sono arrivati altri e sono sicura che tornerò ancora a Borgo. Ogni volta è per me un’occasione di stare in silenzio, mettermi in ascolto e condividere con nuove amiche di cammino la vita, i sentimenti, lasciandosi guidare dalla saggezza delle sorelle clarisse.

Se guardo indietro, da quel primo ritiro, il Signore ha fatto meraviglie nella mia vita. Posso dire a tutte le ragazze che si sentono incuriosite dal monastero di Borgo, di non esitare a provare un´esperienza di ritiro: il Signore troverà il modo di operare con la Sua Grazia, nella tua vita, in quell’occasione di ritiro…e quando si torna a casa il cuore ti dice: per fortuna che ci sono stata!!

(Testimonianza di Benedetta, dopo un ritiro al monastero delle Clarisse di Borgo Valsugana)

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“Ero felice di quello che avevo ma non si può paragonare alla felicità che Dio ha messo nel mio cuore.”

Posted by fermenticattolicivivi@gmail.com su 02/05/2017

Mi  ritrovo spesso a pensare: “Sarebbe un buon prete, sarebbe una buona suora!”, osservando la gente intorno a me.

Lungi dal presumere di saper riconoscere una vocazione, questa cosa però mi fa riflettere sul fatto che in tempi come questi, siano sempre più le persone nel cui cuore Dio ha piantato la sua chiamata, che però non incontrano realtà che le aiutino a riconoscerla.

Condivido quindi con gioia testimonianze come questa della miss che ha trovato la vera felicità in convento.

Città del Messico: una giovane riempie le prime pagine dei giornali facendosi suora solo un anno dopo essere stata incoronata regina di bellezza nel suo paese nativo.

Esmeralda Solís Gonzáles recentemente è entrata a far parte delle Povere Clarisse Missionarie del Santissimo Sacramento in qualità di postulante. La storia di questa ventenne messicana è diventata virale dopo che è stata condivisa in un post della pagina Facebook dei fan di Miss Messico.

(…) Esmeralda è nata il 12 aprile 1997 a Valle de Guadalupe, nello stato messicano di Jalisco, in una famiglia cattolica. Ora risiede in un convento di Guernavaca, dopo aver lasciato il lavoro di nutrizionista.

“Non ti rendi conto di cosa sia realmente la vita religiosa fino a quando non ci sei dentro. Fino ad ora sono stata in grado di vederla da un’altra prospettiva, quella che ti offre il mondo”, ha dichiarato Esmeralda alla Catholic News Agency.

“Ero felice di quello che avevo ma non si può paragonare alla felicità che Dio ha messo nel mio cuore.”

La giovane postulante ha incontrato le suore a quattordici anni quando il suo interesse per una vocazione religiosa si stava risvegliando attraverso un campo vocazionale.

I tempi di Dio sono perfetti. Durante questo tempo di discernimento ho potuto fare delle esperienze come quella di venire eletta reginetta di bellezza e altre cose che hanno lasciato il loro segno e mi hanno permesso di imparare molto sulle cose che mi sarebbero successe dopo.”

La scoperta della vocazione era stata sempre presente nella sua vita come una “piccola spina”, dice Esmeralda.

Mi sono resa conto del fatto che dovevo fare spazio nella mia vita per scoprire ciò che Dio aveva previsto per me. Nel processo di discernimento vocazionale ho avuto anche paure e dubbi, ma l’amore che la Madonna mi mostrava ogni giorno mi ha permesso di superare ogni senso di scoraggiamento”.

Esmeralda ha scoperto che Dio la chiamava “a servirLo in modo radicale” che significa “cambiare la vita per abbracciare la Croce di Cristo e vivere più vicino a Lui”.

“Sono postulante da poco tempo ma posso dire di sentirmi veramente felice!”, dice Esmeralda che, per scoprire la vocazione ha passato molto tempo in preghiera e compiendo azioni di carità, “il cambiamento non è facile per la famiglia perché comporta il distacco, ma sono stata sempre appoggiata dai miei genitori, così come dai veri amici.

Sebbene fossi realizzata in molti settori, sentivo che il Signore aveva bisogno che io portassi frutto in modi differenti”.

“Ogni vocazione è difficile ma se vai e afferri la mano di Dio, sarai sempre capace di fare il passo successivo.”

Beata María Inés Teresa Arias

Nella vita religiosa ogni giorno è un nuovo inizio e una nuova opportunità di estendere il Regno di Dio. Questo comporta molti sacrifici che però sono sempre ricompensati con la felicità“.

La giovane novizia afferma anche che “la presunta felicità che il mondo offre è attraente” ma “è necessario fissare il nostro sguardo sulle cose che durano”.

“Non devi avere paura. Se Dio ti chiama, avrà cura di tutto, devo solo riceverLo con grande pace, gioia e fiducia. Penso che la paura sia la grande scusa responsabile di troncare la vera felicità che solo Dio può offrire“, dice Esmeralda.

Le Povere Clarisse Missionarie del Santissimo Sacramento sono un istituto di Diritto Pontificio fondato dalla beata María Inés Teresa Arias nel 1945 a Cuernavaca in Messico.

Lo spirito dell’istituto è eucaristico, mariano, missionario e centrato sul Santissimo Sacramento. Le missionarie lavorano in cliniche, gruppi giovanili, scuole, università, centri di esercizi spirituali, missioni. Sono presenti in Messico, Argentina, Costa Rica, USA, Spagna, Italia, Irlanda, Russia, Giappone, Corea, Indonesia, Sierra leone, Nigeria, Vietnam e India.

Tradotto da: http://mattersindia.com/2017/05/mexican-beauty-queen-decides-to-become-nun/

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